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210 miliardi russi bloccati in Europa: perché l’Unione europea non riesce (ancora) a usarli per l’Ucraina?

Dentro il caso Euroclear: interessi già incassati, cause miliardarie, il nodo del Belgio e la paura di rompere le regole che tengono in piedi i mercati finanziari europei

210 miliardi russi bloccati in Europa: perché l’Unione europea non riesce (ancora) a usarli per l’Ucraina?

VLADIMIR PUTIN PRESIDENTE RUSSIA

Immaginate un caveau che non appartiene a nessuna banca commerciale, ma a uno dei gangli operativi dei mercati finanziari globali. In una sala senza finestre, tra server, procedure di sicurezza e controlli incrociati, una parte rilevante della ricchezza sovrana della Federazione Russa è immobilizzata dal febbraio 2022. È denaro che non circola, ma che continua a produrre interessi e a generare effetti fiscali. Quel caveau si chiama Euroclear, infrastruttura di clearing e settlement con sede a Bruxelles. È lì che si concentra la quota maggiore dei circa 210 miliardi di euro di asset russi congelati nell’Unione europea, di cui circa 185 miliardi direttamente custoditi da Euroclear. Una massa finanziaria che mette sotto pressione governi e mercati, perché ogni tentativo di utilizzare quei fondi per sostenere l’Ucrainasolleva interrogativi giuridici, rischi sistemici e una questione centrale: fino a che punto l’Unione europea può spingere l’interpretazione delle proprie regole senza comprometterne la credibilità.

In territorio europeo risultano congelati complessivamente circa 210 miliardi di euro di asset sovrani russi, una cifra che rappresenta la parte più consistente dei circa 300 miliardi di dollari bloccati complessivamente dai Paesi del G7 (Gruppo dei Sette). Questa concentrazione non è casuale, ma deriva dal ruolo di Bruxelles e del Lussemburgo nelle infrastrutture di post-trading europee. Il fatto che circa 185 miliardi di euro siano sotto la custodia di Euroclear trasforma un problema europeo in una questione fortemente belga, perché i rischi legali e operativi ricadono prima di tutto sulla giurisdizione di Bruxelles.

Il 21 maggio 2024 l’Unione europea ha definito una prima architettura giuridica, scegliendo di utilizzare esclusivamente i cosiddetti proventi straordinari, cioè gli interessi maturati sulle somme immobilizzate, senza toccare il capitale. Secondo le istituzioni europee, questi rendimenti non rientrano nel perimetro dell’immunità sovrana e quindi non devono essere restituiti alla Banca centrale della Russia. È una soluzione considerata a rischio legale più contenuto, proprio perché evita la confisca diretta degli asset.

Il 26 luglio 2024 è arrivato il primo trasferimento concreto: 1,5 miliardi di euro di proventi netti provenienti dai CSD (Central Securities Depositories) europei, in larga parte da Euroclear, destinati per il 90 per cento alla European Peace Facility (Strumento europeo per la pace) e per il 10 per cento alla Ukraine Facility (Strumento per l’Ucraina). Nel 2025 sono seguite una seconda tranche di circa 2,1 miliardi di euro in aprile e una terza di 1,6 miliardi di euro in agosto. Parallelamente, i profitti generati da Euroclear grazie alla gestione degli asset immobilizzati, trasformati in liquidità remunerata, hanno prodotto un effetto fiscale rilevante in Belgio. Nel 2024 il gettito straordinario collegato a questi profitti è stato stimato in circa 1,7 miliardi di euro, che il governo belga ha dichiarato di voler destinare al sostegno dell’Ucraina.

Sul piano normativo, il 12 dicembre 2025 il Consiglio dell’Unione europea ha rafforzato il quadro di sicurezza introducendo un divieto temporaneo di trasferimento degli asset congelati alla Banca centrale della Russia, rendendo di fatto l’immobilizzazione a tempo indeterminato finché persistono i rischi economici per l’Unione. L’obiettivo è evitare che un cambiamento politico improvviso esponga Euroclear a obblighi di restituzione immediati.

La posizione del Belgio non nasce da un disaccordo politico sul sostegno a Kyiv, ma dalla valutazione dei rischi legali e sistemici. La concentrazione di circa 185 miliardi di euro presso Euroclear lega ogni decisione europea al bilancio, alla reputazione e alla stabilità operativa di un soggetto che opera sotto diritto belga. Euroclear ha più volte segnalato che soluzioni finanziarie troppo aggressive, come prestiti garantiti indirettamente dai saldi di cassa, potrebbero essere percepite dai mercati come una forma di confisca indiretta, con possibili effetti negativi sull’attrattività dell’euro e dei sistemi finanziari europei.

A questo si aggiunge il contenzioso. La Banca centrale della Russia ha promosso azioni legali in Russia e sono oltre 100 le cause collegate agli asset immobilizzati che ruotano attorno a Euroclear. Anche se le sentenze russe non sono automaticamente eseguibili nell’Unione europea, esiste il rischio di iniziative giudiziarie in Paesi terzi, con possibili sequestri di beni riconducibili a soggetti europei. Il danno richiesto supera i 18 trilioni di rubli, pari a circa 230 miliardi di dollari.

Da qui l’espressione ricorrente nei negoziati: un solo Paese esposto per una decisione che riguarda 27 Stati membri. Il Belgio chiede quindi garanzie mutualizzate e giuridicamente vincolanti, affinché eventuali risarcimenti o shock di liquidità non ricadano sul bilancio di un singolo Stato. Le richieste includono garanzie molto robuste, presidi di liquidità immediatamente attivabili e il coinvolgimento di tutti i Paesi dell’Unione europea che ospitano asset sovrani russi.

rubli

Nel vertice europeo del 18 dicembre 2025 è stata discussa l’ipotesi più ambiziosa: utilizzare i saldi di cassa derivanti dagli asset immobilizzati come garanzia per un prestito pluriennale all’Ucraina tra il 2026 e il 2027, con importi stimati tra 90 e 165 miliardi di euro. Il rimborso sarebbe subordinato al pagamento di eventuali riparazioni da parte della Russia. Formalmente il capitale resterebbe russo, ma i rendimenti e la loro strutturazione finanziaria servirebbero a sostenere il prestito.

Questo schema si inserisce nell’iniziativa ERA (Extraordinary Revenue Acceleration) del G7, già operativa. Gli Stati Uniti d’America hanno erogato una prima tranche da 20 miliardi di dollari nel dicembre 2024, finanziata dai proventi sugli asset immobilizzati. L’Unione europea ha allineato il proprio bilancio, destinando dal secondo semestre 2025 il 95 per cento dei proventi all’Ukraine Loan Cooperation Mechanism (Meccanismo di cooperazione per i prestiti all’Ucraina), con la parte restante alla European Peace Facility.

Il nodo resta il rischio residuo per il custode. Se un tribunale imponesse la restituzione degli asset o un risarcimento, la liquidità dovrebbe essere disponibile immediatamente. In assenza di garanzie europee condivise, il rischio si concentrerebbe su Euroclear e, indirettamente, sullo Stato belga. Per questo Bruxelles insiste sulla mutualizzazione del rischio e su un rafforzamento dell’immobilizzazione finché non si chiarirà il quadro post-bellico.

Tra le ipotesi tecniche discusse figura anche la creazione di una SPV (Special Purpose Vehicle, società veicolo)europea o belga per gestire separatamente i saldi di cassa. L’idea è isolare i rischi dal perimetro di Euroclear e investire le risorse in strumenti dell’Unione europea a basso rischio. Tuttavia, la stessa Euroclear ha messo in guardia dal fatto che una simile struttura potrebbe essere interpretata come esproprio, senza eliminare l’obbligo di restituzione verso il titolare russo, con conseguenze legali e reputazionali.

I numeri chiariscono la portata della partita: circa 210 miliardi di euro di asset russi congelati nell’Unione europea, di cui 185 miliardi presso Euroclear; trasferimenti già effettuati per oltre 5 miliardi di euro tra 2024 e 2025; gettito fiscale belga di 1,7 miliardi di euro nel 2024; una causa potenziale da 230 miliardi di dollari avanzata dalla Banca centrale della Russia; un prestito europeo in discussione fino a 165 miliardi di euro.

Il principio giuridico che guida le scelte europee è l’immunità degli asset sovrani. L’Unione europea sostiene che gli interessi maturati non rientrino in questa tutela, ma riconosce che ogni passo oltre questa linea aumenta il rischio di contenzioso. A ciò si aggiunge una valutazione di sistema: una misura percepita come confisca potrebbe ridurre l’attrattività dell’euro come valuta di riserva e dei sistemi europei come luogo sicuro per i fondi sovrani.

Sul piano internazionale, il coordinamento con gli alleati del G7 è considerato essenziale. Il meccanismo ERA rappresenta oggi la strada principale per moltiplicare l’impatto degli interessi senza intaccare il capitale, mantenendo una cornice condivisa con Stati Uniti, Regno Unito, Canada e Giappone.

Il tempo, però, è una variabile critica. Tra 2026 e 2027 l’Ucraina avrà bisogno di flussi finanziari stabili e consistenti. Ritardare una decisione aumenta l’incertezza, pesa sulla capacità di resistenza di Kyiv e alimenta dubbi sulla capacità dell’Unione europea di governare strumenti finanziari complessi in modo coerente con lo stato di diritto.

La discussione sugli asset russi definisce quindi una prova di maturità istituzionale. Trasformare risorse immobilizzate in sostegno efficace, senza compromettere la fiducia nei mercati e senza scaricare il rischio su un singolo Stato, è la sfida che l’Unione europea ha davanti. Le decisioni già prese indicano un percorso graduale, ma il passaggio decisivo resta la costruzione di garanzie realmente condivise. È su questo terreno che si misurerà la capacità europea di coniugare legalità, solidarietà e stabilità finanziaria.

Fonti: Consiglio dell’Unione europea, Commissione europea – DG NEAR (Direzione generale Politica di vicinato e negoziati di allargamento), Reuters, Financial Times, The Guardian, Euronews, Associated Press, El País, VRT NWS, Kyiv Post, US Treasury (Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti), CEPR – VoxEU, Anadolu Agency.

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