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Tajani: “Se Gedi resta in mani italiane è meglio”. Scontro con Salvini: "Surreale!"

Il nodo del possibile ricorso al golden power, evocato con forza dalle opposizioni per bloccare l’ingresso di un gruppo straniero nel controllo di testate considerate strategiche, resta per ora sullo sfondo

Tajani: “Se Gedi resta in mani italiane è meglio”

Tajani

Il giorno dopo il confronto tra il sottosegretario all’Editoria Alberto Barachini, i vertici del gruppo Gedi e i comitati di redazione de La Repubblica e La Stampa, il dibattito politico sulla possibile cessione del gruppo editoriale al colosso greco Antenna Group, guidato da Theodore Kyriakou, entra nel vivo. A intervenire è il ministro degli Esteri Antonio Tajani, che pur richiamando il principio del libero mercato non nasconde una preferenza chiara: meglio che uno dei principali poli dell’informazione italiana resti in mani nazionali.

Una posizione che si affianca, ma non coincide del tutto, con quella di altri esponenti del governo. Il vicepremier Matteo Salvini, infatti, riduce la questione a una scelta puramente aziendale e definisce “surreale” l’idea che la politica possa o debba intervenire per decidere chi compra un giornale. Due sensibilità diverse, dunque, all’interno dell’esecutivo, accomunate però dalla richiesta – ribadita anche da Barachini – di massima trasparenza sull’operazione, di garanzie occupazionali e di tutela dell’indipendenza editoriale delle testate coinvolte.

Gedi

Il nodo del possibile ricorso al golden power, evocato con forza dalle opposizioni per bloccare l’ingresso di un gruppo straniero nel controllo di testate considerate strategiche, resta per ora sullo sfondo. Si tratta, infatti, di uno strumento pensato per la tutela dell’interesse nazionale in settori chiave come energia, difesa e telecomunicazioni, e difficilmente applicabile all’editoria in senso stretto. Un limite giuridico che rende l’ipotesi più politica che concreta, almeno allo stato attuale.

Ciò non toglie che Tajani espliciti apertamente le proprie preoccupazioni. “Se la stampa italiana rimane in mani italiane è meglio per tutti, per la libertà d’informazione e per l’interesse nazionale – afferma –. Naturalmente c’è il libero mercato e non si può ignorarlo, ma capisco le preoccupazioni. Speriamo che le cose volgano al meglio, che si possano conservare i posti di lavoro e che si garantisca sempre l’indipendenza di ogni giornale. Lo dico anche da giornalista: la libertà di stampa è uno dei pilastri delle democrazie”.

Di segno diverso l’intervento di Salvini, che taglia corto: “Siamo un Paese libero. Ognuno è libero di fare impresa e di comprare giornali, aziende, fabbriche, negozi, radio. Mi interessa la tutela occupazionale, certo, ma trovo surreale che si debba decidere chi compra La Stampa o La Repubblica”.

Nel frattempo, sul piano industriale, Gedi prova a rassicurare redazioni e istituzioni. I vertici del gruppo hanno ribadito “la necessità di preservare il pluralismo informativo, l’indipendenza editoriale delle redazioni e le garanzie occupazionali”. Analoghi impegni sono arrivati anche da Antenna Group, che ha dichiarato di puntare “sull’indipendenza giornalistica, sul pluralismo e sul mantenimento della linea editoriale delle testate”, parlando di un “impegno di lungo periodo nello sviluppo sostenibile” del gruppo.

Il perimetro dell’operazione resta però uno dei principali motivi di inquietudine tra i lavoratori. Gedi comprende, oltre a La Repubblica e La Stampa, anche Huffington Post, Sentinella del Canavese e un polo radiofonico di primo piano con Radio Deejay, Radio Capital e Radio m2o. Le indiscrezioni secondo cui Antenna Group sarebbe interessato soprattutto alle radio e punterebbe all’acquisto del solo quotidiano fondato da Eugenio Scalfari, lasciando fuori altre testate, hanno alimentato timori e proteste, fino allo sciopero dei giornalisti di Repubblica nella giornata di ieri.

Sul fronte politico, l’opposizione continua a premere, leggendo l’operazione anche come un possibile impoverimento del panorama culturale e democratico del Paese. “Quando un giornale rischia di scomparire è sempre un problema – afferma Chiara Braga, deputata del Pd –. Lo è ancora di più se parliamo di testate come Repubblica e La Stampa, che sono state per decenni luoghi di dibattito, di stimolo e di riflessione per un pensiero di sinistra, riformista e illuminato. Preoccupa che tutto questo avvenga in una fase già difficilissima per l’intero sistema dell’informazione”.

Ancora più duro Marco Grimaldi di Alleanza Verdi e Sinistra: “Se davvero crede in qualche valore, Elkann dovrebbe chiedere scusa ai giornalisti de La Stampa e a tutti i 1.300 lavoratori del gruppo Gedi, che da mesi vivono nell’incertezza. E dovrebbe impegnarsi a non cedere il giornale finché non si farà avanti un vero editore, con un progetto editoriale serio, indipendente e rispettoso del lavoro”.

Una trattativa, dunque, che va ben oltre i confini di una normale operazione finanziaria e che intreccia economia, politica, lavoro e identità culturale. Con una domanda che resta sospesa: che futuro avrà uno dei principali patrimoni dell’informazione italiana? Insomma, il mercato decide, ma il Paese osserva.

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