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La Voce degli animali

È morto in casa e nessuno se n’è accorto. Il cane ha vegliato il suo corpo fino a morire anche lui

Un uomo di 51 anni trovato senza vita nella sua abitazione isolata a Meana di Susa. Il cane ha tentato per giorni di svegliarlo, lasciando sul corpo segni disperati. Poi è morto di fame e di sete, in silenzio, accanto a chi non ha mai abbandonato

È morto in casa e nessuno se n’è accorto. Il cane ha vegliato il suo corpo fino a morire anche lui

È morto in casa e nessuno se n’è accorto. Il cane ha vegliato il suo corpo fino a morire anche lui

Ci sono morti che fanno rumore, che arrivano con le sirene, con le luci blu, con la folla attorno. E poi ci sono morti che non disturbano nessuno. Che restano chiuse dentro una casa, lontano da tutto, mentre il mondo continua a girare senza accorgersene. Quella di Meana di Susa, piccolo comune della Val di Susa, è una di queste. Una morte silenziosa. Anzi, due.

In una casa isolata lungo la provinciale 172, la strada che sale verso il Colle delle Finestre, un uomo di 51 anni è morto probabilmente per cause naturali. Un infarto, ipotizza il medico legale intervenuto sul posto insieme ai sanitari del 118 Azienda Zero e ai carabinieri di Susa. Sarà l’autopsia a chiarire definitivamente cosa sia successo. Ma la sostanza non cambia: quell’uomo si è sentito male, è caduto a terra, e non si è più rialzato.

Accanto a lui c’era il suo cane.

Il cane ha capito subito che qualcosa non andava. Ha annusato, ha spinto con il muso, ha abbaiato forse, ha girato attorno a quel corpo che non reagiva. Ha provato a svegliarlo come fanno gli animali quando il loro mondo si ferma all’improvviso. Non sapeva cos’era la morte, ma sapeva che il suo padrone non rispondeva.

Per questo sul corpo dell’uomo sono state trovate delle ferite. Non segni di violenza, ma tracce di disperazione. Morsi compatibili con il tentativo dell’animale di scuoterlo, di richiamarlo alla vita. Alzati. Muoviti. Non lasciarmi qui. È questo che raccontano quelle ferite, molto più di qualsiasi relazione tecnica.

cane

Poi sono passate le ore. Forse i giorni. In quella casa nessuno entrava. Nessuno bussava. Nessuno sentiva. Un posto isolato, lontano, dove i lamenti di un cane possono perdersi senza che nessuno li raccolga. La ciotola si è svuotata. L’acqua è finita. Il tempo ha continuato a scorrere, lento e crudele.

Il cane è rimasto lì. Non è scappato. Non ha abbandonato quel corpo ormai freddo. Ha vegliato il suo padrone fino all’ultimo, finché anche per lui non c’è stato più nulla da fare. È morto così, di fame e di sete, accanto all’unica persona che aveva. Una morte lenta, che pesa come una colpa collettiva anche se non c’è un colpevole preciso.

A dare l’allarme è stata la sorella dell’uomo, che vive lontano. Da giorni non riusciva a mettersi in contatto con lui. Il silenzio, a un certo punto, diventa insopportabile. Quando la porta di quella casa viene aperta, la scena è definitiva: due corpi senza vita, uno accanto all’altro. Due esistenze che si sono spente insieme, senza testimoni.

La carcassa del cane è stata affidata ai veterinari dell’Asl To3. Un atto dovuto, una procedura. Ma nessuna procedura può spiegare fino in fondo cosa significhi morire così. E soprattutto cosa significhi vivere così, soli, invisibili, fino a quando qualcuno, troppo tardi, si accorge che non rispondi più.

Questa non è solo la storia di un infarto e di un animale fedele. È la storia di una solitudine profonda, che nelle valli, nei paesi piccoli, nelle case lontane dalla strada principale, può diventare una trappola mortale. È la storia di chi vive ai margini, senza una rete, senza un vicino che passi a salutare, senza qualcuno che controlli se la luce è ancora accesa.

E poi è la storia di un cane. Che non ha capito. Che non ha smesso di aspettare. Che non ha mai lasciato il suo padrone, nemmeno quando tutto era già finito.

Insomma, a Meana di Susa non sono morte solo due vite. È morto anche un pezzo di umanità che troppo spesso si accorge delle cose solo quando il silenzio diventa irreversibile.

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