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Barcellona zona rossa: la peste suina africana chiude il Collserola e mette a rischio miliardi di export

Sedici cinghiali positivi, 91 comuni sotto restrizioni UE, stop alle esportazioni extra-Unione e filiera suinicola sotto pressione. Dentro l’emergenza sanitaria che può cambiare il mercato europeo della carne

Barcellona zona rossa: la peste suina africana chiude il Collserola e mette a rischio miliardi di export

Barcellona zona rossa: la peste suina africana chiude il Collserola e mette a rischio miliardi di export

La mattina si apre con un cartello giallo che non lascia spazio a interpretazioni: accesso vietato. Ai margini della Carretera de les Aigües, uno dei belvedere più frequentati dai runner di Barcellona, i sentieri del Parc Natural de Collserola sono chiusi. All’interno dell’area sorvolano droni degli Agents Rurals; all’esterno, pattuglie della UME(Unidad Militar de Emergencias) e dei Mossos d’Esquadra disinfettano pneumatici e suole. Il principale polmone naturale dell’area metropolitana è diventato una zona sanitaria controllata. Dalla fine di novembre, quando sono stati rinvenuti i primi cinghiali morti, le analisi hanno confermato la presenza della peste suina africana (PSA): prima due casi, poi nove, quindi tredici. Secondo l’ultimo aggiornamento del Ministerio de Agricultura, i positivi tra i cinghiali nell’area di Cerdanyola del Vallès sono saliti a sedici al 12 dicembre 2025. Un numero limitato sul piano epidemiologico, ma rilevante per un comparto che muove miliardi di euro e per un’Unione europea che deve dimostrare di saper reagire senza ritardi.

Le prime conferme sono arrivate dal Laboratorio Central de Veterinaria de Algete, a Madrid, che ha validato i campioni prelevati dai cinghiali rinvenuti morti dentro e attorno al Collserola. Subito dopo, i servizi veterinari della Generalitat de Catalunya e il Ministerio de Agricultura hanno istituito una zona di controllo di venti chilometri dal focolaio, includendo il parco e diversi comuni dell’area metropolitana nord di Barcellona. Sono scattati il divieto di caccia, la sospensione delle attività ricreative e protocolli stringenti di disinfezione. In parallelo, la Commissione europea ha inviato un European Veterinary Emergency Team per valutare sul campo le misure adottate e l’eventuale necessità di rinforzi.

Nel giro di pochi giorni, la mappa delle restrizioni è cambiata. Su proposta della Catalogna, la Commissione europeaha adottato una Decisione di esecuzione con misure di emergenza provvisorie che hanno esteso l’area soggetta a restrizioni a 91 comuni distribuiti in otto comarche: Vallès Occidental, Vallès Oriental, Baix Llobregat, Barcelonès, Maresme, Alt Penedès, Anoia e Bages. All’interno di questo perimetro sono entrati in vigore il divieto di esportazione extra-UE e un pacchetto di prescrizioni sanitarie rafforzate, inizialmente valide fino alla fine di febbraio, salvo revisione. È l’applicazione della cosiddetta regionalizzazione: isolare l’area colpita per evitare il blocco dell’intero Paese.

Dal 5 dicembre, la Generalitat de Catalunya ha vietato l’accesso a parchi naturali, boschi, corsi d’acqua, prati e terreni agricoli fuori dai centri urbani nei 91 comuni interessati, distinguendo tra dodici zone ad alto rischio e settantanove a rischio più basso. Sono state sospese attività ricreative, caccia e lavori forestali; l’agricoltura resta consentita, ma con protocolli rigorosi. Chi deve attraversare le aree interdette per raggiungere abitazioni, ristoranti o maneggi è obbligato a disinfettare i veicoli. Nel frattempo, i controlli effettuati su 39 aziende suinicole all’interno della prima cintura di sicurezza non hanno evidenziato casi di PSA nei suini domestici.

All’interno del perimetro colpito, le squadre di intervento hanno recuperato e analizzato decine di carcasse. La maggior parte è risultata negativa, un segnale che il lavoro di contenimento sta limitando la diffusione del virus. In parallelo, Bruxelles ha autorizzato una rimozione controllata dei cinghiali nelle fasce esterne, tra sei e venti chilometri dall’epicentro, con postazioni sopraelevate e l’uso di silenziatori. L’obiettivo è ridurre la densità animale nelle zone tampone senza spingere i branchi oltre il perimetro interno.

Nei primi giorni dell’emergenza, alcuni esponenti politici catalani hanno ipotizzato un’origine umana del focolaio, legata al consumo di scarti alimentari contaminati da parte dei cinghiali. Le indagini successive hanno aperto anche un filone più sensibile: la possibile fuga da laboratorio, dato che la variante individuata nel Collserola presenta analogie con il ceppo Georgia 2007, utilizzato in ambito di ricerca. È un’ipotesi allo studio, non confermata, e le autorità invitano alla cautela. In ogni caso, l’episodio mostra quanto un virus innocuo per l’uomo possa destabilizzare filiere globali.

La peste suina africana non rappresenta un rischio per la salute umana, ma è altamente contagiosa e spesso letale per suini domestici e cinghiali. Si trasmette tramite contatto diretto, secrezioni, carcasse e prodotti contaminati e può sopravvivere a lungo in carni e salumi non trattati correttamente. In assenza di vaccini commerciali ampiamente disponibili, le contromisure si basano su biosicurezza, sorveglianza e abbattimenti mirati. Un eventuale passaggio del virus agli allevamenti intensivi in aree ad alta densità suinicola comporterebbe danni economici ingenti e il blocco delle esportazioni per mesi.

peste suina

La Spagna è il primo produttore di carne suina dell’Unione europea e il mercato extra-UE assorbe ogni anno centinaia di migliaia di tonnellate. La regionalizzazione europea ha convinto Regno Unito e Cina ad allinearsi, limitando i divieti alla provincia di Barcellona e consentendo la continuità degli scambi dal resto del Paese. Altri partner hanno adottato un approccio più restrittivo: Filippine e diversi Paesi americani hanno annunciato stop temporanei più ampi, mentre Messico e Canada hanno mantenuto restrizioni estese almeno nella fase iniziale. È la dinamica tipica del commercio agroalimentare globale, dove scienza, politica e fiducia si intrecciano.

La Decisione di esecuzione (UE) 2025/2489 definisce nel dettaglio le misure provvisorie per la Spagna: delimitazione delle aree regolamentate, obblighi di biosicurezza rafforzata, limiti alla movimentazione di animali e prodotti, divieto di esportazioni extra-UE dall’area interessata e controlli interni. Le misure sono dinamiche e soggette a revisione sulla base dei dati epidemiologici e delle raccomandazioni del team veterinario europeo. L’obiettivo è proteggere il mercato interno e dimostrare ai partner esteri la capacità dell’UE di confinare i focolai.

Nel breve periodo, l’impatto economico si riflette su logistica e stoccaggio. Le aziende esportatrici segnalano magazzini frigoriferi prossimi alla saturazione per la riduzione dei flussi commerciali. A Sant Eugènia de Berga, un’azienda di servizi della filiera ha avviato una sospensione temporanea per 458 lavoratori, in attesa di chiarimenti sul ricorso alla forza maggiore. È uno degli effetti collaterali della crisi, che mette sotto pressione l’equilibrio tra contenimento sanitario e tenuta occupazionale.

Alla borsa merci di Mercolleida, riferimento per il settore, le quotazioni del suino sono scese in pochi giorni di circa 0,20 euro al chilogrammo. Gli operatori parlano di un collo di bottiglia: se le esportazioni restano limitate e altri mercati rallentano, le scorte si accumulano nei frigoriferi. Quando lo spazio finisce, i macelli rallentano e l’intera filiera arretra. Parte dell’industria chiede interventi più incisivi sulla fauna selvatica e lo svuotamento precauzionale degli allevamenti da ingrasso nelle aree critiche. La Generalitat de Catalunya, per ora, esclude abbattimenti preventivi nei suini domestici, ma il confronto resta aperto.

Al 12 dicembre, i positivi confermati tra i cinghiali sono sedici, tutti entro sei chilometri dall’epicentro del Collserola. I restanti 115 cadaveri analizzati nell’area e nei dintorni sono risultati negativi. Nelle 39 aziende suinicole della prima cintura, i controlli non hanno rilevato sintomi o lesioni compatibili con PSA. È un equilibrio fragile, che richiede il mantenimento del divieto di caccia, l’intensificazione della ricerca attiva di carcasse e un sistema di controlli interforze senza precedenti per un parco urbano europeo.

La regionalizzazione resta il perno della strategia UE. Per un grande esportatore come la Spagna, significa convincere i partner esteri della solidità dei sistemi di tracciabilità e biosicurezza. Il riconoscimento di Regno Unito e Cina è un segnale positivo, ma altri mercati preferiscono sospensioni più ampie. La credibilità si gioca sulla capacità di documentare ogni passaggio e comunicare in modo trasparente.

Le misure previste dalla Decisione (UE) 2025/2489 sono provvisorie e soggette a revisione nelle prossime settimane da parte del Comitato permanente europeo. Molto dipenderà dall’assenza di casi nei suini domestici e dalla capacità di mantenere i contagi nei cinghiali entro l’attuale perimetro. Ogni nuova positività può ridisegnare la geografia delle restrizioni.

Per l’Italia, che ha già affrontato episodi di PSA in passato, il caso catalano è un avvertimento sulla vulnerabilità delle aree metropolitane e dei corridoi infrastrutturali. Per l’Unione europea, è una prova di tenuta del sistema sanitario veterinario e della sua reputazione internazionale. L’origine del focolaio resta oggetto di indagine, ma la priorità operativa non cambia: impedire che il virus superi i confini tracciati e raggiunga gli allevamenti. È la linea che separa un episodio circoscritto da una crisi di sistema.

Fonti utilizzate
Ministerio de Agricultura, Pesca y Alimentación (Spagna)
Generalitat de Catalunya – Departament d’Acció Climàtica, Alimentació i Agenda Rural
Commissione europea – Decisione di esecuzione (UE) 2025/2489
Laboratorio Central de Veterinaria de Algete
European Veterinary Emergency Team
Mercolleida – Borsa merci agroalimentare

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