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A vent’anni dalla marcia dei 30.000, il corteo No Tav torna a Venaus: duemila in strada mentre ai cantieri esplode di nuovo la tensione

Memoria, scontri e politica: tra feriti, accuse e richiami alla storia, il movimento rivendica la sua data simbolo dell’8 dicembre

NoTav

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Vent’anni dopo la marcia che l’8 dicembre 2005 portò 30.000 persone da Susa a Venaus, la stessa strada è tornata a riempirsi. Questa volta in senso inverso, da Venaus alla frazione San Giuliano di Susa, sotto il sole e con circa duemila partecipanti. Il movimento No Tav, radunatosi come ogni anno per ricordare la riconquista dei terreni dopo lo sgombero notturno del presidio avvenuto due giorni prima nel 2005, ha riaffermato la continuità di una mobilitazione che non ha mai smesso di attraversare decenni, generazioni e conflitti.

La radice di questa giornata è ancora lì: lo sgombero del 6 dicembre 2005, nel cuore della notte, quando le forze dell’ordine intervennero sul presidio che in Val Cenischia cercava di impedire l’apertura dei cantieri della Torino-Lione. Due giorni dopo, decine di migliaia di persone percorsero cinque chilometri sotto la neve, tra tensioni e scontri, fino a riappropriarsi del terreno recintato. Un episodio che segnò l’identità del movimento e impose la Val di Susa al centro del dibattito nazionale, alimentato anche dalla partecipazione di studenti e lavoratori arrivati da fuori valle.

Oggi, quella memoria è stata ricordata dagli stessi attivisti, che hanno ribadito in un passaggio ritenuto simbolico: «L'8 dicembre non è una data qualsiasi. È l'appuntamento che, da vent'anni, unisce la memoria viva e la determinazione di un movimento popolare che non ha mai arretrato di un passo».

Il corteo è stato pacifico, ma il clima intorno ai cantieri non lo è affatto. I sindacati di polizia Fsp e Sap hanno riferito del ferimento di un agente durante le tensioni avvenute nelle due sere precedenti, a San Didero e Chiomonte, dove gruppi antagonisti avrebbero lanciato bombe carta, bulloni, pietre e fuochi d’artificio contro le forze dell’ordine. Un’escalation che ha immediatamente riacceso lo scontro politico.

La deputata di Azione Daniela Ruffino ha parlato di «violenze che hanno solo ritardato i lavori», mentre la senatrice Paola Ambrogio di Fratelli d’Italia ha invocato «tolleranza zero sulla violenza eversiva di Askatasuna». Il dirigente nazionale di Azione Osvaldo Napoli, condannando gli episodi, ha puntato l’attenzione sulla presenza istituzionale alla manifestazione: «Mi rattrista e mi rende perplesso la partecipazione di alcuni sindaci», ha affermato, riferendosi anche ad altri esponenti politici come il segretario torinese del Prc Paolo Ferrero.

Dall’altra parte, i No Tav hanno scelto di ricollegare la giornata alla lunga storia del movimento, dichiarando: «Vent’anni fa, nell’autunno caldo del 2005, questa Valle mostrò al Paese intero che cosa significasse difendere il proprio territorio con coraggio e dignità: le barricate di Venaus, le notti al presidio, la cacciata delle ruspe e la riconquista collettiva del luogo liberato. Quel periodo segnò per sempre la storia della Val di Susa e aprì un cammino che continua ancora oggi».

Una memoria che convive con un presente carico di tensioni, tra contestazioni ai cantieri, prese di posizione politiche e un movimento che, nonostante il passare del tempo, continua a tornare sugli stessi sentieri per riaffermare un’identità che considera incisa nella sua storia.

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