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08 Dicembre 2025 - 08:00
Tokyo lancia l’allarme su Tsukiji: “A dicembre non venite”. Il mercato del pesce più famoso del mondo chiede una tregua ai turisti
Il cartello è appeso sopra una saracinesca, scritto in un inglese essenziale e nella cortesia diretta dei luoghi dove si lavora davvero: “Please refrain from sightseeing in December”. È un invito che sembra uscire da un’altra epoca, ma che colpisce dritto al punto. Nel vicolo largo quanto due tatami, un venditore piega le casse di polistirolo che gocciolano acqua di mare, mentre un carretto elettrico sfiora le caviglie dei passanti con la consueta velocità dei trasportatori di pesce fresco. Attorno, un labirinto di botteghe che profuma di alghe e brodo dashi ricorda che questo non è un luogo messo in scena per i turisti: è un mercato vivo, fragile nella sua struttura storica e, come ogni organismo antico, incapace di digerire un sovraccarico senza danni. È per questo che Tokyo, nel quartiere di Tsukiji, chiede qualcosa che va contro il senso comune in tempi di boom del turismo globale: a dicembre, per favore, non venite. Non per chiusura, ma per non far saltare l’equilibrio di un sistema che si regge su spazi stretti, tempi serrati e rituali che esistono da quasi un secolo.

A fine anno il Giappone entra nella stagione della spesa simbolica, un rito che mescola tradizione e aspettative familiari. Si cercano le migliori alghe kombu, le uova di aringa per l’osechi del Capodanno, e soprattutto il taglio di tonno perfetto per il sashimi del primo giorno dell’anno. La “cultura del cibo” incontra l’economia del rito, e Tsukiji diventa un nodo nevralgico dove già i soli clienti abituali saturano i vicoli. Con l’arrivo dei visitatori dall’estero il rischio non è più un semplice rallentamento, ma la paralisi di un quartiere nato per i professionisti, non per folle compatte con lo smartphone in mano. Per questo il Tsukiji Food Town Development Council ha diffuso un appello senza precedenti: a dicembre, evitate il mercato; alle agenzie turistiche è chiesto di sospendere i tour organizzati. La richiesta non arriva nel vuoto. Dopo un Natale 2024 segnato da colli di bottiglia e deflussi durati ore, con operatori allo stremo per garantire sicurezza e freschezza del prodotto, la proposta di decongestionare il mese più critico è diventata una misura necessaria. Prima è circolata nei canali giapponesi, poi la sua versione inglese ha invaso forum, blog di viaggio e media internazionali.
La voce degli operatori sintetizza meglio di qualsiasi documento l’origine del problema. «Tsukiji era un mercato all’ingrosso, non un parco a tema», ripetono da mesi i commercianti. È un tema di urbanistica, non di ospitalità. I vicoli stretti, le botteghe con il bancone sul marciapiede, gli spazi di carico e scarico dove si manovrano carrelli a passo sostenuto sono elementi progettati per professionisti che sanno come muoversi. A ribadirlo è anche Yoshitsugu Kitada, presidente del consorzio locale, che invita al “buon senso” e alla tutela di chi, ogni mattina, viene a Tsukiji per lavorare o fare la spesa. Le sue parole, riportate dalla stampa giapponese e poi amplificate dai media esteri, raccontano un quartiere che non vuole chiudersi, ma che rischia semplicemente di non riuscire a funzionare.
Il paradosso è figlio di un boom. Nel 2024 il Giappone ha registrato 36,87 milioni di arrivi, superando ogni record precedente; nel 2025 ha passato la soglia dei dieci milioni già a marzo, macinando picchi mensili uno dopo l’altro, spinto dal cambio favorevole e dalla crescita dei collegamenti aerei. Una ricchezza che però pesa sulle infrastrutture nate per volumi infinitamente inferiori. Tsukiji è un simbolo di questa frizione. Dal 2018 le celebri aste del tonno sono state trasferite al nuovo Toyosu Market, modernissimo, igienico e dotato di gallerie panoramiche per i visitatori. Nel vecchio quartiere è rimasto il “mercato esterno”, il jōgai shijō, con i negozi di coltelli di Sakai, le alghe di Hokkaidō, le teiere, il ramen mattutino e l’iconico tamago alla piastra: un patrimonio materiale e immateriale che vive ancora secondo i ritmi di un tempo. Per accogliere una parte del turismo gastronomico, Toyosu ha inaugurato nel febbraio 2024 il complesso Toyosu Senkyaku Banrai, un quartiere commerciale in stile Edo con ristoranti e una spa, ma la vera anima del cibo — caotica, profumata, stretta e autentica — resta quella di Tsukiji.
È quest’anima ad aver mostrato la sua vulnerabilità nel dicembre 2024. Con la città al massimo della capienza, Tsukiji è andato in tilt: vicoli bloccati, tempi di deflusso interminabili, carrelli costretti a manovre brusche tra gruppi impegnati a fotografare una ciotola di donburi. L’“overtourism”, parola spesso usata a sproposito, qui diventa diagnosi tecnica. In luoghi come Tsukiji, dove al mattino la priorità è la catena del fresco e la logistica alimentare, bastano poche centinaia di visitatori distribuiti male per inceppare la filiera. Le regole ufficiali pubblicate dall’ufficio informazioni Plat Tsukiji— niente eating while walking, gruppi piccoli, bagagli nei locker, foto solo con permesso, niente contrattazione — servono a poco quando la densità degli spazi supera la soglia di sicurezza.
I numeri spiegano perché l’appello di Tsukiji non è allarmismo. Nel solo ottobre 2025 gli arrivi internazionali hanno raggiunto 3,9 milioni di persone, trainati dalla stagione del foliage; a settembre erano stati 3,27 milioni e il Paese aveva toccato quota 30 milioni di ingressi in appena nove mesi, il ritmo più rapido di sempre. A gennaio 2025, complice il Capodanno lunare, il Giappone ha superato i 3,7 milioni in un solo mese. Su questa scala, anche una minima percentuale che decide di visitare Tsukiji può trasformare un quartiere già fragile in un imbuto.
La richiesta di evitare dicembre si inserisce in una strategia più ampia della città. Shibuya, per il sesto anno consecutivo, ha cancellato il tradizionale countdown di Capodanno per evitare una pressione ingestibile sulla piazza, già sottoposta in autunno a misure drastiche per Halloween, con divieti di alcol e barriere attorno alla statua di Hachikō. Tokyo non chiude: sperimenta limitazioni mirate per gestire momenti e luoghi dove l’afflusso può diventare pericoloso. L’appello di Tsukiji è un tassello nella costruzione di un “calendario della convivenza”, dove non si scoraggiano i visitatori ma si chiede un equilibrio.
Il mercato esterno di Tsukiji, intanto, continua a convivere con un passato glorioso e un futuro gigantesco. Il trasferimento dell’“inner market” a Toyosu nel 2018 ha lasciato un vuoto che oggi si prepara a diventare un progetto titanico: un nuovo stadio coperto da 50.000 posti, una torre da 210 metri, un distretto dedicato a eventi, ricerca e cultura gastronomica. Un segnale evidente di ciò che Tokyo vuole fare del marchio Tsukiji: unire memoria e sviluppo, ma in spazi progettati per il XXI secolo.
Cosa significa davvero “non venite a dicembre”? Non è un divieto, né un rifiuto dei turisti. È una richiesta di responsabilità condivisa. A chi è in città in quel mese si suggerisce di rivolgersi a Toyosu o al complesso Senkyaku Banrai, dove la filiera alimentare non rischia di essere intralciata. Se proprio si vuole visitare Tsukiji, è essenziale farlo prestissimo, muovendosi in due o tre persone, rispettando le regole che il quartiere ha codificato proprio per evitare incidenti. Evitare i tour di gruppo significa anche evitare tensioni e inutili frizioni con chi, in quei giorni, deve garantire la freschezza del pesce che finirà sulle tavole di mezzo Giappone. Non trasformare i vicoli in uno studio fotografico, non mangiare camminando, non contrattare su prezzi che spesso sono già all’ingrosso: comportamenti che non sono imposizioni, ma strumenti di tutela.
La dimensione economica è determinante. A dicembre, l’identità del mercato come infrastruttura alimentare supera il suo ruolo di attrazione turistica. I residenti fanno la spesa per il Capodanno, i ristoratori devono lavorare senza ostacoli, le botteghe rischiano di perdere clienti storici se non riescono a muoversi in tempi certi. Una gestione più selettiva dei flussi, nel medio periodo, protegge proprio ciò che i turisti cercano: autenticità, qualità, un rapporto diretto con chi prepara il cibo. Se i professionisti si ritirano perché la vita quotidiana diventa impossibile, i quartieri muoiono trasformandosi in file di souvenir identici. È ciò che Tokyo vuole evitare.
L’appello di Tsukiji, quindi, è un segnale culturale oltre che logistico. Rispetto, timing e consapevolezza sono i cardini per salvaguardare un’icona. Il boom turistico — sopra i 3,5 milioni di arrivi al mese nei periodi di picco e oltre 36 milioni annui già prima della soglia del 2025 — è una risorsa enorme, ma richiede una nuova cultura della convivenza. Tsukiji non chiude ai turisti: chiede una pausa in un mese in cui la città intera entra in una modalità diversa. Chi ama davvero questo luogo sa che rispettare l’appello significa ritrovarlo, domani, ancora riconoscibile. Con i coltelli affilati sull’incudine, il vapore del ramen alle sei del mattino, i rotoli di tamago disposti come un mosaico giallo. Perché il turismo di qualità non si misura solo in numeri, ma nei gesti che permettono ai luoghi di restare se stessi.
A chi domanda se sia possibile visitare Tsukiji a dicembre, la risposta ufficiale è sì: il quartiere non vieta l’accesso. Ma chiede di limitare il sightseeing, evitare i gruppi e preferire orari molto mattutini se si ha necessità di acquistare. A chi cerca comunque un’esperienza gastronomica strutturata, Toyosu e il complesso Senkyaku Banrai offrono ristoranti specializzati, spazi ampi, la filiera del fresco osservabile senza interferire con il lavoro. Chi decide comunque di entrare nei vicoli deve attenersi alle “otto regole” del mercato, che comprendono la priorità ai compratori fino alle nove del mattino, il divieto di mangiare camminando, l’uso dei locker per i bagagli ingombranti, il divieto di contrattazione, il permesso per le fotografie, il divieto di toccare i prodotti, il fumo solo nelle aree designate e la necessità di muoversi in gruppi ridotti. È una forma di convivenza, più che un insieme di divieti.
Il senso dell’appello è tutto qui: proteggere un delicato equilibrio che fa di Tsukiji un luogo unico al mondo. Un equilibrio che, una volta rotto, non si ricostruisce facilmente.
Fonti utilizzate:
Japan Times, NHK, Asahi Shimbun, Kyodo News, Tokyo Metropolitan Government, Plat Tsukiji, Toyosu Market, Japan National Tourism Organization (JNTO).
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