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Repole al Rifugio di Oulx: “Qui nasce la speranza. Guardare gli occhi dei migranti ci ricorda chi siamo”

Il cardinale visita il centro solidale “Massi”: volontari, accoglienza e il richiamo all’umanità che non deve perdersi

Il cardinale Roberto Repole

Il cardinale Roberto Repole

Il Rifugio Fraternità “Massi” di Oulx torna al centro dell’attenzione nazionale grazie alla visita del cardinale Roberto Repole, arcivescovo di Torino, che questa mattina ha voluto conoscere da vicino il lavoro svolto da volontari, operatori e associazioni in uno dei punti simbolici della rotta migratoria alpina. Un luogo che, dal 2018, rappresenta per migliaia di persone in viaggio una tappa di sollievo, protezione e ripartenza.

Appena varcata la soglia del centro, Repole ha pronunciato parole che sintetizzano lo spirito dell’incontro: «La prima cosa che mi colpisce è quella di incontrare un luogo di speranza e la speranza fa vivere». La frase è risuonata tra i corridoi del rifugio, dove quotidianamente trovano riparo donne, uomini e bambini che intendono proseguire il cammino verso altri Paesi europei.

Ad accoglierlo c’era don Luigi Chiampo, sacerdote della Diocesi di Susa e presidente della fondazione Talità Kum, che gestisce il rifugio solidale. È stato lui a guidare il cardinale attraverso gli spazi che, 24 ore su 24, garantiscono pasti caldi, vestiti, cure mediche e ascolto a chi arriva sfidando neve, gelo e disillusione. Don Chiampo ha ricordato come il rifugio sia nato nel 2018 per rispondere all’emergenza migratoria in Val di Susa e come oggi continui a esistere grazie a una rete fitta di collaborazioni: istituzioni locali, associazioni, enti del terzo settore e un numero sempre crescente di volontari.

Don Luigi Chiampo, il prete che salva i migranti sulla rotta alpina

Nel corso della visita, Repole ha incontrato circa un centinaio di migranti attualmente presenti nella struttura. L’incontro, fatto di gesti semplici, strette di mano e sguardi diretti, ha dato forma alle parole che l’arcivescovo ha poi condiviso con chi lo accompagnava:
«Quando incrociamo i loro occhi capiamo che c’è un bisogno di cura, di umanità. Si può vivere secondo l’istinto oppure si può vivere veramente da uomini, riscoprendo l’umanità e sapendo che quel volto sta chiedendo aiuto».

Il cardinale ha invitato a non distogliere lo sguardo da queste storie: «È giusto porre luce su questa realtà non soltanto perché ci ricorda chi siamo, ma anche perché ci aiuta a ricordare che per vivere civilmente c’è bisogno della gratuità dei tanti volontari che prestano il loro servizio». Poi la riflessione personale, scaturita dopo aver visto i volontari al lavoro e ascoltato i racconti dei migranti: «Sono felice di aver visitato un luogo di umanità e generosità».

Sul tema dell’immigrazione, Repole ha espresso una posizione chiara e centrata sulla dignità:
«Dobbiamo ricordarci che, prima di qualsiasi etichetta, c’è il volto di un essere umano. Prima del colore della pelle, prima della nazionalità, prima dei viaggi sui barconi, ci sono degli occhi. Se smettiamo di guardarli ci impoveriamo nella nostra stessa umanità».

L’arcivescovo ha ribadito la necessità di una riflessione collettiva non solo sull’accoglienza, ma anche su come essa venga organizzata: «Noi abbiamo il diritto e il dovere di chiederci come organizzare l’ospitalità, come viverla affinché sia davvero un’accoglienza umana». Parole che non si limitano all’ambito ecclesiale, ma toccano aspetti politici, sociali e culturali di un Paese che continua a confrontarsi con flussi migratori complessi e spesso emergenziali.

Il Rifugio “Massi” resta uno dei simboli più forti della frontiera umanitaria italiana. Un punto fragile ma necessario, in cui passano speranze, paure, domande di futuro e atti quotidiani di solidarietà. La visita del cardinale Repole ha confermato il valore di questa realtà e ha rinnovato l’attenzione su un impegno che continua, giorno e notte, in mezzo alle montagne.

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