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Torino, liberata la palazzina di corso Chieri: trasferiti 50 richiedenti asilo

L’edificio era occupato dal 2011 ed era ormai in condizioni di forte degrado

Torino, liberata la palazzina di corso Chieri

Torino, liberata la palazzina di corso Chieri: trasferiti 50 richiedenti asilo (foto di repertorio)

La palazzina comunale di corso Chieri, a Torino, è tornata completamente libera. L’edificio, da oltre dieci anni occupato da richiedenti asilo somali, è stato sgomberato ieri al termine di un trasferimento che ha riguardato circa cinquanta uomini, tutti maggiorenni, regolarmente soggiornanti e titolari di protezione internazionale. Per loro la Città ha predisposto una rete di accoglienza in collaborazione con il Terzo settore, con l’obiettivo di attivare percorsi individuali che affrontino tanto l’emergenza abitativa quanto le difficoltà amministrative e sociali accumulate negli anni.

L'intervento arriva al culmine di una situazione che si trascinava dal 2011, quando la palazzina, di proprietà comunale, era diventata un luogo di accoglienza informale, priva però degli standard minimi per ospitare persone in modo sicuro. Nel tempo lo stabile aveva mostrato un livello crescente di degrado, tanto da rendere necessario un intervento strutturato non solo per ragioni di ordine pubblico, ma soprattutto per la tutela degli stessi occupanti.

Il trasferimento è avvenuto senza tensioni: le persone presenti all’interno hanno accettato di spostarsi in modo volontario nelle strutture individuate dalla Città insieme alle realtà sociali che operano sul territorio. Si tratta di spazi destinati non solo all’ospitalità, ma alla costruzione di percorsi di inclusione personalizzati, in cui rientrano l’accompagnamento giuridico-amministrativo, il sostegno sociale e un graduale avvicinamento a soluzioni abitative più stabili. Una presa in carico che prova a superare la logica emergenziale che aveva caratterizzato la convivenza nell’edificio di corso Chieri.

Il risultato è frutto di una collaborazione ampia che ha coinvolto il dipartimento dei servizi sociali, i servizi socio-sanitari, l’area abitativa, la polizia locale, la Protezione civile, oltre alle divisioni comunali responsabili del patrimonio e della manutenzione degli edifici. Il coordinamento con prefettura e questura ha consentito di gestire il trasferimento nel rispetto degli aspetti amministrativi legati alla posizione dei richiedenti asilo, tutti regolari e già inseriti in percorsi di protezione internazionale.

Parallelamente, la Città sta avviando una sperimentazione nell’ambito della cosiddetta terza accoglienza, un progetto centrato su modelli di co-housing destinati a persone con redditi bassi o inserite in lavori fragili. Si tratta di una delle prime azioni concrete del Piano cittadino per l’abitare, pensato per affrontare la crescente difficoltà di accesso alla casa in una fascia sempre più ampia della popolazione. L’obiettivo è offrire soluzioni abitative condivise e sostenibili, capaci di evitare che situazioni di precarietà economica o lavorativa sfocino in condizioni di marginalità simili a quelle verificatesi nella palazzina di corso Chieri.

Il trasferimento dei cinquanta uomini somali rappresenta dunque non solo la chiusura di una lunga fase di occupazione, ma anche l’avvio di un percorso che intende riscrivere il modo in cui Torino affronta il tema dell’abitare fragile. Un passaggio che rimette al centro la necessità di strumenti strutturali, capaci di prevenire nuove situazioni di degrado e di garantire accoglienza dignitosa a chi vive condizioni di vulnerabilità.

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