AGGIORNAMENTI
Cerca
Attualità
04 Dicembre 2025 - 16:48
Riciclaggio al Casinò di Saint-Vincent: la mappa dei rapporti che ha fatto saltare i controlli
La maxi-inchiesta che travolge il Casinò di Saint-Vincent si presenta già per quello che è: non un incidente di percorso, ma una crepa strutturale. Trentatré indagati, due dirigenti ormai fuori dall’azienda, milioni in fatture false, un sistema che – secondo gli inquirenti – trasformava la casa da gioco in un convertitore automatico di denaro sporco. Di fronte a questo quadro, la vecchia idea della privatizzazione evapora all’istante: non per mancanza di volontà politica, ma perché nessuno, oggi, saprebbe spiegare come affidare ai privati ciò che il pubblico non riesce nemmeno a presidiare.
Il cuore dell’indagine è la coppia di funzionari accusati di essere “insiders infedeli”, Cristiano Sblendorio e Augusto Chasseur Vaser. Il primo, direttore marketing, con un raggio d’azione che includeva i clienti Vip e la gestione dei porteurs. Il secondo alla guida dell’ufficio assegni e fidi, cioè il luogo dove il denaro prende forma, cambia pelle e torna in circolo con una parvenza di legittimità. Secondo l’accusa, i due aprivano porte che avrebbero dovuto restare chiuse: fiches consegnate a fronte di contanti non tracciati, bonifici spacciati per vincite, autorizzazioni concesse con una leggerezza che, letta oggi nei documenti dell’inchiesta, suona inquietante.
Al centro della rete c’è Massimo Martini, imprenditore e giocatore definito “cliente Vip”. Per l’accusa, è lui il perno che collega le aziende coinvolte nel flusso di fatture false al meccanismo di riciclo dentro il Casinò. Un sistema tanto semplice quanto efficace: denaro irregolare che diventa fiches, qualche giocata simulata, poi il ritorno alla cassa per trasformare tutto in bonifici “puliti”. Un gioco di prestigio dove il trucco non lo vede chi non vuole guardarlo. E dove gli allarmi interni, secondo il Gip, restano inspiegabilmente muti: appena 130 segnalazioni sospette in due anni, un numero giudicato irrisorio per una struttura di queste dimensioni.
La politica osserva con irritazione crescente. Il danno d’immagine è enorme, e qualcuno teme che questa vicenda possa aprire corridoi ad altre presenze: non solo malaffare, ma mafie in cerca di spazi nei luoghi dove il denaro passa veloce e le verifiche rallentano. I sindacati, solitamente divisi sulla privatizzazione, oggi parlano quasi all’unisono. «Mi domando il motivo di dare un’azienda ai privati quando il pubblico può guadagnare» attacca Tino Mandricardi (Uil) sul quotidiano La Stampa, che però mette sul tavolo il punto cruciale: «Ma davvero questi controlli funzionano?». Barbara Capelli (Cgil), sempre su La Stampa, va oltre: «È una roba enorme. Temo sia la punta dell’iceberg». E Dondeynaz (Cisl) chiude il cerchio sempre su Stampa: «Dopo tutto ciò non penso che la privatizzazione possa essere all’ordine del giorno».
In mezzo a questo terremoto, i numeri della società raccontano una storia diversa, quasi un ossimoro. Bilanci in crescita, ingressi in aumento, un Billia che vola. È la fotografia di un’azienda che, sul piano economico, stava correndo, mentre nel retrobottega qualcuno apriva falle che nessun rendiconto può sanare.
Ora la Regione rivuole il quadro completo e la casa da gioco assicura di aver sempre agito secondo le norme antiriciclaggio, dichiarando di volersi costituire parte lesa. Ma l’inchiesta, già imponente, sembra solo agli inizi. Perché quando un giudice parla di “assoluta inefficacia dei sistemi di controllo”, non sta descrivendo un errore: sta certificando una vulnerabilità strutturale. E il problema, a quel punto, non è più capire se privatizzare o non privatizzare. È capire come si è potuto arrivare fin qui, e chi, lungo la strada, ha scelto di non vedere.
Il Casinò di Saint-Vincent ha sempre vissuto di sospensioni, luci soffuse e promesse di fortuna. Ma qui il gioco non è stato truccato al tavolo: è stato truccato nei corridoi. E la partita, stavolta, la giocano la Guardia di Finanza e la Procura. Il “rien ne va plus” è arrivato davvero.

Edicola digitale
I più letti
Ultimi Video
LA VOCE DEL CANAVESE
Reg. Tribunale di Torino n. 57 del 22/05/2007. Direttore responsabile: Liborio La Mattina. Proprietà LA VOCE SOCIETA’ COOPERATIVA. P.IVA 09594480015. Redazione: via Torino, 47 – 10034 – Chivasso (To). Tel. 0115367550 Cell. 3474431187
La società percepisce i contributi di cui al decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70 e della Legge Regione Piemonte n. 18 del 25/06/2008. Indicazione resa ai sensi della lettera f) del comma 2 dell’articolo 5 del medesimo decreto legislativo
Testi e foto qui pubblicati sono proprietà de LA VOCE DEL CANAVESE tutti i diritti sono riservati. L’utilizzo dei testi e delle foto on line è, senza autorizzazione scritta, vietato (legge 633/1941).
LA VOCE DEL CANAVESE ha aderito tramite la File (Federazione Italiana Liberi Editori) allo IAP – Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria, accettando il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale.