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04 Dicembre 2025 - 15:14
Cucina italiana patrimonio Unesco: Torino ci crede. Entusiasmo tra gli enti economici (immagine di repertorio)
Torino si prepara al verdetto dell’UNESCO sulla candidatura della Cucina Italiana a patrimonio culturale immateriale dell’Umanità. L’attesa si concentrerà sabato 6 dicembre al Mercato del Corso, dove Coldiretti Torino e Confesercenti Torino e provincia hanno organizzato un appuntamento pubblico per sostenere simbolicamente la designazione e mettere a fuoco le possibili ricadute economiche sulla filiera enogastronomica piemontese.
L’iniziativa si colloca in un contesto di forte attivismo da parte delle associazioni di categoria, che vedono nel riconoscimento UNESCO un potenziale moltiplicatore di identità, promozione e turismo. Ma dietro l’ottimismo emergono anche alcuni interrogativi sulle proiezioni economiche diffuse e sul modo in cui il territorio saprà cogliere – concretamente – un’eventuale crescita dei flussi.
Per Coldiretti, il Piemonte avrebbe molto da dire. Lo ribadisce Bruno Mecca Cici, vicepresidente regionale e presidente della federazione torinese, che richiama la storia della cucina nostrana e la sua influenza sul panorama nazionale: dall’eredità codificata da Artusi alla tradizione di Corte dei Savoia, passando per una cultura gastronomica che mescola cucina povera, biodiversità agricola e raffinatezza torinese. Una narrazione centrata sulla continuità storica e sulla qualità delle materie prime, pur senza affrontare i nodi strutturali dell’agricoltura piemontese, che negli ultimi anni si confronta con costi crescenti, mancanza di ricambio generazionale e impatti climatici sempre più severi.
Sul fronte economico, Confesercenti avanza previsioni importanti. Giancarlo Banchieri, presidente di Confesercenti Torino e Piemonte, sostiene che un riconoscimento dell’UNESCO potrebbe tradursi in un incremento tra il sei e l’otto per cento delle presenze turistiche nei primi due anni, per poi stabilizzarsi su una crescita a regime tra il due e il tre per cento nei cinque anni successivi. La stima, ambiziosa, corrisponde a circa 18 milioni di presenze in più in due anni a livello nazionale. Numeri che fanno presa ma che aprono anche un interrogativo: quanto di questa eventuale crescita arriverebbe davvero a Torino, dove la competizione tra grandi città d’arte e territori enogastronomici consolidati è già molto alta? La stessa Banchieri indica il Piemonte come beneficiario potenziale, ma il salto di “caratura turistica” evocato richiede infrastrutture adeguate, politiche coordinate e una capacità di accoglienza che non si costruisce automaticamente sulla scia di un marchio UNESCO.

Della stessa idea è Fulvio Griffa, presidente FIEPET Torino, che rivendica il ruolo della ristorazione nella crescita dell’attrattività cittadina e che ricorda il coinvolgimento della federazione nel percorso di candidatura. Un lavoro che ha favorito attività di sensibilizzazione a livello nazionale e che oggi vuole mostrare il legame tra la tradizione culinaria piemontese e il turismo urbano. Anche in questo caso, il discorso resta però concentrato sul potenziale e meno sugli ostacoli: personale difficile da trovare, costi energetici, concorrenza dei grandi centri e fragilità delle imprese più piccole continuano a rappresentare variabili non marginali.
Il programma dell’evento del 6 dicembre prevede interventi di rappresentanti di Coldiretti, Confesercenti, IFSE, Terranostra, Regione Piemonte e Comune di Torino. Tra i relatori figurano, oltre a Mecca Cici, anche Raffaele Trovato di IFSE, Jacopo Barone per Terranostra Torino e Paolo Bongioanni, assessore regionale all’Agricoltura e al Turismo, che ribadirà l’intenzione della Regione di porre il turismo enogastronomico al centro delle politiche di promozione. A chiudere il cerchio, l’assessore comunale al Commercio Paolo Chiavarino, chiamato a spiegare come Torino intenda valorizzare la propria ristorazione e i mercati contadini come leva identitaria.
A margine, il Mercato del Corso ospiterà uno showcooking sulla valorizzazione della zucca con gli chef Riccardo Marello, Federico Wolf e Nicola Laguzzi, oltre a un light lunch con i prodotti di Campagna Amica. È il tentativo di trasformare un dibattito istituzionale in un momento pubblico di promozione, in attesa del pronunciamento da New Delhi.
Il nodo centrale, però, resta sullo sfondo: cosa rappresenterà davvero un riconoscimento UNESCO per un territorio come Torino? Le associazioni parlano di crescita, identità e attrattività. Ma la sfida — al di là delle celebrazioni — sarà capire se la città e la regione sapranno costruire politiche coerenti, investire nelle filiere locali, affrontare le criticità strutturali e trasformare un titolo simbolico in un volano reale. Il Piemonte gastronomico ha un patrimonio indiscutibile; il sistema, però, dovrà dimostrare di sapere cosa farne.
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