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I tatuati rischiano più tumori? Il nuovo studio che spaventa e divide gli esperti

Dalla Svezia il dato che fa discutere: +29% di melanoma tra chi ha tatuaggi da anni, ma la scienza invita alla prudenza

Tatuaggi e melanomi: lo studio che cambia le certezze e riapre il dibattito scientifico

Tatuaggi e melanomi: lo studio che cambia le certezze e riapre il dibattito scientifico

Un allarme cauto, ma impossibile da ignorare. Un recente studio condotto in Svezia, guidato dalla professoressa Christel Nielsen dell’Università di Lund e pubblicato sulla rivista Cancer, riporta un dato che ha già acceso il dibattito internazionale: secondo l’analisi, chi ha tatuaggi presenta un rischio di melanoma superiore del 29% rispetto a chi non ne ha. Un incremento che riguarda in particolare le persone tatuate da oltre dieci anni, mentre la dimensione dei tatuaggi sembrerebbe non avere un ruolo rilevante.

La ricerca non consente però conclusioni definitive: si tratta di uno studio osservazionale e non prova un rapporto di causa-effetto. Lo ricorda la stessa Nielsen, che in un commento pubblicato su The Conversation invita a evitare allarmismi, pur sottolineando l’importanza di “essere consapevoli dei possibili rischi”.

L’attenzione della comunità scientifica verso i tatuaggi non è nuova e riguarda soprattutto gli inchiostri, dove nel tempo sono stati individuati metalli pesanti, idrocarburi policiclici aromatici, ammine aromatiche e perfino allergeni o residui di antibiotici, come rilevato da studi della Binghamton University negli Stati Uniti. Ma il collegamento diretto tra questi composti e il melanoma resta ancora oggetto di indagine.

Lo studio svedese analizza i dati di circa 12.000 persone, incrociando quelli del Registro Nazionale dei Tumori con questionari su tatuaggi, stile di vita, esposizione al sole e altri fattori di rischio. L’aumento del melanoma riguarda solo i tatuati, mentre non emergono correlazioni significative con il carcinoma a cellule squamose. Gli autori ipotizzano che la migrazione dei pigmenti ai linfonodi possa generare processi infiammatori in grado — in alcuni casi — di facilitare la comparsa di tumori, ma anche in questo caso si tratta di ipotesi preliminari.

Il tema rimane complesso e controverso. Studi precedenti hanno mostrato risultati opposti: in Danimarca una ricerca sui gemelli aveva indicato un rischio quadruplicato di cancro cutaneo nei tatuati, mentre altre indagini avevano individuato un possibile aumento del 21% nei linfomi. Al contrario, alcune analisi condotte negli Stati Uniti suggeriscono addirittura un rischio lievemente inferiore di melanoma. Un quadro frammentato, che gli esperti invitano a leggere con prudenza.

In attesa di ricerche più ampie e mirate, il messaggio degli autori è chiaro: non bisogna farsi prendere dal panico, ma mantenere attenzione e informazione. Monitorare la pelle, controllare eventuali cambiamenti e rivolgersi a un dermatologo restano indicazioni fondamentali.

E per chi desidera tatuarsi oggi, la regola è la stessa che vale da anni: affidarsi esclusivamente a professionisti certificati, usare inchiostri autorizzati e seguire scrupolosamente le norme igienico-sanitarie italiane ed europee. La scienza farà il resto, ma nel frattempo la consapevolezza è lo strumento più efficace.

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