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Italia si gioca tutto: 157 miliardi bruciati e le mafie fanno jackpot

Nel 2024 oltre 18 milioni di italiani hanno tentato la fortuna tra slot, gratta e vinci e scommesse online. Ma dietro ogni giocata c’è un Paese in ginocchio: quasi 3 milioni di persone dipendenti, 147 clan mafiosi coinvolti e un sistema che arricchisce lo Stato e la criminalità, mentre le famiglie si sbriciolano nel silenzio

Italia si gioca tutto: 157 miliardi bruciati e le mafie fanno jackpot

Don Ciotti

Un Paese che, solo nel 2024, ha “giocato” oltre 157 miliardi di euro, con almeno 18 milioni di italiani che nell’ultimo anno hanno “tentato la fortuna” tra videopoker, slot-machine, gratta e vinci e sale bingo. Un popolo che vive nella speranza di un colpo di fortuna capace di cambiare la vita, ma che troppo spesso finisce per precipitare in una spirale di debiti e disperazione. I dati raccontano una realtà inquietante: 1 milione e 500 mila giocatori patologici, pari al 3% della popolazione maggiorenne, e 1 milione e 400 mila persone a rischio moderato, per un totale di quasi 2 milioni e 900 mila italiani coinvolti in modo diretto o indiretto nella dipendenza da gioco.

E quando il gioco si fa davvero “duro”, le mafie entrano in partita. Analizzando le relazioni della Direzione Investigativa Antimafia e della Direzione Nazionale Antimafia, pubblicate tra il 2010 e il 2024, emergono 147 clancensiti che hanno operato nel settore del gioco, sia legale che illegale, con il coinvolgimento di 25 Procure Antimafia. La mappa del fenomeno disegna un Paese dove gli interessi della criminalità organizzata si estendono ovunque, con 16 regioni coinvolte da inchieste che hanno svelato infiltrazioni nei circuiti dell’azzardo. È il volto oscuro del gioco legale, quello che si confonde tra i centri scommesse e i siti online, dove i flussi di denaro si mescolano tra riciclaggio, estorsioni e affari puliti solo in apparenza.

A raccontare questa realtà è il dossier Azzardomafie, curato da Toni Mira, Maria Josè Fava, Gianpiero Cioffredie Peppe Ruggiero, pubblicato da Libera. Un lavoro che restituisce una fotografia impietosa del Paese: numeri, storie e intrecci tra gioco legale e criminalità organizzata. Il presidente nazionale di Libera, Luigi Ciotti, sintetizza così il quadro: «Il dossier ci restituisce l’immagine di un Paese in bilico: da un lato la voglia di riscatto sociale e di un benessere per molti irraggiungibile, dall’altro un meccanismo che, legale o illegale che sia, continua a speculare sulla vita delle persone. Si dimentica che dietro ogni slot, dietro ogni casella argentata del gratta-e-vinci o piattaforma online, ci sono esseri umani in difficoltà. Ci sono adolescenti che scommettono di nascosto, anziani che si giocano la pensione, famiglie che si sfaldano nel silenzio. Dobbiamo smascherare l’inganno. Perché in fondo il gioco d’azzardo — qualunque forma assuma — rischia di essere sempre e comunque un grande imbroglio ai danni dei cittadini. La politica parla di regolamentazione, ma troppo spesso resta prigioniera della logica del profitto».

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Nel dettaglio, il volume della raccolta del gioco d’azzardo in Italia nel 2024 ha raggiunto 157,4 miliardi di euro, pari al 7,2% del PIL nazionale, con una crescita del 6,6% rispetto all’anno precedente e del 42,5% rispetto al 2019. In media, ogni maggiorenne ha speso 3.137 euro nel gioco, con perdite nette per i cittadini pari a 23 miliardi di euro. Il gioco online, poi, ha ormai superato quello fisico: 92 miliardi spesi sulle piattaforme digitali contro 65 miliardi nei punti vendita e nelle sale. È una tendenza che racconta non solo un cambiamento tecnologico, ma anche una diversa modalità di dipendenza: più invisibile, più silenziosa, più difficile da intercettare.

Nel Sud il fenomeno assume proporzioni ancora più drammatiche. In Campania, ad esempio, nel 2024 si sono giocati oltre 20 miliardi di euro, con una spesa media di quasi 3.700 euro l’anno per abitante, bambini compresi. In Calabria, le inchieste giudiziarie hanno documentato la presenza di 39 clan mafiosi attivi nei circuiti legali e illegali del gioco. Le mafie hanno trovato nel settore dell’azzardo un terreno fertile, spesso più redditizio e meno rischioso del narcotraffico: per ogni euro investito nell’azzardo, i profitti stimati sono di otto o nove volte superiori, contro i sei o sette del traffico di droga.

Dietro ogni cifra astronomica si nascondono però storie vere. Ci sono famiglie spezzate, pensionati che scompaiono dietro i monitor delle slot, giovani che iniziano a scommettere con un’app e finiscono travolti dai debiti. Il gioco è un inganno travestito da opportunità, una promessa di riscatto che diventa trappola. E, quando la speranza svanisce, resta solo il silenzio di chi ha perso tutto.

Le conseguenze sociali di questo fenomeno sono devastanti: aumento delle povertà familiari, isolamento sociale, ricorso all’usura, perdita del lavoro, disagio psicologico. L’azzardo si trasforma così in un moltiplicatore di disuguaglianze, un acceleratore di crisi economiche e umane. Ed è proprio in questo contesto che le mafie prosperano: là dove c’è disperazione, trovano spazio il riciclaggio, la minaccia, l’usura, l’infiltrazione negli esercizi commerciali.

Le organizzazioni criminali non si limitano a sfruttare il gioco illegale: spesso entrano nel cuore del sistema autorizzato, controllando slot, sale bingo, piattaforme online e reti di concessioni. Si travestono da imprenditori, operano nei confini della legalità, approfittano delle pieghe della burocrazia e della lentezza dei controlli. Il confine tra lecito e illecito diventa sempre più sottile, e spesso l’unica differenza è il colore del denaro: pulito o riciclato.

Un euro su sette del gioco d’azzardo italiano, secondo gli esperti, finisce in circuiti opachi o direttamente criminali. E mentre lo Stato incassa miliardi in tasse, continua a essere corresponsabile di un sistema che alimenta dipendenze, disgrega comunità e arricchisce le mafie.

Luigi Ciotti lancia un monito: «Si dimentica che dietro ogni slot ci sono esseri umani in difficoltà. Dobbiamo smascherare l’inganno».
Perché non si tratta più di moralismo o proibizionismo, ma di giustizia sociale. L’azzardo non è un passatempo innocente, ma una trappola economica e culturale. Non serve una regolamentazione di facciata, ma un cambio radicale di rotta: prevenzione, educazione, limiti chiari alla pubblicità, controlli reali e pene severe per chi lucra sulla fragilità altrui.

I numeri non bastano più. Dietro ogni statistica c’è una persona che ha perso la fiducia nella vita, un adolescente che scommette di nascosto, una famiglia che non riesce più a pagare le bollette. È da qui che bisogna ripartire. Perché il gioco d’azzardo, qualunque forma assuma, resta un grande imbroglio ai danni dei cittadini. E finché a vincere saranno solo le mafie e lo Stato incassatore, l’Italia resterà, tristemente, un Paese che gioca e perde.

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