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Global Sumud Flotilla, dieci italiani si fermano

Dopo mediazione Cei-Patriarcato respinta e appello di Mattarella, la portavoce Delia rientra per trattare con le istituzioni

Global Sumud Flotilla, dieci italiani si fermano: la portavoce Delia rientra per trattare con le istituzioni

Global Sumud Flotilla, dieci italiani si fermano

Un rientro che pesa, perché è insieme gesto di prudenza e scelta strategica. Da Torino arriva la notizia che dieci attivisti italiani hanno lasciato la Global Sumud Flotilla. Tra loro c’è Maria Elena Delia, torinese, portavoce della delegazione italiana, rientrata in Italia venerdì: un passaggio che sposta il baricentro della missione dalle onde del mare ai tavoli istituzionali.

Dopo il rifiuto della proposta di mediazione promossa dalla Cei e dal Patriarcato Latino di Gerusalemme, e all’indomani dell’appello del Presidente della Repubblica Mattarella, dieci attivisti italiani hanno deciso di lasciare la Global Sumud Flotilla. La portavoce della delegazione, Maria Elena Delia, è rientrata in Italia venerdì.



“La delegazione italiana del Global Movement to Gaza ha ritenuto opportuno richiedere la presenza in Italia della portavoce Maria Elena Delia, al fine di condurre un dialogo diretto con le istituzioni per garantire l’incolumità dei membri italiani dell’equipaggio e il raggiungimento degli obiettivi della missione nel rispetto del diritto internazionale”, viene spiegato dai promotori, che legano la scelta alla necessità di una tutela effettiva e di canali formali di interlocuzione.

Il tentativo di mediazione sostenuto dalla Conferenza Episcopale Italiana e dal Patriarcato Latino di Gerusalemme non ha avuto esito, un segnale che mostra quanto il terreno sia complesso e frammentato. In questo quadro, l’appello del Presidente Mattarella ha aggiunto un richiamo alla responsabilità e alla protezione delle vite umane, spingendo la componente italiana a privilegiare il rapporto diretto con le istituzioni nazionali.

Il rientro della portavoce indica un cambio di passo: dalla pressione simbolica della navigazione alla costruzione di garanzie attraverso il dialogo con lo Stato. La scelta rimarca due priorità: salvaguardare l’incolumità dei cittadini italiani coinvolti e ribadire che ogni azione deve muoversi “nel rispetto del diritto internazionale”. È un messaggio che intende preservare la credibilità della missione e, al contempo, ottenere le condizioni minime per proseguirla con sicurezza.

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