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Olivetti delle Meraviglie

MOS. Il sogno dimenticato dell’Olivetti che voleva cambiare il mondo

La nascita, le visioni e le battaglie dietro a un sistema operativo rivoluzionario: uomini, idee e sfide che hanno fatto la storia e che la storia ha dimenticato

MOS. Il sogno dimenticato dell’Olivetti che voleva cambiare il mondo

Riccardo Mazza, Franco Marra, Tonina Scuderi, John Lomas

Era tutto così tanto tempo fa. Sono passati più di quarant’anni, e noi presentatori alla conferenza tenuta a Ivrea il 29 maggio 2025 sugli Anni Dimenticati della Olivetti oggi abbiamo più di settant’anni. Un paio di mesi fa abbiamo partecipato ai funerali di Sandro Osnaghi, probabilmente la persona più importante che contribuì allo sviluppo del software in Olivetti in quegli anni.

L’altro giorno stavo ascoltando la radio e il presentatore parlava di Adriano Olivetti e del grande impatto che ha avuto. Ma Adriano è morto sessantacinque anni fa, ho pensato: perché nessuno parla degli anni gloriosi ’80, quando Olivetti guidava il mondo? Quando Olivetti era la quinta più grande azienda informatica al mondo, quando Olivetti era più grande in Europa della Siemens, quando i personal computer Olivetti erano dei best-seller mondiali?

Come può un’azienda che era così prominente a livello mondiale essere ricordata oggi soltanto per le macchine da scrivere e per l’impatto sociale di Adriano?

Tonina Scuderi

Tonina Scuderi

Cesare Monti

Cesare Monti

Mi ha fatto pensare a uno dei capitoli finali de Il Signore degli Anelli di Tolkien. Si chiama Il saccheggio della Contea e racconta il ritorno degli eroi nella loro città natale, solo per essere accolti da totale indifferenza e da una completa mancanza di apprezzamento per i loro sforzi e contributi. Molti dicevano che fosse un’allegoria dello stato dell’Inghilterra dopo gli sforzi durante la Seconda Guerra Mondiale. Qui, nel Canavese, potremmo dire che la storia del Carnevale di Ivrea è molto più viva nella memoria collettiva rispetto alla leadership tecnica e di mercato di Olivetti negli anni ’80.

Perché sono stati dimenticati questi anni? Ci sono molti motivi: certi politici – Olivetti non è mai stata veramente appoggiata dai vari governi italiani, che preferivano comprare IBM – poi le tecnologie cambiano, i mercati cambiano. Per sopravvivere, una grande società ha bisogno di avere una visione e le persone in grado di realizzarla. Delle venticinque aziende attive nei calcolatori nel 1985, soltanto IBM, NEC e HP erano effettivamente presenti quindici anni dopo.

Iniziamo con uno sguardo alla situazione nell’industria dell’informatica durante la fine degli anni ’70 e i primi anni ’80.


Il Medioevo (prima del 1974!)

Nei primi anni ’70 ero un giovane ingegnere che lavorava per Fiat Aviazione a Caselle, e stavamo usando un computer per fare simulazioni di volo. Il computer, ovviamente, era un mainframe IBM, e tutti noi usavamo terminali “stupidi” per interagire con esso. Compilavamo schede perforate per programmare il computer nel linguaggio Fortran, ci sedevamo e aspettavamo i risultati.

Quando entrai in Olivetti nel 1976, ebbi la fortuna di essere assegnato a un gruppo che stava sviluppando il “software di base”, sotto la direzione dell’ing. Sandro Osnaghi. Questo era completamente diverso dall’uso di un mainframe IBM: stavamo effettivamente sviluppando il codice che faceva funzionare il computer. Non eravamo semplici utenti di computer, eravamo sviluppatori di computer. Eravamo l’IBM italiana.

Prima del 1974, quando Sandro Osnaghi arrivò a Ivrea, le conoscenze delle architetture dei calcolatori erano abbastanza rudimentali. Il suo primo contributo fu il progetto del prodotto TC800. Questo utilizzava un’architettura client-server, un’architettura che divenne veramente conosciuta solo diversi anni dopo. Il TC800 sarebbe diventato un best-seller mondiale. Pensate che nel 1980 c’erano 70.000 computer Olivetti TC800 installati per gestire le banche rurali in Giappone. Sì, Giappone! Olivetti era un best-seller nel Paese che ci ha dato Toshiba, Fujitsu, Fuji, Oki, NEC e Sony!

Avete mai visto una menzione di questo nella stampa italiana? Durante la conferenza, Tonina Scuderi e Cesare Montici hanno raccontato cosa è successo con Olivetti in Giappone, quando i nuovi computer Olivetti furono obbligati a “parlare” in giapponese per permettere alla consociata giapponese di sopravvivere.

Mi ricordo le reazioni delle persone presenti alla conferenza, mentre Tonina spiegava cosa avevano dovuto fare. L’impressione preponderante era di una “missione impossibile”, ma contro tutte le previsioni ci riuscirono. Cesare poi ci visse per diciassette anni. Tonina interfacciava il gruppo di Osnaghi qui a Ivrea. Sapevate che la filiale Olivetti in Giappone contava 2.000 dipendenti? Non era un’organizzazione di supporto da due persone, ma una vera e propria azienda.

Le azioni di Tonina e Cesare fecero sì che la consociata fosse salvata, ed esiste ancora oggi come parte del gruppo NTT, la telecom giapponese.


Ricerca e Sviluppo

Il gruppo di Sandro Osnaghi era una miscela di giovani laureati e programmatori veterani del TC800, insieme alla programmatrice di computer più esperta che abbia mai conosciuto: Clara Mancinelli. Era una persona timida che non voleva essere sotto i riflettori, ma se le davi del codice, sarebbe stata capace di fare miracoli.

Se Sandro era l’architetto supremo del computer, Clara era la sua mano destra, e convertiva le sue idee astratte in realtà. Formavano una combinazione formidabile. Tonina ha sempre detto che Clara era una “interprete vivente” per le idee di Sandro, ed era con Clara che Tonina lavorò per risolvere la questione della lingua giapponese.

Sandro era anche professore al Politecnico di Milano, e coinvolgeva altri professori universitari nel lavoro del suo gruppo a Ivrea. Francesco Tisato era un visitatore abituale, così come Luigi Petrone, e fummo fortunati ad avere delle vere e proprie consultazioni universitarie private.

Sandro Osnaghi

Sandro Osnaghi

Clara Mancinelli

Clara Mancinelli

Bisogna ricordare che la tecnologia dell’informatica era ancora nelle sue fasi iniziali: la maggior parte dei giovani laureati a Ivrea non l’aveva studiata affatto, erano ingegneri, matematici o fisici. L’informatica stava appena iniziando ad affermarsi: credo che Pisa sia stata la prima università italiana a offrirla, seguita da Torino e Milano. Ivrea divenne il luogo dove lavorare per i laureati di queste facoltà universitarie.

Ogni tre mesi circa, veniva anche il prof. Ugo Gagliardi dell’Università di Harvard. Laureato in ingegneria elettrica a Napoli, introdusse i primi corsi di laurea in software dei sistemi operativi ad Harvard negli anni ’70.

Gagliardi veniva e valutava il lavoro svolto da Sandro e dal suo gruppo. Ricordo che nel 1977 presentai alcune idee sulle architetture dei file system a lui, in realtà alcune idee che Franco Marra ed io avevamo sviluppato insieme. Ho ancora quei documenti originali.

Nel corso degli anni, dal 1978 al 1984, andai molte volte a visitare la società di consulenza di Gagliardi a Salem, nel New Hampshire, circa 80 km a nord di Boston.

Microdata

Nel 1977 fu presa una decisione manageriale: entrare nel business dei mini-computer, acquisendo della tecnologia americana. Il prodotto scelto era della Microdata, con sede a Irvine, a sud di Los Angeles, a metà strada verso San Diego.

Il prodotto sarebbe stato conosciuto in Olivetti come S6000, e il suo sistema operativo come COSMOS II, essendo il sistema operativo originale del TC800 stato battezzato COSMOS.

Il sistema operativo COSMOS II derivava dall’Express della Microdata, ma dopo un po’ sarebbe diventato irriconoscibile per qualsiasi ingegnere Microdata. Sandro Osnaghi era incaricato di acquisire il software Microdata, e le persone inviate lì nel 1978 per capirne la tecnologia erano Piero Fiorani, Gigi Croce ed io.

Piero, Gigi ed io diventammo i punti di riferimento per il software Microdata, e il gruppo di Sandro riscrisse effettivamente il sistema operativo per soddisfare le esigenze della Olivetti.

John Lomas

John Lomas

Piero Fiorani

Piero Fiorani


La Nuova Linea Sistemi (1979)

Nel 1978, mentre Piero, Gigi ed io ci adattavamo alla vita nel sud della California, grandi cambiamenti stavano avvenendo a Ivrea. Carlo De Benedetti prese il controllo della Olivetti e l’ing. Enrico Pesatori lo persuase a fare un grande investimento per il futuro.

La decisione di Pesatori cambiò radicalmente la posizione della Olivetti nel mondo e portò allo sviluppo di un sistema operativo completamente nuovo e avanzato, che sarebbe diventato il punto di riferimento per l’offerta futura della società.

Fu concepita la Nuova Linea Sistemi, e il suo sistema operativo sarebbe stato chiamato COSMOS V – la leggenda vuole che il nome fu scelto perché sarebbe stato così avanzato da saltare direttamente COSMOS III e COSMOS IV! Vale la pena notare che il celebre sistema operativo UNIX System V fu annunciato solo nel 1983: COSMOS V non derivava affatto da quel nome.

Lo sviluppo di COSMOS V, che sarebbe stato conosciuto per sempre come MOS, fu delegato a Sandro Osnaghi, ma Pesatori volle coinvolgere anche alcuni consulenti americani di alto livello per assistere nella progettazione. La scelta era tra Palyn Associates in California e GSG (Gagliardi System Group) nel New Hampshire.

Conoscevamo già bene Gagliardi, che ci aveva consultato a lungo, ma alla fine fu presa la decisione di optare per il gruppo Palyn. Questi consulenti includevano noti professori universitari americani, principalmente Jerry Popek della UCLA (Los Angeles), il suo assistente Charley Kline, con John Hennessy e Michael Flynn di Stanford (San Francisco).

All’inizio del 1980, furono piantati i semi dell’architettura di MOS. Si svolsero diverse discussioni tra Palyn e Olivetti, principalmente a Cupertino o a Los Angeles. Per la progettazione del sistema operativo, i rappresentanti di Olivetti erano Sandro Osnaghi, Piero Fiorani ed io, e abbandonammo temporaneamente il nostro lavoro sull’S6000 per concentrarci sul futuro.

Una delle prime discussioni che ricordo riguardava la natura “tempo reale” del sistema che stavamo progettando. Jerry Popek e Charley Kline erano molto orientati su UNIX, e Sandro Osnaghi fece molteplici sforzi per spiegare che la natura di time-sharing di UNIX non era adatta.

A quel tempo, UNIX era utilizzato principalmente in ambito accademico e non aveva ancora una vera presenza commerciale. Tuttavia, usammo un sistema UNIX per sviluppare MOS. Alla fine, Sandro rinunciò a discutere di un kernel tempo reale (il cuore del sistema operativo) con Popek e decise di progettare quella parte a Ivrea, con Clara Mancinelli.

La mia parte nella progettazione originale di MOS fu quella del file system, e presi una serie di decisioni nel 1980 che, stranamente, non furono mai realmente riconsiderate o modificate negli anni successivi. Durante l’implementazione dei livelli inferiori del file system, Ashok Saxena, assunto da Olivetti a Cupertino, prese in carico l’implementazione, mentre l’architettura generale rimase sostanzialmente quella che avevo deciso fin dall’inizio.

Uno degli aspetti nascosti ma fondamentali del file system era quello della scrittura “atomica” su disco (cioè: o scriveva tutto o non cambiava nulla). Fu incorporato nel sistema un meccanismo di commit per evitare qualsiasi perdita di dati. MOS sarebbe stato utilizzato in applicazioni bancarie, e sarebbe stato inaccettabile che i dati venissero corrotti, ad esempio a causa di un’interruzione di corrente.

Andrea Caccamese ed io scrivemmo un articolo accademico su questo meccanismo di commit, che fu presentato a una conferenza informatica a Pisa nei primi anni ’80.

Articolo ‘Commit’ 1984

Articolo ‘Commit’ 1984

Blue Book 1980

Blue Book 1980

MOS doveva essere un computer del futuro, capace di essere distribuito tra più macchine di una rete con un’architettura client-server. Il file system distribuito che includemmo fin dall’inizio permise una grande flessibilità in seguito.

Nel 1984, Sun Microsystems annunciò NFS – Network File System per UNIX. È interessante notare che la sua implementazione non era molto diversa dal MOS File System progettato indipendentemente cinque anni prima!

Nel 1988 fui coinvolto in UNIX International, diventai presidente dello Steering Committee, fornendo contributi funzionali ad AT&T, proprietaria di UNIX System V. Uno dei miei sottocomitati fu, ironia della sorte, presieduto da Jerry Popek. Il suo gruppo produsse un documento sull’evoluzione del file system di UNIX System V che, nella mia mente di parte, era molto simile alle specifiche MOS di un decennio prima!

Interessante fu anche che nel mio Steering Committee, oltre a Popek, ci fosse anche Bill Joy, cofondatore di Sun Microsystems e probabilmente il più grande programmatore UNIX di sempre, responsabile della versione Berkeley di UNIX e del progetto NFS citato prima. Era un gruppo potente, presieduto da Olivetti.

Le discussioni con Palyn nei primi mesi del 1980 portarono alla preparazione di un documento noto come Palyn Blue Book, finalizzato nell’autunno dello stesso anno. Prima di allora, però, dovevano essere prese molte decisioni ed erano già stati messi in moto numerosi eventi.

I Sistemi “Legacy”

Alla fine del 1979, la situazione in Olivetti era la seguente: una grande base installata di sistemi TC800, un importante sviluppo in corso per rilasciare l’S6000 (originariamente di Microdata, ma già venduto alle banche danesi SDC), e le prime discussioni su un sistema operativo completamente nuovo e futuristico: MOS.

Purtroppo, le stesse persone erano coinvolte in tutto questo. Il TC800 necessitava di supporto tecnico dalle persone di Sandro, l’S6000 doveva ancora consolidarsi come prodotto affidabile. Mauro Caprara, il capo di Sandro, decise quindi di prendere misure drastiche: gli sviluppi di MOS sarebbero stati concentrati a Cupertino, in California, a 9.000 miglia di distanza dal TC800 e dall’S6000.

Risorse locali sarebbero state assunte a Cupertino e Sandro Osnaghi si sarebbe trasferito lì per gestire il lavoro. Tutte le risorse esistenti a Ivrea sarebbero rimaste in sede, riassegnate a Franco Pession, con l’obiettivo di garantire il decollo dell’S6000.

Ora, ricordate che in quel momento Piero Fiorani ed io eravamo stati coinvolti nella progettazione iniziale di MOS, e Clara Mancinelli stava lavorando sul kernel tempo reale. Sandro protestò con Caprara, che acconsentì a far andare anche Piero in California.

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Riccardo Mazza 1981

​Riccardo Mazza 1981

Franco Marra 1980 

Io personalmente andai a parlare con Caprara e gli spiegai il file system distribuito che avevo già progettato per MOS. Gli proposi di lavorare per Pession per due mesi, in modo da trasferire tutte le mie conoscenze del file system dell’S6000 a una persona di sua scelta, e poi partire per la California con Sandro. Sempre pragmatico, Caprara accettò.

Sandro spiegò che anche Clara Mancinelli era fondamentale per MOS e che Franco Marra era necessario per la workstation avanzata. Alla fine, tutti i principali sviluppatori di Sandro furono trasferiti a lavorare su MOS in California. Mogli, figli, tutti (compreso un gatto) furono spediti insieme a Cupertino per iniziare l’avventura. Ricordo che atterrammo a San Francisco il 4 luglio 1980. Ricordo anche che, pochi giorni dopo, tornai all’aeroporto di San Francisco per prendere Clara Mancinelli.

Ogni mese Caprara veniva a Cupertino per controllare i progressi. Molte risorse esperte furono assunte localmente, tra cui Francesco Lacapra e Ashok Saxena.


Linguaggi

Una decisione piuttosto coraggiosa fu presa da Popek fin dall’inizio: insistette affinché il sistema operativo fosse scritto in un linguaggio di programmazione di alto livello. Ci sono diversi motivi validi per questa scelta, ma anche alcuni rischi.

Tradizionalmente, i sistemi operativi erano scritti in linguaggi di basso livello, come l’Assembler, per motivi di efficienza. La scelta di Pascal+ come linguaggio di implementazione fu dettata dalla volontà di garantire robustezza e affidabilità.

I computer condividono risorse come memoria e dischi. Normalmente, quando un processo usa una risorsa condivisa, deve bloccarla e poi rilasciarla. Ciò che spesso accadeva era che la risorsa restava bloccata e dimenticata, causando il crash del sistema.

Nel gruppo di Osnaghi, alla fine degli anni ’70, erano stati svolti grandi studi sulla cosiddetta “programmazione strutturata”, per prevenire questi problemi. Si decise quindi di implementare un meccanismo chiamato monitor, descritto per la prima volta in un articolo di Tony Hoare.

Sandro volle incorporare i monitor di Hoare nel sistema operativo, in modo che le azioni atomiche fossero garantite: una volta avviata un’operazione, doveva essere completata. Il linguaggio Pascal+ fu esteso per includere i monitor, e questo fece una differenza enorme nello sviluppo.

Il debugging del sistema operativo divenne molto più semplice: non bisognava più temere di aver bloccato risorse inavvertitamente. Il compilatore Pascal+ garantiva praticamente il corretto funzionamento. Riccardo Mazza era incaricato dello sviluppo del compilatore Pascal+ integrato con i monitor.


Riflessioni

Personalmente, fui molto fortunato a essere coinvolto in uno sviluppo così avanzato. Ricordate che all’epoca non c’erano telefoni cellulari, PC, Internet o app. I computer significavano mainframe IBM. Eppure, stava succedendo qualcosa di straordinario.

Proprio accanto all’Olivetti Advanced Technology Center di Cupertino c’era una piccola compagnia chiamata Apple. Ricordo gli annunci di lavoro che dicevano: “Cambia la tua azienda senza cambiare il tuo car-pool”, perché cercavano di assumere persone da Olivetti. Una delle persone del nostro gruppo divenne successivamente il braccio destro di Steve Jobs.

A poche centinaia di metri c’era la Zilog Corporation, fondata da Federico Faggin, l’inventore del microprocessore. Pesatori scelse il suo Z8000 come cuore della Nuova Linea Olivetti.

Intanto UNIX veniva sviluppato nei Bell Labs di AT&T, che per statuto non potevano creare versioni commerciali. Furono le università americane a contribuire in modo decisivo al suo sviluppo. La sua architettura interna conteneva già allora concetti che oggi diamo per scontati, ma che all’epoca erano rivoluzionari.

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Charley Kline 1975

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 Jerry Popek 1974

A Cupertino, usavamo una macchina UNIX per sviluppare MOS. UNIX permetteva anche il networking, e le origini di Internet sono ricche di storie al riguardo. Un dettaglio curioso: Charley Kline, che lavorava con Popek alla Palyn, era lo stesso che nel 1969 inviò il primo messaggio attraverso Internet. Studiava allora alla UCLA, nel gruppo del prof. Leonard Kleinrock, e spedì il primo messaggio a Stanford. Come mi ricordò Franco Marra nel 2019, durante il 50° anniversario: “Abbiamo lavorato con Charley per anni e non ce l’ha mai detto”.

Un altro dettaglio: nel 1975, mentre studiava con Popek e Kline per un Master, c’era anche un giovane laureato italiano di Milano: Piero Fiorani, parte della prima linea di Sandro. Una coincidenza incredibile: pochi anni dopo si sarebbe ritrovato a progettare MOS proprio con i suoi ex professori.


MOS nel 2005

Per concludere, un aneddoto dall’anno 2005, più di venticinque anni dopo la nascita di MOS. Ero in un supermercato a Ivrea quando una persona mi si avvicinò e mi disse (in inglese): “Tu sei John Lomas, giusto?”. Era un olandese che aveva lavorato nella filiale Olivetti in Olanda ai tempi del lancio della Nuova Linea.

Aveva partecipato a una riunione nei primi anni ’80 durante la quale avevo fatto una presentazione, e si ricordava di me. Mi raccontò che MOS era stato un sistema operativo in tempo reale davvero incredibile, con tecniche avanzate che solo anni dopo furono adottate altrove. Molti concetti che oggi sono standard erano già inclusi in MOS.

Negli anni ’90, lui e alcuni colleghi acquistarono da Olivetti Italia tutti i diritti su MOS, che ormai non veniva più commercializzato. Presero il sistema operativo praticamente com’era, cambiarono la CPU con chip moderni molto più veloci, e scrissero la loro applicazione, sfruttando soprattutto le interfacce del file system.

Fu allora che scoprirono il codice di MOS e rimasero stupiti: era praticamente auto-documentante. Ogni riga era commentata ed esplicativa. Mi disse che il mio nome era ovunque nelle note del codice!

Le strutture dati risultarono eleganti e chiare, e riuscirono facilmente ad estenderle. Il design di MOS fu quindi rivalutato e apprezzato molti anni dopo la sua creazione.

Quando lo incontrai nel 2005, mi disse che il loro programma applicativo era ancora in funzione, e che il prodotto era in vendita da più di dieci anni. Pensate: un sistema operativo nato nel 1980, ancora vivo e utile venticinque anni dopo.

Questo mi fece riflettere: non so se essere fiero o arrabbiato. Forse entrambe le cose.

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