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03 Settembre 2025 - 00:11
Il governatore Alberto Cirio e l'assessore Maurizio Marrone
“Momento storico”, proclama Alberto Cirio. Ed è davvero storico, ma solo per l’abilità con cui la politica piemontese riesce a trasformare in successi quelli che sono, al massimo, i preliminari di un percorso lungo e tortuoso. Al Grattacielo Piemonte si è svolto il primo incontro di presentazione del progetto del nuovo ospedale di Torino Nord, in videocollegamento con una miriade di enti: dal Comune di Torino alla Città Metropolitana, dalla Soprintendenza per i beni archeologici, belle arti e paesaggio all’Agenzia interregionale per il fiume Po (AIPO), passando per ARPA Piemonte, il Comando provinciale dei Vigili del Fuoco, il Provveditorato interregionale alle opere pubbliche e il Politecnico di Torino, autore delle linee guida della progettazione. Tutti seduti al tavolo, o meglio davanti a uno schermo, per dire “sì” a un progetto che sulla carta dovrà cambiare la sanità piemontese.

Peccato che i tempi raccontino un’altra storia: trasmissione del progetto a INAIL entro la fine del 2025, validazione nel 2026, gara di appalto integrato dopo, cinque anni di lavori e – se non si perde tempo per ricorsi, varianti, burocrazie e imprevisti – apertura nel 2031. Otto anni di attesa per un’opera da 347 milioni di euro. Per quella data, alcuni dei nostri lettori, potrebbero già essere morti da un pezzo... Nel frattempo continueranno a stiparsi nei pronto soccorso, a vivere su barelle nei corridoi, ad aspettare mesi per una TAC o oltre un anno per una risonanza.
Il nuovo ospedale sorgerà su un’area comunale di 60 mila metri quadrati tra corso Regina Margherita, corso Lecce e corso Appio Claudio, quella che tutti conoscono come la “cosiddetta area dei giostrai”. Un terreno che già nel nome racconta precarietà e improvvisazione, ma che ora dovrebbe trasformarsi nella cittadella della sanità moderna. La progettazione è stata affidata al raggruppamento guidato da ATI-Project, con SMA Progetti, Ferrari Giraudo e Associati, 3E Ingegneria e P’arcnouveau: sei torri collegate tra loro, 503 posti letto, terrazze panoramiche, aree verdi e pannelli fotovoltaici. Architettura accattivante, certo. Ma chi oggi aspetta quattordici ore per essere visitato al pronto soccorso del Maria Vittoria non ha bisogno di terrazze panoramiche: vuole un medico disponibile, subito.
Il direttore dell’Asl Città di Torino, Carlo Picco, lo ammette senza giri di parole: il Maria Vittoria è al collasso, lavora in spazi angusti e con problemi strutturali evidenti, eppure è l’ospedale con il maggior numero di accessi al pronto soccorso in Piemonte. L’ospedale nuovo è “indispensabile”, dice. Ma la domanda rimane: come si può parlare di urgenza se la soluzione arriverà – nella migliore delle ipotesi – tra otto anni?
Il progetto, peraltro, non dovrà convincere solo i politici e i tecnici locali. Trattandosi di un’opera pubblica finanziata dallo Stato, come previsto dal Codice degli appalti, è stato trasmesso anche al Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, massimo organo tecnico dello Stato, che entro 45 giorni dovrà esprimere il proprio parere. Un altro passaggio, un altro binario burocratico, un altro potenziale ostacolo su una strada già infinita.
Federico Riboldi, assessore alla Sanità, parla di rivoluzione: 11 ospedali nuovi, 91 case di comunità, 49 centrali operative. Cifre enormi che riempiono bene i comunicati ma che cozzano con la realtà: nel 2024, in Piemonte, per una visita cardiologica ordinaria ci volevano oltre 450 giorni di attesa. E i sindacati denunciano una carenza di almeno 3.000 tra medici e infermieri. Numeri che non si risolvono con le slides, ma con assunzioni e risorse immediate.
Maurizio Marrone, assessore al Welfare, assicura che il sito scelto è sicuro dal punto di vista idrogeologico e viario. Dichiarazioni che puzzano di giustificazione preventiva: quando la politica si affretta a rassicurare, significa che qualche problema già serpeggia. Intanto, per i pazienti poco importa che il terreno sia solido: ciò che interessa è che un’ecografia urgente non richieda mesi d’attesa.
Nel frattempo, in parallelo, si apre la Conferenza dei Servizi per il nuovo ospedale di Savigliano, altro tassello di questo piano miliardario. Ma la sensazione resta la stessa: una pioggia di progetti, di protocolli d’intesa, di conferenze e di comunicati. Una “rivoluzione sanitaria” che, per ora, resta confinata tra slide PowerPoint e rendering architettonici.
Insomma, la Regione brinda al futuro, ma i cittadini vivono nel presente. E il presente, tra liste d’attesa record e pronto soccorso al collasso, assomiglia a un calvario. Se davvero il nuovo ospedale di Torino Nord arriverà nel 2031, sarà un bene. Ma fino ad allora, la sanità piemontese resta quella che è: stanca, inadeguata e piena di promesse non mantenute.
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