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Ombre su Torino
03 Agosto 2025 - 15:55
Stefano Tagnocchetti è un operaio della FIAT di 34 anni.
Il 3 agosto 1978 è uscito di casa di pomeriggio, ha preso la sua Autobianchi A112 e si è messo a girare per Torino, senza meta. È in mutua da circa un mese e negli ultimi tempi è anche finito un paio di volte all’ospedale psichiatrico di Savonera. Non è pericoloso, è soltanto molto depresso e la sua macchina è l’unico posto dove si trovi a suo agio.
Alle 21.30, esausto dopo una giornata intera alla guida, si ferma di fronte al civico 3 di via Cecchi. Si addormenta improvvisamente, appoggiando le braccia e la testa al volante.
Passa un’ora e sul posto arriva un uomo di nome Remigio Garetto.
È il proprietario di un laboratorio fotografico che si chiama Photo-Color ed abita nella casa di fronte a dove è parcheggiato Tagnocchetti. Garetto è in un periodo di forte stress. Da qualche tempo è bersaglio di minacce, telefonate anonime a scopo d’estorsione e una notte ha trovato anche le gomme della sua Lancia bucate.
Vede nemici dappertutto, è ossessionato dalla paura di essere aggredito o rapito. È per questo motivo che, qualche mese prima, si è comprato una pistola, una Beretta 6,35.
Entrato in casa la moglie lo avverte immediatamente di quell’auto davanti casa che da un’ora non si muove. L’imprenditore dà un’occhiata dalla finestra e poi, armato, decide di affrontare il ragazzo. Apre la portiera con la mano destra, nella sinistra la pistola. “L’uomo sull’auto” racconta “era appoggiato al volante, non si capiva se stesse dormendo o fingesse. L’ho scosso, ma non rispondeva. Allora l’ho schiaffeggiato con la mano libera, volevo svegliarlo. Quando l’uomo si è improvvisamente voltato verso di me ha urtato il mio polso sinistro. È partito un colpo, è stata una disgrazia, una terribile disgrazia”.
Finisce così la vita di Stefano Tagnocchetti, colpito in testa da un unico proiettile che lo uccide sul colpo. Disperato e sconvolto, è Garetto stesso a chiamare ambulanza e polizia. Racconta la sua versione, l’unica, poiché nessun altro ha visto nulla. La ripete come un mantra, alternandola al racconto delle sue paranoie, alla sua paura di fare anche solo un metro senza pistola.
Dopo una guerra di perizie che durerà 5 anni, Remigio Garetto viene rinviato a giudizio per omicidio colposo.
Come in tante vicende "minori" come questa la storia viene dimenticata dagli inviati di cronaca nera e non sappiamo, ammesso che sia importante in fin dei conti, come sia finita in tribunale.
Le uniche cose certe sono che ai familiari della vittima vengono riconosciuti 26 milioni di lire di risarcimento e che Garetto muore nel 1993 dopo una lunga malattia.
Quello che è accaduto davvero quella sera d'agosto di esattamente 47 anni fa non lo sapremo mai.
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