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02 Agosto 2025 - 16:08
Mentre in Consiglio regionale si consuma una delle battaglie politiche più dure degli ultimi mesi, mentre le minoranze alzano la voce contro una manovra economica giudicata iniqua, insostenibile e vessatoria, il Presidente della Regione Alberto Cirio sceglie il silenzio. Anzi, sceglie l’assenza. Un’assenza assordante, studiata, reiterata. E soprattutto indegna di un’istituzione che, in queste ore, sta decidendo come mettere le mani nelle tasche dei cittadini piemontesi.
La scena è surreale. Il Consiglio regionale è convocato in seduta fiume per approvare l’assestamento di bilancio, con le opposizioni – Partito Democratico, Alleanza Verdi Sinistra, Movimento 5 Stelle e Stati Uniti d’Europa – che tentano con ogni mezzo di bloccare una manovra che prevede un aumento dell’addizionale Irpef. Una stangata che colpirà dritta in faccia lavoratori dipendenti, pensionati e famiglie del ceto medio, quelle stesse che già arrancano ogni mese per pagare mutui, bollette e spesa. Ma mentre la tensione politica cresce, il protagonista principale, il governatore Cirio, si dà alla macchia.
Dov’è finito Cirio? Sta scrivendo l’ennesimo post su Facebook? Sta partecipando all’inaugurazione dell’ennesima rotonda in qualche paesino dove è già iniziata la campagna elettorale permanente? Sta preparando l’ennesimo spot con il logo “Piemonte 2030”, dove si parla di futuro, innovazione e sostenibilità, mentre il presente dei piemontesi si sgretola sotto il peso delle tasse?
Secondo i gruppi di opposizione, l’atteggiamento del Presidente è chiaro: vuole restare spettatore, lontano dai banchi dell’Aula, lontano dalle responsabilità, lontano dalle domande scomode. Forse impegnato nella stesura del prossimo slogan: “Più tasse per tutti, ma con stile”, ironizzano Pd, Avs, M5s e Sue.
Una battuta amara, che nasconde una verità ancora più amara: l’assenza del Presidente è solo la punta dell’iceberg di una strategia precisa, quella di far passare sotto traccia, nel cuore dell’estate, una manovra impopolare, anzi devastante.
E mentre i cittadini si godono – si fa per dire – il primo weekend di agosto tra caldo e rincari, in Consiglio si gioca una partita che potrebbe segnare profondamente il futuro delle finanze piemontesi. Le opposizioni denunciano un vero e proprio blitz estivo, una manovra congegnata per colpire senza clamore, nell’ombra, di nascosto, confidando nel disinteresse generale. Ma qualcosa è andato storto. L’Aula è accesa, l’attenzione mediatica è alta, e la latitanza di Cirio sta diventando il simbolo di una politica distante, arrogante, che pensa di poter decidere sulla pelle dei cittadini senza nemmeno il dovere di metterci la faccia.
Con che faccia, si chiedono le opposizioni, il centrodestra vorrà ora proporre l’ennesimo voucher a fini propagandistici? Con quale credibilità si parlerà ancora di sostegno alle famiglie, quando si impoverisce sistematicamente il 70% dei contribuenti piemontesi, cioè quelli con un reddito compreso tra i 15.000 e i 50.000 euro annui?
È questo il paradosso più grottesco dell’era Cirio: mentre si racconta di una Regione che investe nel futuro, si affama il presente. E mentre si blatera di visione, si ignorano i volti, le storie e i drammi di chi vive con mille euro al mese. E se il Presidente pensa davvero di ridurre le tasse alla vigilia delle prossime elezioni, lo dica chiaramente. Perché l’idea che si possano aumentare ora per toglierle domani, solo per vantarsi in campagna elettorale, è un’offesa all’intelligenza dei cittadini.
In aula, intanto, si continua. La maratona prosegue, tra emendamenti, interventi, barricate. E il grande assente rimane sempre lui: Alberto Cirio.
Che non c’è.
Che non risponde.
Che non governa.
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