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Cronaca

Topo morto tra le cartelle cliniche. Putiferio all’ospedale di Settimo Torinese

Trovato un topo morto in una busta di plastica all’interno di un carrello sanitario. Intanto i lavoratori restano senza stipendio, il piano della Bocconi è sparito e la Regione festeggia il nulla. La sanità “pubblica” secondo Cirio e Riboldi.

Topo morto tra le cartelle cliniche. Putiferio all’ospedale di Settimo Torinese

Topo morto tra le cartelle cliniche. Putiferio all’ospedale di Settimo Torinese

È venerdì 4 luglio. In uno dei carrelli utilizzati quotidianamente per trasportare documentazione sanitaria e cartelle cliniche, qualcuno trova una busta di plastica. Dentro, un topo morto. Non un topo in giro per l’ospedale — che già sarebbe gravissimo — ma un topo confezionato, infilato con cura in un sacchetto. Come se fosse stato spedito. Un avvertimento. Un segnale. O, più semplicemente, l’ennesima prova che qui, in quello che dovrebbe essere un presidio sanitario pubblico, il degrado ha superato ogni livello di guardia.

Chi lavora nei reparti, chi ogni giorno pulisce corridoi, solleva pazienti, sistema letti, distribuisce terapie e chiama i familiari per dare notizie, ha capito da tempo che qualcosa si è rotto. Anzi, si è sfasciato completamente. Quello che è successo — un topo morto in un carrello sanitario — non è un episodio isolato, ma una fotografia perfetta della situazione attuale. Uno scatto sporco, maleodorante, impietoso. Ma reale. Che brucia. E che grida: guardate cosa siamo diventati.

All’ospedale di Settimo, ormai, c’è solo chi resta per resistere. E sono in tanti. Ma sono anche stanchi. E delusi. E arrabbiati. Ssolo pochi giorni fa denunciavamo la vergogna degli stipendi non pagati. A a tre settimane dalla fine del mese, oltre 150 operatori sanitari e addetti ai servizi, tutti dipendenti della Cooperativa San Michele, aspettavano ancora il bonifico di maggio. Non era un ritardo: è un’assenza. Non era un imprevisto: è la regola. Non era un’eccezione: è la normalità.

“La puntualità è diventata un miraggio in un contesto dove il disagio è quotidiano e le risposte, quando arrivano, sono sempre troppo vaghe o troppo tardive”, raccontano in corsia. Il contratto con la San Michele è in proroga, in attesa che entri in scena la nuova vincitrice dell’appalto: la Cooperativa Quadrifoglio. Una transizione che, sulla carta, dovrebbe essere lineare. Ma che nella realtà assomiglia a un rompicapo burocratico fatto di proroghe su proroghe, acconti a metà, saldi parziali, liquidazioni a rilento e promesse evaporate al sole.

Nel frattempo, chi lavora continua a farlo. Chi ha figli, chi paga l’affitto, chi ha mutui, chi si alza all’alba per garantire un servizio essenziale alla comunità, non ce la fa più. I sindacati sono esasperati. I dipendenti sono esausti. E la SAAPA, la società che formalmente gestisce l’ospedale ma che è in fase di liquidazione, naviga a vista tra versamenti tardivi e acrobazie contabili per coprire prestazioni risalenti a mesi fa.

E  mentre gli operatori raccolgono topi e le cooperative non pagano, la politica si mette il vestito buono. E stappa bottiglie — simbolicamente parlando — per celebrare “il ritorno dell’ospedale nel servizio sanitario regionale”.

Il comunicato stampa della Regione Piemonte, firmato a quattro mani dal governatore Alberto Cirio e dall'assessore regionale Federico Riboldi, è una meraviglia. “Ulteriore passo avanti”, “segno più per la sanità pubblica”, “garanzia degli attuali posti letto con possibilità di aggiungerne altri”. Sembra il riassunto del taglio del nastro di un ospedale appena inaugurato. Con tanto di banda musicale e buffet. E invece no: qui si festeggia sul nulla.

Perché poi cerchi la delibera. La leggi. E scopri che non c’è un cronoprogramma. Nessuna indicazione su come quei 15 milioni saranno spesi. Nessun dettaglio su quando avverrà il passaggio definitivo. Nessuna garanzia per i dipendenti. Solo una formula ricorrente, in politichese stretto: “l’ASL TO4 provvederà”. In altre parole: arrangiatevi.

L’unica certezza è che il piano strategico della Bocconi, quello su cui si basa tutta l’operazione, non è stato reso pubblico. Nessuno lo ha letto. Nessuno lo ha visto. Nessuno lo ha allegato. Eppure, viene citato come una Bibbia. Una Bibbia chiusa. Misteriosa. Un piano di cui tutti parlano ma che nessuno conosce. E che dovrebbe, così com’è, ispirare una rivoluzione.

E allora ci si chiede: quei soldi serviranno per migliorare i servizi? Per potenziare i reparti? Per assumere nuovo personale? O per coprire i debiti della SAAPA, la società in liquidazione che gestisce ancora l’ospedale e i cui soci sono l’ASL TO4 e il Comune di Settimo? Saranno destinati a evitare il fallimento tecnico della società? O finiranno per tappare buchi lasciati da anni di gestione ambigua?

topo morto

Perfino Elena Piastra, sindaca di Settimo e firmataria del comunicato insieme alla Regione, lo ammette: “Restano da affrontare alcuni nodi fondamentali, su tutti quelli a tutela del personale”. Insomma, se perfino chi dovrebbe rassicurare dice che non tutto è a posto, significa che non è a posto proprio nulla.

E così si arriva a oggi. A questo luglio cominciato con caldo e temporali, le promesse e… un topo morto in corsia. Che sia stato lasciato lì per caso o per sfregio poco importa. La sostanza non cambia. Quel sacchetto con il roditore morto è una denuncia muta ma violentissima. Un’accusa urlata senza voce. Un gesto che nessun comunicato potrà mai cancellare. È la rappresentazione plastica del fatto che qui, all’ospedale di Settimo, qualcosa è finito per sempre.

È finita la fiducia. È finita la pazienza. È finito il rispetto. Resta solo la propaganda. Resta un’idea astratta di “sanità pubblica” che però, per ora, non ha nulla di concreto. Perché quando i topi fanno capolino tra le cartelle cliniche, e chi lava i pavimenti non riceve lo stipendio, e i dirigenti regionali brindano a un piano fantasma, vuol dire che la distanza tra parole e realtà è ormai diventata abissale.

Insomma, a Settimo la realtà supera l’immaginazione. Ma guai a chiamarla emergenza: qui, purtroppo, è solo la normalità. Una normalità fatta di carrelli sanitari, topi morti e bonifici mai arrivati. Una normalità inaccettabile. Che però, giorno dopo giorno, ci stanno chiedendo di accettare.

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