AGGIORNAMENTI
Cerca
Attualità
12 Giugno 2025 - 10:02
La dispersione dei pendolari
Una mattina qualunque sulla tratta Torino–Ivrea. Una di quelle in cui il pendolare sale sul treno confidando nell'orario indicato sul tabellone, sperando di arrivare puntuale a lavoro. Speranza vana, come sanno bene tutti quelli che ogni giorno salgono sul treno regionale 2717, in partenza da Chivasso alle 7:52. Da giorni, il 2717 accumula ritardi tra i 30 e i 50 minuti, una costanza talmente prevedibile da sembrare parte integrante dell’orario.
Le cause? Sempre le stesse. Passaggi a livello guasti, che provocano incroci saltati con i treni in senso opposto.
Il risultato: effetto domino sui ritardi, pendolari esasperati, zero comunicazioni efficaci.
E poi c'è la corsa di oggi che ha superato ogni livello di tollerabilità, perfetto simbolo del disastro ferroviario quotidiano.
Il treno parte – miracolosamente – in orario da Chivasso. Ma è solo un’illusione. Pochi chilometri dopo, nei pressi della stazione di Montanaro, si blocca. Nessun annuncio, nessuna spiegazione. Solo una lunga, estenuante attesa di venti minuti. E, quando ormai la pazienza ha lasciato il posto alla rassegnazione, il treno riparte. Lentamente. Lentissimamente. Fino alla stazione di Rodallo.
Ed è lì che cala il sipario: treno soppresso.
Il capotreno avvisa soltanto i passeggeri della carrozza di testa. Gli altri? Abbandonati a se stessi. “Abbiamo capito che dovevamo scendere solo perché vedevamo persone sulla banchina”, racconta Maurilia Ognibene, una delle viaggiatrici coinvolte. Nessun altoparlante, nessuna scritta sui display. Solo il passaparola visivo, degno di una scena muta del cinema muto. L’ennesima beffa.
In attesa del treno successivo, il locale da Novara, previsto per le 8:27 ma arrivato alle 9, non resta che contare i minuti. Uno dopo l’altro, come gocce d’acqua che scavano la pazienza. L’arrivo a Ivrea, previsto per le 8:18, slitta alle 9:45. Un’ora e mezza di ritardo, e una mattinata ormai andata.
“La situazione sulla linea è vergognosa – denuncia Maurilia – e non incentiva certo l’utilizzo del treno. Tutto questo, in barba alla tanto sbandierata riduzione del traffico veicolare.” E in effetti, parlare di sostenibilità, di mobilità integrata, di intermodalità intelligente, quando si sopprimono treni in corsa e si lasciano i passeggeri all’oscuro, sembra una barzelletta.
Il pendolarismo dovrebbe essere una scelta logica e civile. In Piemonte, invece, è un atto di eroismo quotidiano. In prima linea non ci sono politici, amministratori o dirigenti di RFI e Trenitalia. Ci sono solo loro, i viaggiatori. Che ogni giorno resistono. Fino al prossimo guasto.
Maggio 2025. Sulla linea ferroviaria Ivrea-Torino non cambia mai nulla. Anzi, sì: ogni mese peggiora. E la Regione Piemonte che fa? Resta a guardare. Sempre più indifferente. Sempre più complice. Sempre più inutile.
A denunciare questa situazione ormai fuori controllo è stato nei giorni scorsi il consigliere regionale del Partito Democratico Alberto Avetta, che ha presentato un’interrogazione urgente documentando con precisione disarmante giorni, numeri di treno, ritardi e disagi. Non opinioni, ma fatti. Non lamentele, ma una cronaca nuda e cruda del disastro quotidiano che da mesi — anzi, da anni — si consuma sulla tratta Aosta–Ivrea–Torino.
Non è solo una questione di treni corti. Non è solo una questione di ritardi. È diventata una questione di dignità violata. La linea è il simbolo di un sistema che non funziona, sotto gli occhi impassibili dell’assessore ai Trasporti Marco Gabusi, che da tempo ha scelto di non scegliere: non difende i pendolari, non punisce Trenitalia, non risolve. Asseconda.
E così il 2714 è “corto” anche il 22 maggio. E in ritardo. Come il 2737 lo stesso giorno. E come il 2714 e il 2737 il giorno prima, il 21. Il 20 ancora il 2714. Il 14 maggio entrambi con 30 minuti di ritardo. Il 13 maggio solo uno, ma basta e avanza. Il 16 aprile? Gente a terra a Chivasso, treno “corto”. E poi 3, 2, 1 aprile. 20 e 19 marzo. Il bollettino è lungo. Sfiancante. Umiliante.
La colpa? Diffusa, ma precisa. Trenitalia sbaglia. Ma la Regione tace. E dunque acconsente. E mentre i treni della Valle d’Aosta, acquistati a tre carrozze e non potenziabili, vengono fatti circolare anche sulla parte piemontese della linea, nessuno a Torino si pone il problema: “È giusto? È sostenibile?” No. Ma si fa lo stesso. Perché tanto, chi viaggia, può anche soffrire.
Il contratto di servizio — lo strumento con cui la Regione dovrebbe far rispettare regole e standard — è carta straccia. Ci sarebbero penali. Ci sarebbero clausole. Ma non si applicano mai. Al massimo si “monitorano i flussi”, si “interlocuisce con il gestore”, si “valutano margini di intervento”. Intanto, la gente resta in piedi. O a terra.
Silenziosa la Regione, taciturno il Comune, non abbastanza "arrabbiati" gli industriali. Nessuno batte i pugni sul tavolo. Nessuno urla. Nessuno pretende. E così l’indifferenza diventa abitudine. Il degrado, sistema.
Poi è arrivato il 3 giugno. La risposta. Finalmente. Di Marco Gabusi. In Aula, l’assessore è salito in piedi per dire ciò che tutti temevano: niente. O quasi. Ha minimizzato, parlando di “alcuni episodi di disservizio”, portando in Aula statistiche di puntualità complessive, come se la media matematica potesse nascondere il disastro quotidiano delle ore di punta, quando i disagi esplodono e quando la gente ha bisogno che il treno ci sia, e arrivi in orario.
Una risposta che indigna.
“Da anni i pendolari denunciano disagi e da anni li portiamo in Aula - ha commentato il consigliere regionale Alberto Avetta - Ma nulla è cambiato. E non è solo un problema degli utenti. È un problema di territorio, di competitività, di attrattività. La Giunta Cirio parla sempre di rilancio del Canavese, ma intanto sono gli stessi imprenditori a dire che un trasporto pubblico inefficiente è un freno allo sviluppo. Le aziende non trovano personale disposto a spostarsi, se il treno è un incubo quotidiano.”
Avetta ha poi definito i bimodali “inadeguati”, sottolineando che “spesso i passeggeri vengono abbandonati in stazione a Chivasso”.
Ha riportato la novità — a sorpresa emersa in Aula — che Trenitalia avrebbe proposto di usare carrozze piemontesi su servizi valdostani, misura che appare sensata ma che non verrà applicata nell’immediato “per ragioni tecniche”.
“Ma quali ragioni tecniche?”, ha chiosato il consigliere. “Il presidente Cirio governa il Piemonte da sei anni. Le promesse vanno bene in campagna elettorale. Poi bisogna mantenerle. Oggi è il tempo delle scelte. La Giunta Cirio deve decidere: sta dalla parte di Trenitalia o degli studenti, dei lavoratori e degli imprenditori eporediesi?”
E mentre Avetta parlava, nessuno rispondeva davvero. Gabusi aveva già preso i fogli, li aveva rimessi nella cartelletta. Tutto normale. Tutto archiviato. Fino al prossimo disastro. Fino al prossimo 2714 “corto”. Fino alla prossima giornata in piedi. O in attesa. O in silenzio.
Insomma, in Piemonte tutti parlano di mobilità sostenibile, di diritto al viaggio, di transizione ecologica. Poi arriva il treno, e di sostenibile c’è solo la rassegnazione. Tutto il resto è vagone.
Edicola digitale
I più letti
LA VOCE DEL CANAVESE
Reg. Tribunale di Torino n. 57 del 22/05/2007. Direttore responsabile: Liborio La Mattina. Proprietà LA VOCE SOCIETA’ COOPERATIVA. P.IVA 09594480015. Redazione: via Torino, 47 – 10034 – Chivasso (To). Tel. 0115367550 Cell. 3474431187
La società percepisce i contributi di cui al decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70 e della Legge Regione Piemonte n. 18 del 25/06/2008. Indicazione resa ai sensi della lettera f) del comma 2 dell’articolo 5 del medesimo decreto legislativo
Testi e foto qui pubblicati sono proprietà de LA VOCE DEL CANAVESE tutti i diritti sono riservati. L’utilizzo dei testi e delle foto on line è, senza autorizzazione scritta, vietato (legge 633/1941).
LA VOCE DEL CANAVESE ha aderito tramite la File (Federazione Italiana Liberi Editori) allo IAP – Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria, accettando il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale.