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Chiudono le banche, muoiono i paesi. L’Uncem lancia la rivolta dei territori

Sportelli chiusi, comunità abbandonate, cittadini umiliati: l’Unione dei Comuni montani chiama alla mobilitazione. “Un ordine del giorno contro la desertificazione bancaria. Ora o mai più”

Chiudono le banche, muoiono i paesi. L’Uncem lancia la rivolta dei territori

Marco Bussone

In Italia sta accadendo qualcosa di grave. Non fa rumore, non apre i telegiornali, ma si sente. Si sente nella voce rotta di un pensionato che non sa dove andare a ritirare la pensione. Si sente nella frustrazione di un commerciante che deve chiudere prima per depositare l’incasso in un’altra città. Si sente nella solitudine di chi, nei paesi, nelle valli, nei borghi, si vede chiudere in faccia l’ennesima porta. Sono le banche che se ne vanno. E con loro, un altro pezzo di dignità.

È la desertificazione bancaria. Un processo silenzioso ma devastante, che colpisce i piccoli Comuni, le aree interne, le zone montane. Non porta solo disagio: porta rassegnazione. Lascia dietro di sé strade vuote, negozi spenti, vite più complicate. Ma c’è chi ha deciso di non restare in silenzio.

È l’Uncem, l’Unione Nazionale dei Comuni, Comunità ed Enti Montani, che ha detto basta. E lo ha fatto con uno strumento preciso, concreto, politico: un ordine del giorno da approvare in ogni Consiglio comunale, in ogni Giunta, per dire chiaramente che i territori non accettano di essere cancellati.

filiale

“Contro la chiusura delle banche – spiega il presidente Marco Bussone – Uncem ha trasmesso a tutti i Comuni e a tutti gli Enti montani, cioè le Comunità montane e le Unioni montane italiane, un ordine del giorno da varare in Consiglio o in Giunta. È una presa di posizione politica forte, che impegna Governo, Parlamento e Regioni a intervenire”.

Uncem non si limita a denunciare, agisce. Non chiede solo attenzione, pretende rispetto. Perché ogni chiusura è una ferita. E ogni Comune che approva quell’ordine del giorno diventa parte di una rete, di una voce collettiva che chiede: perché ci state abbandonando?

E non basta che a mobilitarsi siano i territori già colpiti. Uncem lancia l’appello anche a chi, oggi, ha ancora una banca in paese: non aspettate che tocchi a voi. Agite ora. L’obiettivo è coinvolgere tutti, per costruire una pressione dal basso che costringa le istituzioni a cambiare rotta.

“Anche i Comuni che oggi non hanno banche o che non hanno subito chiusure devono approvare l’ordine del giorno – prosegue Bussone – Perché il rischio è ovunque. E i servizi si difendono prima di perderli. Salvaguardiamo i servizi, da quelli bancari alle scuole. Tutti devono agire”.

Nel frattempo, i numeri parlano chiaro. In Piemonte, Intesa Sanpaolo ha annunciato la chiusura di 33 sportelli entro il 2025. Un piano che, sotto il nome di “razionalizzazione”, nasconde l’ennesimo arretramento della presenza nei territori. Solo nella provincia di Torino, a sparire saranno filiali storiche come quelle di Baldissero Torinese, Beinasco, Caluso, San Maurizio Canavese, Volpiano e Ciriè, dove la Filiale Imprese sarà declassata a semplice sportello.

Sono Comuni tutt’altro che marginali, ma evidentemente troppo piccoli per interessare alle logiche di profitto. E così si spegne una luce, si chiude una porta, si toglie un riferimento a migliaia di cittadini. Anziani, famiglie, piccole imprese, lasciati a orientarsi tra call center e app bancarie spesso inutilizzabili.

Nel resto del Piemonte la situazione non è migliore. Anche Cuneo, Biella, Asti, Verbano-Cusio-Ossola subiscono tagli, accorpamenti, riduzioni di orario. È un processo che cancella presìdi di prossimità, simboli di fiducia, presenze fisiche che facevano parte del tessuto vivo delle comunità.

“Quando si chiude uno sportello – sottolinea Bussone – non si spegne solo una macchina bancomat. Si taglia un legame. Si dice a chi vive in quei luoghi: arrangiati. E invece noi vogliamo dire il contrario: i territori valgono. I cittadini valgono. Nessuno deve restare indietro”.

Per questo l’Uncem ha già cominciato a mobilitarsi, a partire dalla manifestazione a Frontone, nelle Marche, simbolo di una resistenza che cresce giorno dopo giorno. E ora si prepara a scendere in piazza anche in altri territori, dove i sindaci, i comitati locali, i cittadini stanno organizzando incontri, assemblee, presìdi. Un’Italia minore che non vuole scomparire.

Nel frattempo, le prime risposte iniziano ad arrivare. Alcuni Parlamentari, anche di schieramenti opposti, hanno iniziato a depositare interrogazioni, mozioni, interventi pubblici. In diverse Regioni, la questione è arrivata in aula. I riflettori si accendono. Ma servono fatti.

“Apprezzo molto – conclude Bussone – che esponenti politici di diversi partiti stiano intervenendo. È importante. Ma servono atti, non solo parole. Un ordine del giorno approvato da un Comune è un gesto forte, un messaggio istituzionale chiaro: non accettiamo la smobilitazione. Non accettiamo le prese in giro. Vogliamo servizi, dignità, futuro”.

È tempo di scegliere. Rassegnarsi all’ennesima chiusura, o reagire. Aspettare che tutto succeda, o decidere che qualcosa può ancora cambiare. E partire da un piccolo gesto – un ordine del giorno, una delibera – per fare una cosa grande: difendere i diritti delle comunità, dei cittadini, dei territori.

Intesa Sanpaolo: confermati i vertici, rinnovata la fiducia a Messina. Le Fondazioni applaudono, i clienti si arrangiano col bancomat

Squadra che vince non si cambia. Si chiudono le filiali, certo. Ma il vertice resta intatto, saldo, incrollabile. E soprattutto apprezzato. È questo il messaggio che arriva dalle sei Fondazioni bancarie azioniste di Intesa SanpaoloCompagnia di San Paolo, Cariplo, Cr Firenze, Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, Cassa di Risparmio in Bologna e Cassa di Risparmio di Cuneo – che, con entusiasmo degno di una standing ovation, hanno presentato la lista per il rinnovo del consiglio di amministrazione della banca.

Nel Cda della banca privata più “di sistema” d’Italia – ormai più nota per le chiusure di sportelli che per l’apertura al pubblico – sono stati riconfermati Gian Maria Gros-Pietro come presidente e Carlo Messina come consigliere delegato e amministratore delegato. Tradotto: al timone resta sempre lui, Messina, il comandante che guida la nave anche quando la rotta prevede più ATM che scrivanie, più app che impiegati.

Paola Tagliavini è invece la novità annunciata come vicepresidente. Ma tranquilli, non si cambia nulla di davvero sostanziale: è tutto sotto controllo. O meglio, sotto il comitato di controllo sulla gestione, per cui sono stati proposti Fabrizio Mosca, Mariella Tagliabue e Maura Campra. Anche loro, ovviamente, da retribuire come si conviene: le Fondazioni hanno infatti suggerito di aumentare il compenso fisso per chi siede in questo comitato e premiare il presidente con un “additivo” economico. Perché vigilare sulla chiusura di una filiale non è certo roba da poco.

Nella lista, composta da 14 candidati di cui otto donne – perché l’equilibrio di genere è importante, almeno ai piani alti – compaiono anche Mariangela Zappia, ambasciatrice d’Italia negli Stati Uniti, Franco Ceruti, Paolo Maria Vittorio Grandi, Luciano Nebbia, Liana Logiurato, Pietro Previtali, Maria Alessandra Stefanelli, Bruno Maria Parigi, Donatella Busso, Silvia Merlo e Paolo Messa. Una squadra compatta, trasversale, ben curata. Insomma, tutto tranne che precaria. Quella è un’altra categoria: i clienti in coda fuori dalla banca più vicina (a 20 km), o gli ex dipendenti delle filiali dismesse.

A sostenere il pacchetto di nomi, le sei Fondazioni che, forti del loro 17,87% del capitale, lo scorso 11 novembrehanno sottoscritto un patto parasociale in vista dell’assemblea di aprile. La BCE ha dato il via libera, e come promesso, il patto si scioglierà subito dopo l’evento. Un patto lampo, ma ben calcolato, con dentro tutto: potere, visione, e quel pizzico di strategia che non guasta mai.

In un coro unanime, i presidenti delle Fondazioni esprimono il loro “vivo apprezzamento per la visione e la gestione altamente efficace da parte del CEO” e dichiarano di auspicare che “Carlo Messina possa garantire il suo ruolo di leadership anche per i successivi mandati”. Traduzione: se non ci fosse, bisognerebbe inventarlo.

Del resto, i risultati parlano chiaro: Intesa Sanpaolo è ormai in cima alla classifica europea in termini di affidabilità, redditività e – a quanto pare – capacità di trasformare agenzie di paese in app per smartphone. Lo sviluppo del Paese si fa così, dicono: con la visione strategica, non con lo sportello sotto casa.

Insomma, il nuovo Cda è già pronto, la fiducia è solida, il consenso unanime. E i clienti? Beh, loro possono sempre parlare con la voce registrata del call center. Quando risponde.

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