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Gino, Angela e Kira: vite fragili consumate dalle fiamme e dall’indifferenza

Un mozzicone di sigaretta, il fuoco, ma a uccidere Angela e la sua cagnolina Kira è stata l’indifferenza. La storia di fragilità e abbandono che Settimo Torinese non può ignorare

Gino, Angela e Kira: vite fragili consumate dalle fiamme e dall’indifferenza

Morta tra le fiamme nella sua casa popolare in corso Piemonte 46A a Settimo Torinese, insieme a Kira, il piccolo Jack Russell che era diventato l’unico affetto sincero in una vita piena di crepe. Un mozzicone di sigaretta, poi il fuoco, ma quello che ha veramente ucciso Angela e Kira è stato l’abbandono, il fallimento di una società che ha girato lo sguardo dall’altra parte. Questa è la vera storia di Angela Coratella, 49 anni. Molto di più di una tragedia domestica. Simbolo doloroso di vite consumate dalla fragilità e dall’indifferenza.

Angela non era solo una vittima di un incidente. Era una donna fragile, segnata da un’esistenza piena di ostacoli. Aveva perso i suoi figli, aveva condiviso una vita di tormenti con Gino, un uomo anch’egli spezzato, che alternava momenti di speranza a cadute rovinose. Lo ricorda Silvano Capussotti, che su Facebook scrive parole che lasciano un nodo in gola: “Ho conosciuto Gino, disoccupato, mentre lavorava per i cantieri a tempo come stradino a Settimo. Sembrava cercare una buona strada, ma ha prevalso la sua parte peggiore. Era fragile e alla fine è morto per droga.”

Nonostante tutto, in quella vita di difficoltà e di scelte sbagliate, Gino aveva un lato dolce, quello che lo aveva portato a regalare Kira ad Angela. “A Gino piacevano gli animali,” scrive Capussotti, “anche se non so come si comportasse con il cane nei momenti peggiori.” E Angela, in quel piccolo Jack Russell, aveva trovato un legame che andava oltre le parole. Era amore puro, un rifugio in una quotidianità fatta di crepe. “Angela voleva molto bene alla cagnolina e si rifiutava di cederla, anche se aveva difficoltà a seguirla,” aggiunge ancora Capussotti.

Poi, tutto è andato in cenere. Un mozzicone di sigaretta, lasciato acceso forse in un momento di distrazione, e le fiamme hanno divorato l’appartamento. Angela e Kira sono rimaste intrappolate, il fumo e il fuoco non hanno lasciato scampo. I vigili del fuoco hanno cercato di salvarle, ma era troppo tardi. Angela è morta poco dopo in ospedale. Kira non l’ha mai lasciata, neanche nella tragedia.

Ma questa storia non può fermarsi alle fiamme. Non può ridursi a un incidente. Nelle parole di Capussotti emerge un’accusa che pesa come un macigno: “Questi due poveracci lasciano i figli, ma anche la sensazione che si sarebbe potuto fare di più: soprattutto garantendo a Gino un lavoro sicuro e protetto.” È il grido di una società che ha fallito, che non ha saputo tendere una mano a chi era in difficoltà. Gino avrebbe potuto salvarsi con un lavoro stabile, con un sostegno reale. Angela avrebbe potuto ricostruire la sua vita se qualcuno le avesse dato una possibilità. Ma quel qualcuno non c’è stato.

E ora restano i figli, orfani non solo di una madre, ma di un futuro che avrebbe potuto essere diverso. Restano le lacrime di chi l’ha conosciuta, di chi ha visto quella donna fragile cercare, con tutte le sue forze, di non sprofondare. Restano le parole di chi, come Capussotti, ha il coraggio di dire che si sarebbe potuto fare di più. E resta Kira, quel piccolo cane che rappresentava tutto ciò che Angela aveva di buono, portata via da una tragedia che non doveva accadere.

Angela e Kira sono andate via insieme, unite da un amore che non ha mai vacillato. Ma ciò che ci lasciano è un monito: dietro ogni Angela e ogni Gino ci sono persone che chiedono aiuto, che lottano con i propri demoni e che, troppo spesso, vengono lasciate sole. Angela e Kira meritavano di più. Ora, a noi, non resta che il rimpianto.

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