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26 Marzo 2023 - 21:42
Mara Macario Ban con Gianni Caudera
"Oltre la superficie. Il territorio tra cultura e misteri”.
Con questo titolo accattivante, martedì 21 marzo l’Architetto Mara Macario Ban ha illustrato al Rotary Club Ciriè e Valli di Lanzo il mondo del mistero e delle credenze popolari.
La lunga ricerca durata più di tre anni e la stesura della tesi di più di 400 pagine, la ricerca di informazioni attraverso le persone anziane residenti nella zona di Corio, Levone, Chiaves e dintorni le hanno permesso di conoscere fatti, luoghi e credenze popolari.
Il mondo delle “Masche” è stato così brillantemente presentato e ha creato curiosità e interesse per una realtà ai più totalmente sconosciuta.
Mara, con il suo racconto, ha voluto tenere fede ad una frase scritta nella sua tesi che recita così: “La conoscenza deve essere divulgata e messa a disposizione del sapere comune”.
Un momento della presentazione
Senza il suo lavoro di raccolta, molte informazioni sul mistero delle “Masche” sarebbe andato perduto, perché le credenze popolari sono sempre state tramandate attraverso il racconto orale a causa dell’analfabetismo.
Anzi, uno dei requisiti della sua tesi doveva essere di intervistare persone molto anziane, il cui massimo grado di istruzione fosse non più della terza elementare, in modo da non avere l’inquinamento scolastico nella loro memoria, che doveva essere pura. Ovviamente con tutti i problemi legati alla naturale diffidenza e riservatezza e alle difficoltà di comunicazione.
Erano tempi di ristrettezza economica e di difficoltà di spostamento legati alla mancanza o allo stato delle strade, che portavano a vivere sempre nella stessa borgata, nella stessa piccola comunità, povera ma spesso autosufficiente.
I nomi delle strade, dei villaggi cambiavano in funzione della cultura popolare, della stretta conoscenza e della familiarità di questi luoghi confinati.
Molti episodi nascono dalla realtà, ma sono oggetto delle chiacchiere in famiglia al lume di candela nel caldo delle stalle durante il lungo inverno e diventano credenza popolare. La sociologia si fonde con l’antropologia.
La vita delle donne era completamente diversa da quella degli uomini, raramente ridevano cantavano e apparivano spensierate in pubblico. Solo il momento del mercato, quando gli uomini si assentavano per tre giorni, era l’occasione per loro di fare festa.
Un certo genovese noto come “Cornuto” era arrivato in terra coriese sostenendo che se si poggiava l’orecchio a terra sul monte San Vittore si sentiva il tintinnio delle monete. Callisto Cornut, questo era il suo vero nome, scoprì la più grande vena di amianto d’Europa, che prese il nome di “balangerite”.
Ritornato e il mito dell’acqua
Si racconta che a Ritornato venne rapito un bambino, ritrovato dopo giorni e giorni sul bordo del torrente, e raccontò che tre donne l’avevano rapito, ma arrivate in prossimità dell’acqua non riuscirono a passare e scoprirono addosso al bambino una medaglietta della Madonna legata con una cordicella di lana, simboli benedetti.
Le masche devono stare all’interno di una cella idrografica, cioè quella piccola porzione di territorio delimitata dai rivi d’acqua. Le figlie cui le masche volevano passare il loro dono dovevano scavalcare l’acqua, cioè cambiare territorio.
L’acqua marcava il territorio, ma era anche un mezzo di propagazione.
Gli anziani non sempre raccontano tutto, talora hanno il rifiuto, la repulsione per le storie che hanno in qualche modo condizionato la loro gioventù, come ad esempio la paura a passare vicino alla casa di una masca.
Limite visivo e limite culturale
Le nostre masche sono donne, sono madri di famiglia, donne che pregavano, ma la Chiesa ha pesantemente influito sulla cultura pagana della gente povera e analfabeta mistificandola con il condizionamento della sapienza, fino ad annullarla.
La percezione dell’ambiente era molto legata al limite visivo, il buio, la nebbia, ma la conoscenza dei luoghi rendeva l’uomo libero e sicuro. Così come succede a camminare di notte nei boschi che non si conoscono.
Le masche
Erano donne dall’intelletto sopraffino, che sapevano esattamente cosa volevano e come farlo, che avevano in mano il sapere delle curatrici. Avevano nomi popolari, la Capogne di Case Macario, la Büsa di Rocca, la Bavuta di Case Moia. Potevano essere belle o brutte, buone o cattive, non si doveva mai rifiutare loro cibo e acqua, pena la loro reazione ! Ma non hanno mai ammazzato nessuno.
"Ringraziamo la relatrice che ha aggiunto “conoscenza” di questa tematica originale e insolita, parte integrante della cultura e delle tradizioni del nostro territorio" dichiara il presidente del Rotary Club Ciriè e Valli di Lanzo, Gianni Caudera.
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