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Manital mette in vendita le quote di Icona e di Mozart

Continua lo spezzatino della società che fu di Graziano Cimadom

Cimadom Graziano ex presidente di Manital

Cimadom Graziano ex presidente di Manital

La notizia è di qualche giorno fa, i commissari Antonio Casilli, Francesco Schiavone Panni e Antonio Zecca della Manitalidea S.p.A. in amministrazione straordinaria, nell’ambito dell’esecuzione del programma di dismissione degli “asset” hanno messo in vendita le quote di partecipazione in diverse piccole società, alcune eporediesi. E parliamo di Icona (pari al 5,56% del capitale sociale) con sede in Via dei Cappuccini a Ivrea per un prezzo a base d’asta di 100 mila euro.  Di  Synthesis3 srl con sede a  Torino (pari al 19,85% del capitale sociale) per un prezzo a base d’asta di 348 mila euro. Di Tiscanet srl con sede a Casoria, (pari al 35% del capitale sociale) per un prezzo a base d’asta di un milione e 93 mila euro. Ma anche di Mozart srl con sede in Corso Massimo d’Azeglio 69 a Ivrea (pari al 5,66% del capitale sociale) per 20 mila euro e di   Proger  SpA con sede a Pescara (pari al 1,81% del capitale sociale) per 591.000,00. Le offerte dovranno essere indirizzate via pec entro le 13 del 19 dicembre.

Altra notizia data dai commissari è la cessione di Manitalidea e del consorzio Manital (più di 200 dipendenti di cui una ventina nella sede di Ivrea) al consorzio chiamato Elettra, formato da nove società. Non si sa più di questo, salvo che il passaggio dovrebbe avvenire a febbraio.  I sindacati sono in agitazione ma cosa potranno mai fare?

Ci sono i numeri..

La parte più importante della vendita dovrebbe riguardare gli appalti che il gruppo di via Di Vittorio si è aggiudicato negli anni: 10.198.000 per il contratto Sanità, 5.557.000 per il contratto Caserme; 3.448.000 per il contratto Beni Culturali, più alcune commesse (Stazioni di Firenze, Roma Termini, Roma Tiburtina, Napoli, Napoli Metro, Bari, Palermo e  Scuole). E poi 12.563.000 euro per Manitalidea e 1.380.000 per Manitalidea Consorzio, le cui valutazioni fanno riferimento a impianti, macchinari e attrezzature utilizzate nelle svolgimento dell’attività.  Infine c’è il Castello di Parella e 5 ettari  di vigneto pari ad un valore di 11.973.000 di euro; i 3,7 ettari di terreni agricoli di proprietà di Vivai Canavesani in amministrazione straordinaria per 107 mila euro,  il Biolago per 800 mila euro e terreni ad uso artigianale/industriale (11.910 mq) e agricolo (5.000 mq) ubicati sempre a Parella  per 400 mila euro. Le vendite serviranno a soddisfare i creditori in base all’elenco ricomposto dal Tribunale di Torino nelle udienze del 2020.

I giudici avevano preso atto di un’esposizione debitoria fuori controllo; dell’assenza di risorse finanziarie sufficienti a farvi fronte; della mancanza di concrete possibilità di incasso in tempi brevi dei crediti (che, secondo quanto riferito dalla Società ammontavano a 207.060.472 euro); del fallimento di società partecipate dalla Manitalidea  a cominciare dalla Olicar Gestioni (pronuncia del Tribunale di Asti del 13/1/2020) oltre a “un elevatissimo numero di esecuzioni forzate”, compresi gli sfratti esecutivi dalle sedi di Ancona, Roma e Napoli. 

Luigi Grosso a Ivrea

A convincerli, dopo la quantificazione del debito erariale in 223 milioni di euro, anche l’impossibilità, sottolineata dall’ex amministratore Luigi Grosso, di poter operare sui conti correnti e accendere nuove linee di credito a causa dei blocchi della Centrale dei rischi della Banca d’Italia. 

S’aggiungeva la necessità di un massiccio intervento finanziario per il pagamento degli stipendi ai dipendenti per un totale pari a 900.000 euro oltre a 14.600.000 euro per i dipendenti su commesse, cui si dovevano aggiungere 6.430.000 di una delle 5 rate del Durc scaduta il 30 gennaio di quell’anno. Secondo la Guardia di Finanza erano stati inoltre omessi  versamenti  al Fisco per ritenute d’imposta operate dall’impresa sugli stipendi dei dipendenti e sui compensi dei professionisti, per oltre 25 milioni di euro. 

Dall’altro, per abbattere le somme dovute dall’impresa all’Erario, erano anche stati utilizzati crediti d’imposta (per attività di ricerca e sviluppo nel 2018 e 2019) non spettanti o inesistenti, per oltre 4 milioni di euro. 

Infine, erano state effettuate compensazioni d’imposta per oltre 650 mila euro sull’inesistente erogazione degli 80 euro mensili del cosiddetto “Bonus Renzi”. In realtà il passivo, evidenziato dalle risultanze contabili analizzate dai commissari, oggi, sembrerebbe davvero molto più consistente (rispetto ai 223 milioni evidenziati nella dichiarazioni di insolvenza del Tribunale di Torino) e pari 380,5 milioni di euro di cui 206 milioni presumibilmente rappresentati da creditori chirografari e 174,5 milioni di euro potenzialmente costituiti da creditori dotati di privilegio.

La fine 

Un calvario cominciato nell’ottobre del 2019 quando Graziano Cimadom annunciò di aver venduto Manital a Igi Investimenti group di Giuseppe Incarnato. Seguì, qualche mese dopo (23 dicembre dello stesso anno) la notizia di una querela per truffa presentata da Cimadom nei confronti di Incarnato, in contemporanea al sequestro delle azioni di Manitalidea. 

Giuseppe Incarnato

I creditori...

Molto lungo l’elenco dei creditori. Chi c’era in aula il 31 gennaio del 2020? 

Per Manitalidea S.p.a. l’ing. Luigi Grosso, amministratore delegato della società, in rappresentanza del consiglio di amministrazione, con l’avv. Francesco Marrocco; – per il Collegio Sindacale della Manitalidea S.p.a. l’avvocato Paolo Fabris, e poi Francesco Massolo e Roberto Musso, sindaci della società; – il dott. Miglia, non costituito, Amministratore giudiziale delle azioni della Manitalidea S.p.a., nominato in seguito al sequestro delle medesime disposto dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Ivrea; – per la Del Giudice Costruzioni S.r.l., l’avv. Iolanda D’Amore con Vincenzo Del Giudice; – per Energy Max Plus S.r.l. l’avv. Roberto Alberto per delega scritta dell’avv. Eliana Amendola, con Stefano Capetti; – per Trepiù S.r.l. e per Corrado Bertello, l’avv. Luca Pecoraro; – per Banca Farmafactoring S.p.a., l’avv. Daniela Carloni e l’avv. Alessia Augelletta; – per Serramenti Alluminio Fey s.r.l., l’avv. Leo Davoli per delega orale dell’avv. Paola Beata Getto e l’avv. Federica Ranieri; – per Gi Group S.p.a., l’avv. Cristiano De Filippi per delega orale dell’avv. Marisa Olga Meroni e l’avv. Paolo Giovanni Barenghi; – per Senatore Vincenzo, Sarli Mario, Tarquini Vincenzo, Rossi Luciana, Bove Vincenza, Salerno Carmela, Galietta Celestino, Pellegrino Francesca, Pisaniello Immacolata, Iennaco Aniello, Di gregorio Marta e De Simone Antonio, l’avv. Maria Grazia Tripodi per delega orale dell’avv. Gerardo Tolino; – per Futuro 2000 s.r.l., l’avv. Elenio Todaro; – per Simply Società Cooperativa, l’avv. Marco Pugliese per delega orale dell’avv. Francesco Scacchi. 

ELENCO DEI CREDITORI: CLICCA QUI

L’altra sentenza 

Con una sentenza del 19 marzo 2021 (pubblicata a maggio del 2021) la Corte di Cassazione, presieduta dal giudice Gastone Andreazza ha rigettato il ricorso per ipotetici reati tributari presentato dall’ex Amministratore di Manitalidea Graziano Cimadom. 

Con lo stesso provvedimento ha però anche dato ragione a Giuseppe Incarnato della IGI Investimenti. I due  avevano puntato il dito contro l’ordinanza del 6 novembre 2020 del Tribunale del riesame di Torino e contro il decreto dei 3 luglio 2020 con il quale il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Ivrea aveva disposto il sequestro preventivo di beni per l’equivalente del presumibile profitto messo in tasca da Graziano Cimadon negli anni di imposta  che vanno dal 2016, al 2019 per circa 18 milioni di euro e da Giuseppe Incarnato per altri 11 milioni e rotti. 

Nell’elenco, per Cimadom, una villa di Burolo, 5 moto sportive, un vigneto a Bollengo, fondi, conti correnti, tra cui uno in Francia, presso la Banque Platine di Chamonix individuato attraverso i canali di cooperazione internazionale. Tra i beni sotto sequestro non c’era il castello di Parella di Ivrea, comprato dalla Manital nel 2011. 

Per Incarnato i giudici di Cassazione han contestato al Tribunale del riesame la mancata valutazione sugli effettivi poteri dell’indagato nei panni di presidente del consiglio di amministrazione di Manitalidea. Privo di deleghe considerando che i poteri di amministrazione e di rappresentanza erano stati attribuiti agli amministratori delegati Umberto Inverso (dal 16 settembre 2019 al 4 novembre 2019) e a Luigi Grosso (dal 4 novembre 2019 al 4 febbraio 2020), data della dichiarazione di insolvenza da parte della sezione fallimentare del Tribunale di Torino. In sostanza a Torino si sarebbe confusa la figura del presidente del consiglio di amministrazione, privo di deleghe, con l’amministratore delegato. Si aggiunge che i beni sequestrati a Incarnato non avrebbero dovuto essere inseriti tra i “profitti”, visto che erano già suoi prima dell’ipotetico reato. 

“La società – scrivevano gli ermellini –   aveva un deficit di bilancio di circa 80.000.000 di euro e non poteva disporre di alcun bene, a causa delle procedure esecutive sul suo patrimonio e per effetto del sequestro preventivo delle quote eseguito il 23 dicembre 2019 dalla Procura di Ivrea.  Anche i conti non presentavano alcun saldo attivo sicchè non vi sarebbe stata alcuna disponibilità finanziaria che avrebbe potuto essere qualificata quale profitto dell’omesso versamento dovuto …”. 

Finita qui? Manco per idea. 

E’ infatti aveva fatto seguito un duro comunicato di IGI Investimenti per annunciare una richiesta di danni allo Stato quantificati in 111 milioni e 519 mila lire. 

La fine 

Un gigante d’argilla cresciuto grazie ai super appalti in ogni parte d’Italia fino ad arrivare a oltre 5mila dipendenti diretti, estesi a 10mila con le consorziate. La parola “fine” su Graziano Cimadom ce l’ha messa la Corte di Cassazione. Ed è la fine per un uomo che a Ivrea, per tanti anni, è stato l’imprenditore che s’era creato da solo. Per tutti, l’unico in cui scorresse nelle vene un po’ di quel sangue che fu di Adriano Olivetti. Illuminato quando elargiva banconote alla Fondazione dello Storico Carnevale. Acculturato quando metteva a disposizione il suo castello  di Parella alla Grande invasione di libri. Mecenate e un po’ editore quando pagava pagine intere di pubblicità sui giornali. Olimpionico con le sponsorizzazioni al Basket di serie A. Umano quando tirava fuori il portafoglio con gaudio e tripudio delle tante associazioni cittadine. S’aggiunge che era pure di sinistra, in una città che è di sinistra fino a prova contraria. Cresciuto a pane e Pci, delegato sindacale della Sip (la vecchia compagnia telefonica di bandiera) la grande intuizione di Cimadom è stata la Manitalidea Spa, leader nella fornitura di servizi di facility management e consulenza gestionale, qualcosa come 10 mila addetti tuttofare specializzati in una marea di servizi, dalle pulizie, al giardinaggio, passando dal facchinaggio, ai trasporti. Non era, a quanto pare, tutto oro quel che luccicava…

Tanto per dare una cifra: nel febbraio 2020, il totale delle passività della società ammontava a 380,5 milioni di euro. Dell’azienda fondata nel 1993, tra le prime ad occuparsi di facility management, è stato fatto uno spezzatino da vendere, bando su bando. Non è così facile, comunque, disfarsi di tutti gli asset. Il futuro lo si conoscerà solo passo dopo passo, bando deserto su bando deserto...

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