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L'ultima email di Burzi è un pugno allo stomaco e in faccia alla Magistratura

L'ultima email di Burzi è un pugno allo stomaco e in faccia alla Magistratura
"Non sono più in grado di tollerare ulteriormente la sofferenza, l'ansia, l'angoscia che in questi anni ho generato oltre che a me stesso anche nelle persone che mi sono più care". Nel giorno dei suoi funerali, è un pugno nello stomaco la mail che Angelo Burzi ha inviato ad alcuni amici la notte di Natale, poco prima di suicidarsi con un colpo di pistola alla tempia. Una sessantina di righe nelle quali l'ex consigliere e assessore regionale, 73 anni, tra i fondatori di Forza Italia in Piemonte, si dice "certo di essere totalmente innocente" e ripercorre dieci anni di processi conclusi con una sentenza "iniqua e politicamente violenta", la condanna a tre anni per peculato nell'ambito della vicenda 'Rimborsopoli' che asseconda le richieste del procuratore generale Giancarlo Avenati Bassi e ribalta quasi completamente il giudizio di primo grado. Arrendersi "non è mai stata una opzione" per chi, liberale di vecchio stampo, ha contribuito a scrivere la storia del centrodestra sotto la Mole. "Frangar non flectar", scrive Burzi, spiegando senza troppi giri di parole, come era nel suo stile, il motivo del gesto estremo: "esprimo la mia protesta più forte interrompendo il gioco, abbandonando il campo in modo definitivo", sottolinea col pensiero rivolto ai suoi cari, la moglie Giovanna e le figlie, e alle conseguenze di quella sentenza, "un possibile nuovo ricorso in Cassazione, che avrà con grande probabilità un esito nuovamente negativo", nonché "la sospensione per la durata della condanna dell'erogazione del vitalizio", con cui "io ci vivo - precisa -, non essendomi nel corso della mia attività politica in alcun modo arricchito". Troppo per "un uomo serio, appassionato di politica, difensore dei diritti civili e soprattutto onesto", come lo ha definito nella chiesa di San Filippo Neri l'ex governatore Roberto Cota, facendo scattare l'applauso delle tante persone presenti che lo conoscevano. "Preferisco dare loro oggi, adesso, una dose di dolore più violenta, ma una tantum… - scrive Burzi parlando dei suoi cari - poi la loro vita potrà ricominciare visto che hanno, contrariamente a me, una larga porzione di futuro davanti a sè, futuro che non voglio danneggiare o mettere a rischio con una inutile mia ulteriore presenza su questo palcoscenico". Le parole più dure della mail - dall'oggetto inequivocabile, "La fine della storia" - Burzi le riserva a chi ha sostenuto l'accusa nei suoi confronti, quello che chiama "l'uomo nero", senza mai nominarlo, "il vero cattivo della storia, il sostituto procuratore che dall'inizio perseguì la sua logica colpevolista, direi politicamente colpevolista". "Essendo persona preparata e colta non si arrese rispetto alle assoluzioni del primo grado, ma appellandosi a sua volta ottenne la condanna nel successivo appello. Ancor più colpevole a mio avviso - sottolinea - perché, conoscendo in dettaglio i fatti che mi riguardano, insistette nelle sue tesi". L'esatto opposto, per l'ex consigliere e assessore, del "ruolo positivo di Silva Bersano di Begey", presidente della Prima sezione Penale morta lo scorso febbraio, "che svolse eccellentemente il suo non semplice ruolo durante il primo grado del processo, leggendo le carte disponibili, sentendo coloro che avevano titolo, distinguendo le spese per la loro inerenza al mandato dei consiglieri, condannando severamente i colpevoli ed assolvendo gli altri, fra i quali io stesso. Insomma facendo il giudice!". "Me ne vado in eccellente forma psichica, abbastanza traballante in quella fisica, certo che questo mio gesto estremo sia l'unica strada da me ancora percorribile... la riduzione e la cessazione futura del danno! Siccome credo in Dio sono anche certo che Lui comprenderà e che quindi non passerò l'eternità tra le fiamme degli inferi", conclude Burzi, consapevole della gravità delle sue accuse: "Chi fosse destinatario di queste parole sappia di essere autorizzato a farne l'uso che crede. Ne posso rispondere solo io, che però non ci sarò più".  La email
Ho vissuto splendidamente sino al compimento del mio 73mo compleanno. Poi, da settembre sono cominciati i problemi… la notizia delle udienze alla fine previste per il processo di appello ed un iniziale mal di schiena. Partiamo da questo e si arriva ad una Pet di fine novembre, ad una biopsia ed a una Tac tutt'altro che positive.
Panorama non certo entusiasmante, ma c'è di peggio. La giustizia è un esempio appunto del «peggio», non trascurando che lo scrivente è certo di essere totalmente innocente nei riguardi delle accuse a lui rivolte. Alla fine del processo di appello, 14 dicembre, ho totalizzato una condanna a tre anni per peculato svolto continuativamente dal 2008 al 2012. I possibili sviluppi stanno in un possibile nuovo ricorso in Cassazione , che avrà con grande probabilità un esito nuovamente negativo .
E qui iniziano i problemi seri perché interverrà la sospensione del vitalizio per la durata della condanna. Probabilmente si sarà fatta nel frattempo nuovamente viva la Corte dei conti pretendendo le conseguenze del danno di immagine da me provocato . Credo tutto ciò sia soggettivamente insostenibile, banalmente perché col Vitalizio io ci vivo, non essendomi nel corso della mia attività politica in alcun modo arricchito, e sostanzialmente perché non sono più in grado di tollerare ulteriormente la sofferenza, l'ansia, l'angoscia che in questi anni ho generato oltre che a me stesso anche attorno a me nelle persone che mi sono più care, mia moglie, le mie figlie, i miei amici. Preferisco dare loro oggi, adesso, una dose di dolore più violenta, ma una tantum… poi la loro vita potrà ricominciare visto che hanno, contrariamente a me, una larga porzione di futuro davanti a sé, futuro che non voglio danneggiare o mettere a rischio con una inutile mia ulteriore presenza su questo palcoscenico. Siccome arrendermi non è mai stata un'opzione, frangar non flectar, esprimo la mia protesta più forte interrompendo il gioco, abbandonando il campo in modo definitivo.
Serve anche fare un non esaustivo elenco dei personaggi che maggiormente hanno contraddistinto in maniera negativa questo mia vicenda in quasi dieci anni. Dapprima i giudici del primo processo d'appello, i quali, con una sentenza che definire iniqua e politicamente violenta è molto poco, azzerarono la sentenza di primo grado che mi vide assolto per insussistenza del fatto dopo due anni di dibattimento in aula. Poi l'uomo nero, il vero cattivo della storia, il sostituto procuratore che dall'inizio perseguì la sua logica colpevolista, direi politicamente colpevolista, Essendo persona preparata e colta non si arrese rispetto alle assoluzioni del primo grado, ma appellandosi a sua volta ottenne la condanna nel successivo appello. Ancor più colpevole a mio avviso perché, conoscendo in dettaglio i fatti che mi riguardano, insistette nelle sue tesi. Infine trionfò pochi giorni fa con le decisioni della Cassazione. In questo caso con il contributo significativo del presidente e relatore della Corte , le cui motivazioni non sono ancora note , ma è evidente che ci ha messo molto del suo . Desidero infine che il mio abbandono non sia in alcun modo connesso con il Natale . Spero però sia di esplicita condanna per coloro che ne sono stati concausa e di memoria per coloro che, leggendo queste poche righe, le potessero condividere. Importante anche non dimenticare il ruolo positivo della Presidente Bersano di Begey che svolse eccellentemente il suo non semplice ruolo durante il primo grado del processo, leggendo le carte disponibili, sentendo coloro che avevano titolo, distinguendo le spese per la loro inerenza al mandato dei consiglieri, condannando severamente i colpevoli ed assolvendo gli altri, fra i quali io stesso. Insomma facendo il giudice!
Me ne vado in eccellente forma psichica, abbastanza traballante in quella fisica, certo che questo mio gesto estremo sia l'unica strada da me ancora percorribile… la riduzione e la cessazione futura del danno!
Siccome credo in Dio sono anche certo che Lui comprenderà e che quindi non passerò l'eternità tra le fiamme degli inferi.
Con sincerità. —
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