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13 Marzo 2017 - 13:52
Bruno Caccia
Esponenti della famiglia di 'ndrangheta Belfiore "entrarono nel suo ufficio per convincerlo ad aggiustare processi e indagini, ma lui gli urlò addosso e gli sbatté la porta in faccia" e loro "lo uccisero proprio per la rabbia di essere stati cacciati così, lo uccisero perché era inavvicinabile e incorruttibile". Così il pentito Domenico Agresta ha ricostruito, testimoniando nel processo milanese a carico di Rocco Schirripa, il movente dell'omicidio del procuratore di Torino Bruno Caccia del 1983.
Rispondendo alle domande del pm della Dda di Milano Marcello Tatangelo, davanti alla Corte d'Assise, Agresta ("la mia famiglia ha sempre fatto parte della 'ndrangheta", ha detto) ha confermato anche quanto già detto a verbale nei mesi scorsi, ossia di aver saputo in carcere che ad ammazzare Caccia furono Rocco Schirripa (imputato) e Francesco D'Onofrio, ex militante di Prima Linea, ritenuto vicino alla 'ndrangheta e da poco indagato anche lui come esecutore dell'omicidio. I due assieme, secondo Agresta, "hanno commesso tanti omicidi".
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