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21 Settembre 2016 - 11:29
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Ha preso il suo cestino, ha salutato le amichette sedute al tavolo della mensa ed è andata a mangiare da sola in un altro locale della scuola. 'Umiliata e piangendo', ha raccontato poi la madre che ha denunciato che la figlia sarebbe stata costretta ad allontanarsi dalla mensa perché si era portata il pasto da casa. Il caso è arrivato a livello istituzionale, nella guerra della 'schiscetta', il braccio di ferro tra genitori e scuole su cosa devono mangiare i figli a pranzo.
"Il Comune chiesa scusa", è stato il duro commento oggi dell'assessore all'Istruzione della Regione Lombardia Valentina Aprea. "L'ordinanza del tribunale di Torino del 9 settembre con cui è stato riconosciuto il diritto di consumare un pasto portato da casa - ha aggiunto - non vale solo per le 58 famiglie che hanno intrapreso l'azione legale avverso il ministero a Torino, ma per tutte le famiglie che dovessero decidere di non avvalersi più del servizio mensa". Ma l'opinione del Comune di Milano è diametralmente opposta. "L'ordinanza del tribunale di Torino non è resa nell'ambito di un giudizio a cognizione piena, quindi non ha l'efficacia di una sentenza passata in giudicato, comunque valida solo per i ricorrenti - replica il vice sindaco e assessore all'Educazione del Comune di Milano Anna Scavuzzo - Insomma, nessuno a Milano può pretendere di consumare un qualsiasi pasto portato da casa all'interno dei locali adibiti alla refezione scolastica".
Mentre il Codacons continua a diffondere foto che verrebbero scattate davanti alle scuole per documentare bidoni dei rifiuti carichi di cibo ancora imbustato e buttato via dalle mense, nel torinese è scoppiato un altro caso. Alla scuola media di San Carlo Canavese, un gruppo di una decina di famiglie (per un totale di 18 alunni su 125) ha fatto sapere alla dirigenza scolastica di voler rinunciare al pasto fornito dalla mensa, sostituendolo con quello preparato a casa, come previsto dalla recente sentenza del tribunale di Torino che, respingendo il reclamo del Miur, ha di fatto sancito il cosiddetto 'diritto al panino'. "E' nostro diritto poter scegliere - spiegano i genitori - non si tratta di una questione economica. Alla scuola del paese non c'è una cucina e i cibi confezionati arrivano quasi sempre poco freschi". Il Comune, che gestisce il servizio, ha negato alle famiglie la possibilità di consumare in mensa il cibo preparato a casa. Da qui l'idea dei genitori, se non si troverà una soluzione, di mandare i figli al ristorante, sulla piazza della scuola.
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