Il colpo di scena nel caso Fonsai arriva di buon mattino, quando i legali di Jonella Ligresti - che è ancora detenuta - depositano nelle cancellerie del Palazzo di Giustizia di Torino la loro proposta: farla uscire dal processo, come la sorella Giulia, patteggiando tre anni e quattro mesi di reclusione. Ed è un altro punto a favore dei pubblici ministeri Vittorio Nessi e Marco Gianoglio, le cui indagini hanno alzato un velo sui giochi di potere che hanno accompagnato la vita della compagnia. Magistrati e guardia di finanza si sono chiesti, per esempio, se l'"operazione di pulizia" dei bilanci di Fonsai fatta da Piergiorgio Peluso, figlio del ministro Annamaria Cancellieri ("non sono mai entrata nel suo lavoro", ha detto la Guardasigilli), direttore generale per circa un anno, avesse anche l'obiettivo di spianare il terreno alla fusione con Unipol e alla cacciata dei Ligresti. Quei Ligresti che, secondo l'accusa, avevano spolpato la compagnia intascando illecitamente oltre 200 milioni di dividendi e prendendosi benefit principeschi. Luciano Gallo Modena, responsabile di logistica e sicurezza, ha raccontato ai pm del noleggio di un elicottero accessoriato secondo i desiderata di Paolo Gioacchino Ligresti: due milioni di euro per 400 ore all'anno, "un tempo assolutamente sproporzionato ove si pensi che un pilota ha un monte ore di 100/150 ore". Alberto Nagel, amministratore delegato di Mediobanca, lo disse a chiare lettere quando venne interrogato: "eravamo preoccupati per il nostro credito di 1,1 miliardi" e "la nostra opinione era che la soluzione migliore per la compagnia era la gestione di un gruppo di settore e non di un gruppo familiare". I finanzieri hanno vagliato a lungo la tesi di Giulia Ligresti secondo la quale il bilancio Fonsai fu "indebolito" ad arte per "favorire altri soggetti". Ma non hanno trovato l'ombra di un reato. I numerosi indagati sono stati intercettati per mesi mentre si scambiavano opinioni e confidenze. Si adombrano interventi della massoneria. Emergono le preoccupazioni per l'inchiesta della procura di Milano sull'Isvap, che per anni avrebbe chiuso un occhio sulle irregolarità di Fonsai ("Ci rimaniamo tutti, in questo casino"). Si convincono, chissà perché, che il pm Luigi Orsi "voglia puntare su Arcore". Si raccontano che ancora nel 2012 Salvatore Ligresti teneva i contatti con il presidente dell'istituto, Giancarlo Giannini (indagato di corruzione), e lo rassicurava: vedrai che ti riconfermano, ho parlato con Letta (nelle carte non è precisato se Gianni o Enrico, ma palazzo Chigi ha fatto sapere che il premier "non ha mai parlato con Salvatore Ligresti in vita sua"). Molte verità sono forse contenute nei diari (tenuti dal 2008 al 2012) che le Fiamme Gialle hanno sequestrato a un alto dirigente Isvap, Flavia Mazzarella. "Nessuno meglio di me ha visto tutto": le parole, finite tra le maglie delle intercettazioni, sono di Alberto Alderisio, uomo di fiducia di Salvatore Ligresti ("dopo 'Mani pulite' l'ingegnere era isolato, grazie alla mia attività di pubbliche relazioni riprese la sua notorietà"). Ma quando il pm Gianoglio lo interroga, si schermisce: "Quella frase? era solo aria fritta".
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