BOLOGNA. Salute: infezione pacemaker, costa a Ssn 50mila a paziente
19 Febbraio 2015 - 18:01
sanità
Pacemaker e defibrillatori sono strumenti che da decine di anni permettono ai pazienti con problemi cardiaci di condurre una vita pressoché normale. Strumenti straordinari che purtroppo nascondono delle insidie: le infezioni. Un rischio per i pazienti e per la loro qualità di vita. E una spesa importante per il Sistema sanitario: ogni infezione, infatti, arriva a costare fino a 50mila euro a paziente. Anche di questo si è parlato al Convegno internazionale su fibrillazione atriale e infarto, oggi e domani a Bologna. Quelle dei dispositivi cardiaci elettronici impiantabili (Cied) sono infezioni molto pericolose, anche letali, soprattutto per i pazienti più a rischio (con diabete, insufficienza renale, età avanzata). Ma ora è disponibile una possibile soluzione: un involucro antibatterico riassorbibile in nove settimane all'interno del quale vengono inseriti i Cied e che rilascia antibiotico in modo costante per circa sette giorni. Questa retina, sviluppata negli Stati Uniti e da poco anche in Italia, è in grado di ridurre fin del 90% le infezioni con dei possibili risparmi per il sistema sanitario nazionale. "E' un costo per la sanità importante - ha spiegato Alessandro Capucci, direttore della Clinica di cardiologia Università politecnica delle Marche - legato al numero di ospedalizzazioni, perché ogni volta che viene ospedalizzato un paziente, il costo medio è di almeno 20-30mila euro, considerando che il tempo di ospedalizzazione è intorno ai 15 giorni in media". "In Italia circa 90mila pazienti l'anno vengono impiantati con un Cied - ha ricordato Giuseppe Boriani, del dipartimento Cardiovascolare dell'ospedale Sant'Orsola-Malpighi di Bologna - e una quota di questi, 4-5mila, può aver un'infezione". Si tratta comunque solo di stime, e probabilmente i numeri sono ancora più alti, "perché purtroppo in Italia non esiste un registro delle infezioni legate all'impianto dei dispositivi", ha spiegato Gian Luca Botto, dell'ospedale Sant'Anna di Como e presidente dell'Associazione italiana di aritmiologia e cardiostimolazione (Aiac). Basandoci sui soli dati disponibili - cioè quelli dell'attività dei centri che eseguono gli espianti dei cateteri infetti - "le infezioni vanno a tre anni attorno al 5% dei soggetti impiantati". Secondo Luigi Padeletti, direttore della cattedra in Cardiologia all'Università di Firenze e già presidente Aiac, "qualunque sia la strategia adottata, anche la più rigorosa nella gestione della sala e nella preparazione del paziente, quindi nella disinfezione prima, durante e dopo e anche con antibiotici, resta sempre uno zoccolo duro di pazienti che andrà incontro a infezioni". Per il professore l'uso della retina può essere dunque un importante "passo avanti".
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