Si è appena conclusa il 23 lugli una importante cerimonia ad Issime per celebrare il 78° della battaglia del Lys ed un’altra si è tenuta a Tour d’Hereraz il 25 per ricordare il sacrificio di Gino Pistoni. Subito dopo vi è un’altra ricorrenza che per Ivrea è molto significativa: fra le tante date che commemorano l’epopea resistenziale in Ivrea e Canavese, spicca infatti il giorno in cui si compì il martirio del Partigiano Ferruccio Nazionale, che ebbe il suo tragico epilogo proprio il 29 nella piazza del Municipio di Ivrea, a Lui poi intitolata. Lo ricorderemo ad Ivrea il pomeriggio di venerdì 29 luglio 2022, alle ore 18, con una breve e raccolta cerimonia che si svolgerà nel luogo stesso del martirio, Piazza Ferruccio Nazionale, o del Municipio. La deposizione di un mazzo di fiori accanto alla lapide, la lettura di una testimonianza sull’episodio ed un canto concluderanno il ricordo. Alla cerimonia sono stati invitati il Sindaco e gli Amministratori comunali di Ivrea. Ad Ivrea il partigiano Nazionale fu sommariamente giustiziato il 29 luglio tramite impiccagione nella piazza del municipio. Il corpo, lasciato appeso con cartello al collo divenuto tristemente famoso per una foto scattata da un marò (vedi foto), sarebbe dovuto rimanere appeso quale monito per la popolazione, che venne raggruppata e fatta sfilare davanti al suo cadavere. Secondo le testimonianze di alcuni partigiani (raccolte però successivamente ai fatti), al momento dell'impiccagione Nazionale era praticamente già morto a causa delle torture subìte da parte dei marò della compagnia "O", generalmente ritenuta la più violenta della Decima, e, sempre secondo queste testimonianze, nell'ambito delle torture gli sarebbe anche stata mozzata la lingua. Ecco come la staffetta Carla Valè descrive l’impiccagione:“… Scendo per via Arduino, per portarmi in piazza Botta dove passa la corriera per Donato. Ma arrivata in piazza di città, mi attende un altro difficile momento. Squadristi della San Marco mi prendono, con un’altra cinquantina di persone, facendomi addossare al muro della chiesa di S. Ulderico, mi spianano il mitra sul petto e mi ordinano di non muovermi. Ci guardiamo tutti terrorizzati, non sappiamo cosa ci aspetta, temiamo una decimazione. Agli altri tre lati della piazza ci sono tre file di militi fascisti per ogni lato, tutti in assetto di guerra. Dopo alcuni minuti sentiamo cantare Giovinezza. Gli schiamazzi arrivano da via Arduino, sembra che vadano o tornino da una festa. … sono una decina di squadristi su un furgoncino, e su di esso una forca di legno grezzo. […] A metà piazza, spostato un po’ verso sinistra, fermano il furgoncino, scendono la forca la preparano e se ne vanno sempre cantando. Dopo qualche momento, arriva, sempre da via Arduino, un secondo furgoncino. Dietro, sul bordo del ribaltabile, c’è un ragazzo: ci passa ad un metro di distanza. Il suo viso è tutto tumefatto. Non ha più sembianze d’uomo. Ha le mani legate dietro. Tiene la testa abbassata sul petto. […] Quando arriva in mezzo alla piazza, fermano il mezzo nel luogo in cui pende il cappio, fanno scendere il povero ragazzo, gli infilano il cappio al collo e lo stringono. Io in quel momento chiudo gli occhi per non vedere quel tragico gesto … il canto di Giovinezza a squarciagola copre il rumore del furgoncino che riparte. Quando li riapro, il poveretto è là appeso che dondola con mano e piedi legati con filo di ferro. Solo allora ci lasciano andare. […] erano le 17.00 circa”.
Da “Quei miei ragazzi” di Carla Valè
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