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Gaza. Cosmo "brucia tutto"!

Brucia tutto non è nato per scalare le classifiche: è nato per essere un atto di rottura. E non solo simbolico. Tutto il ricavato delle vendite sarà devoluto a Medical Aid for Palestinians (MAP), l’organizzazione che da anni porta cure e assistenza sanitaria tra le macerie della Striscia.

Cosmo, al secolo Marco Jacopo Bianchi, nato a Ivrea nel 1982, ha pubblicato un nuovo brano, si intitolaBrucia tutto. Lunedì 30 settembre l’artista ha affidato a Instagram l’annuncio, raccontando senza mezzi termini il senso di questa uscita che considera un gesto politico e non una semplice scelta musicale. «Ho scritto una canzone perché è quello che so fare. È un inno alla lotta. E in questa lotta voglio fare la mia parte e infondere energia. In questo momento lo sento necessario», commenta. Parole dirette, che danno subito il tono: questa volta non si tratta di un singolo da consumare nelle playlist, ma di un atto civile.

La canzone nasce come risposta all’orrore dei bombardamenti a Gaza e in Palestina. «Se il diritto internazionale viene calpestato e un intero popolo massacrato senza che nessuno prenda iniziative serie contro il colpevole, cosa succede? Succede che non c’è più un limite». Da qui il titolo Brucia tutto, che non è metafora artistica, ma dichiarazione di guerra all’indifferenza. Per questo il brano non si trova sulle piattaforme di streaming: niente Spotify, niente Apple Music. Solo Bandcamp e YouTube, «perché non voglio finisca decontestualizzata da algoritmi e playlist». «Questo non è un singolo, questo è un urlo in faccia all’ipocrisia e all’orrore», aggiunge.

Tutto il ricavato sarà devoluto a Medical Aid for Palestinians (MAP), l’organizzazione che da anni fornisce assistenza sanitaria nella Striscia di Gaza.

Non è la prima volta che Cosmo intreccia musica e impegno. Negli ultimi mesi ha partecipato in prima linea a iniziative di solidarietà e protesta. Il 5 settembre è stato protagonista di “Urlo per Gaza” davanti ai cancelli dell’ex fabbrica GKN di Campi Bisenzio, insieme al collettivo Ivreatronic. Un dj set diventato presidio politico, dove casse, luci ed elettronica si sono mescolate alle bandiere e agli slogan. Alle 22 la musica si è fermata per un minuto di silenzio: un “urlo muto” dedicato alla Global Sumud Flotilla e alle vittime palestinesi. Pochi giorni prima, a Firenze, aveva preso parte a un flash mob in Piazza Dalmazia con lo stesso obiettivo: non lasciare che la guerra venisse rimossa dal dibattito pubblico.

Sui social usa parole durissime: «genocidio sotto gli occhi del mondo», «apartheid», «pulizia etnica», «complicità internazionali». Ha chiesto il boicottaggio delle aziende che traggono profitto dalla guerra e ha ribadito: «Esporsi è un dovere, altrimenti si è corresponsabili». Dichiarazioni nette, che hanno fatto discutere, ma che lo hanno collocato in una posizione chiara di chi non vuole restare neutrale.

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Il suo impegno per la Palestina ha radici più lontane. Al Concertone del Primo Maggio aveva già sventolato bandiere palestinesi sul palco, r usando la visibilità per dire che la musica può e deve sporcarsi con la realtà. Lo stesso accade nei suoi concerti, che non sono mai soltanto spettacoli: luci, suoni, corpi diventano parte di un rito collettivo. Perché per Cosmo la musica non è evasione, ma sostanza. Non intrattenimento, ma energia che lega.

E qui sta anche la cifra del suo percorso artistico. Cosmo ha studiato filosofia, ha insegnato lettere, poi ha scelto la musica. Prima con i Drink to Me, band indie rock che lo ha formato nella scrittura collettiva e nell’esperienza live, poi con il progetto solista che lo ha reso uno dei nomi più originali della scena italiana. Da Disordine(2013) a L’ultima festa (2016), dal doppio album Cosmotronic (2018) a La terza estate dell’amore (2021), fino a Sulle ali del cavallo bianco (2024), il suo percorso è stato quello di un artista “antipop”: popolare ma allergico alle regole del mercato, capace di unire cantautorato ed elettronica, intimità e beat da club.

Attorno a lui si è formato anche il collettivo Ivreatronic, una fucina di suoni e idee nata nella sua città, che ha fatto dell’elettronica uno strumento di sperimentazione e partecipazione. Non a caso, quando c’è stata da portare la musica dentro le lotte della GKN, Cosmo lo ha fatto insieme al collettivo: perché per lui non esiste un io senza un noi. Nel documentario Antipop (2023) si racconta proprio questo: il legame con la provincia, le radici che non ha mai rinnegato, la volontà di restare parte di una comunità anche quando il successo lo portava lontano.

Con Brucia tutto questa traiettoria trova un nuovo punto di arrivo. Non è un brano pensato per il mercato, ma per la coscienza. Non consola, non alleggerisce, ma scuote. È il frutto di mesi di presidi, di flash mob, di parole gridate e scritte. È la traduzione musicale di un impegno civile che si è fatto sempre più esplicito. E in un’Italia spesso distratta, Cosmo sceglie ancora una volta la via più difficile: quella di esporsi, di prendere posizione, di bruciare le comode ambiguità.

«Restare in silenzio non è un’opzione», scrive. E forse è proprio questa la chiave: in un tempo di silenzi assordanti, la sua voce non si limita a cantare, ma pretende di essere ascoltata. Brucia tutto è un urlo che viene da Ivrea e parla al mondo.

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