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Ivrea - Speciale Carnevale
10 Febbraio 2023 - 19:41
È venerdì sera, ma a Ivrea non si tratta di una serata qualunque né di un fine settimana qualunque. È venerdì 3 febbraio, e mancano poco più di un paio di settimane alla battaglia delle arance, culmine del Carnevale storico della Città, evento ormai famoso a livello nazionale. Che manchi così poco non lo si capisce solo consultando il calendario.
Lo si percepisce percorrendo le vie centrali della Città e gettando uno sguardo ai piazzali ariosi che caratterizzano il paesaggio urbano eporediese. Tutto è addobbato a festa, coi colori delle nove squadre di Aranceri. Tutte le squadre, stasera, hanno organizzato una festa nelle loro sedi.
Entriamo nella sede negli Arduini, in pieno centro storico. La serata che hanno organizzato deve ancora cominciare, sono solo le nove meno un quarto, e quindi la sede è per ora animata solo dai membri della squadra. C'è un viavai incredibile, e tra chi esce e chi entra riusciamo a beccare Giancarlo, un signore che, nonostante i suoi 70 anni, non ha perso la passione per il Carnevale e la voglia di far festa.
"Non c'è più la battaglia di una volta..."
"La nostra squadra nasce con questo nome perché i primi ragazzi che avevano fondato la squadra vivevano in via Arduino. Scegliemmo anche come simbolo quello della Città di Ivrea. In più, noi siamo l'unica squadra nata anche grazie ai bambini, uno dei nostri fondatori aveva dieci anni" spiega Giancarlo, che sulla storia della sua squadra è un fiume in piena.
Ne conosce nei minimi dettagli la storia. Noi lo ascoltiamo, ma poi preferiamo chiedergli qualche dettaglio in più. "Ho iniziato a fare il Carnevale di Ivrea a tredici anni - ci racconta - quindi sono ormai cinquantasette anni che lo faccio". Ed ecco che arriva la fatidica domanda: "Quante arance ha preso in più di mezzo secolo?".
Giancarlo ci racconta la sua passione per il Carnevale
"Beh - sorride - per prenderne ne ho prese tante... oggi però lascio che tirino i giovani, ne prendo poche! Questa battaglia deve essere fatta da dei ragazzi giovani". Insomma, "sono i ragazzi dai venti ai quarant'anni che le tirano, poi c'è qualche fenomeno che anche a sessanta le tira, dipende dal fisico!".
Se poi dovesse raccontare quali sono gli ingredienti per tirare meglio le arance, Giancarlo avrebbe le idee chiare: "Ci vuole una potenza nel tiro, e poi anche la mira... Nella nostra squadra avevamo tre o quattro lanciatori che tirano benissimo. Oggi però il vero arancere si vede poco, c'è troppa gente sotto ai carri, ormai possiamo chiamarla 'sagra dell'arancia' e non battaglia...".
Gli Arduini
Cosa ben diversa da chi sta sul carro: quelli dodici erano e dodici sono rimasti. "Anche se ad oggi non sono magari neanche dei più forti. Una volta erano agricoltori, macellai e muratori, e li sentivi! E infatti quando arrivavi a casa la sera ti sentivi i bernoccoli in testa. Nel giro di cinquant'anni, poi, questa battaglia è radicalmente cambiata".
Salutiamo Giancarlo e tutti gli aranceri presenti in sede. Sono tutti estasiati, e l'aria che si respira è qualcosa di difficilmente raccontabile. Ci allontaniamo dal centro: a un quarto d'ora a piedi, in corso Vercelli, i ragazzi e le ragazze della Pantera Nera, altra squadra di aranceri, hanno già cominciato a fare festa da un pezzo.
"Il nostro nome deriva dall'attenzione che abbiamo per il momento della battaglia"
La loro sede è stracolma di persone che vanno e vengono. Individuiamo Giulio, 26 anni, e gli facciamo qualche domanda. Assieme a lui c'è Mario, un anno più piccolo. "In questi giorni c'è un po' di ansia - dice Giulio - ma siamo molto gasati e non vediamo l'ora che arrivi il Carnevale".
Anche perché a Carnevale varrà pure ogni scherzo, ma per questi ragazzi si tratta di qualcosa di estremamente serio: "Il nostro nome rappresenta gli ideali della squadra. Negli anni '60, quando la squadra nacque, serviva un nome che sottolineasse l'aggressività e l'attenzione verso la battaglia, verso il suo versante fisico: si scelse quindi il nome Pantera".
La Città è addobbata a festa
In sostanza, ci raccontano i due, la squadra si distingue per il fatto di essere molto focalizzata sulla battaglia in sé, ancora più che sulle attività di corredo. "Anche se quest'anno stiamo recuperando - dicono i due - a feste siamo messi molto bene... vogliamo sperimentare l'idea di fare festa tutte le sere: partiamo da giovedì grasso, poi venerdì, sabato, domenica e lunedì".
L'intervista con Giulio e Mario
Cinque serate di fila insomma; ci vuole il physique du rôle giusto. Chiediamo a Giulio e a Mario un'ultima battuta prima di farli ritornare alla loro serata: cos'è, per loro, il Carnevale? "Beh, le emozioni della battaglia e l'adrenalina che ne scaturisce, misto al folklore, sono tutti ingredienti che fanno tornare in voga lo spirito dell'eporediese" spiega Mario.
"Aggiungerei - è il commento di Giulio - anche il bel clima di coesione che si crea, si conoscono tante persone, ci si fa nuovi amici, si conoscono tante ragazze... anche se io sono fidanzato!" sorride. Ci si lascia con una stretta di mano e pochi secondi dopo i due ragazzi sono già tornati a fare festa.
"Ho 27 anni e ho partecipato a 27 Carnevali"
Torniamo verso il centro. Per la precisione in via Quattro Martiri, nella sede degli Scacchi. Qui incontriamo Alice, anche lei giovanissima. Sta dietro al bancone che si affolla di ragazzi e ragazze che sono lì per prendere un drink. Le rubiamo cinque minuti per chiedere anche a lei di raccontarci il suo Carnevale.
"Ho 27 anni e nella mia vita ho partecipato a 27 Carnevali". Una frase che vale più di un'intera intervista per far capire cosa c'è dietro a questo evento. "C'è addirittura chi si tatua la propria squadra, come me!" esclama Alice, "ma non sono l'unica, fidati...". Insomma, dei veri e propri "ultras" del Carnevale.
Alice Barbagallo
"Sono nata qui - prosegue Alice -: mio papà era negli Scacchi fin da quando era giovane. Qualche anno fa sono entrata nel Direttivo e così ad oggi mi occupo di organizzare tutte le feste".
Dietro al Carnevale, ci spiega ancora Alice, ci sono cinque mesi di lavoro. Si parte già da settembre con le riunioni settimanali, fino ad arrivare ai giorni del tiro. Le uniche regole da seguire? "Divertirsi, fare festa e...farsi male!". QUest'ultima regola, sia chiara, vale solo per i giorni di tiro! E infatti Alice ci avverte sorridendo: "Mi raccomando, mettetevi il berretto frigio se no siete bersagli facili!".
Insomma, qui la tradizione è ancora viva e vegeta, e pare pure in buona salute. Il suo futuro è nella follia carnevalesca di questi ragazzi.
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