Tanti tunisini si rivolgevano a lui per raggiungere l'Europa con documenti e certificati, spesso falsi. E tra loro c'è anche chi è sospettato di avere legami col radicalismo islamico. Walid Fanni, 40 anni, referente dell'Associazione studenti tunisini in Italia, è stato espulso dall'Italia con l'accusa di essere a capo di una organizzazione criminale dedita al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. In attesa di espulsione anche un altro suo connazionale, le perquisizioni della Digos di Torino hanno permesso di sequestrare, con numerosi documenti, la stampante che li produceva. L'uomo era trattenuto dallo scorso agosto al Cpr di Torino, il Centro di permanenza per il rimpatrio di corso Brunelleschi teatro nelle ultime settimane di violente proteste da parte degli ospiti. Al centro dell'inchiesta coordinata dalla Procura di Torino, ufficialmente Walid dava consigli, anche tramite un canale YouTube dove postava video da migliaia di visualizzazioni, per sbrigare le faccende burocratiche legate alle richieste di permesso di soggiorno. In realtà forniva documenti d'identità, passaporti, certificati universitari contraffatti. Carte che gli investigatori della Digos hanno trovato nelle abitazioni degli altri indagati, quattro tunisini e un italiano, nei cui confronti vengono ipotizzati i reati di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e falso. Le indagini della Questura di Torino hanno preso il via a fine 2017: il nome di Walid - ben inserito nella realtà torinese tanto da avere rapporti con enti e istituzioni per via della sua attività di volontariato - tornava spesso nelle conversazioni, intercettate dagli inquirenti, di alcuni soggetti tenuti sotto controllo per presunti legami con gruppi fondamentalisti islamici. Tra questi anche un tunisino sospettato di essere vicino a gruppi terroristici, che ha raggiunto la Francia passando per i sentieri boschivi di Ventimiglia, in Liguria, con l'aiuto di alcuni passeur contattati dallo stesso Walid. Quello del tunisino espulso è un nome che ritorna anche sui documenti presentati da diversi connazionali negli uffici della Questura. Tutti, nelle richieste di permesso di soggiorno, indicavano il suo appartamento nel popolare quartiere torinese di Barriera di Milano come domicilio fittizio.
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