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Il diario del tenente Robin

Il diario del tenente Robin
“Il Diario del tenente Robin” è il titolo del libro scritto dal giornalista Guido Novaria che ripropone la storia militare e partigiana del suocero, Roberto Genesi, che la annotò su un quadernetto dalla copertina di cartoncino marrone scuro con su scritto R.G. saltato fuori durante i lavori di pulizia di un solaio. Genesi,originario di Cuorgnè, classe 1922, fu prima ufficiale di complemento d’artiglieria alpina del Regio esercito e dopo comandante partigiano.“Un periodo della sua vita di cui non aveva mai voluto parlare – ricorda l’autore -  atteggiamento comune a tanti suoi commilitoni, scegliendo quella “strada del silenzio” che inizia il 25 aprile del 1945, giorno in cui il suo gruppo partigiano sfila in una Cuorgnè scesa in strada per festeggiare la fine della guerra e la definitiva capitolazione del regime fascista”. Il ritrovamento inaspettato di quel diario permette di ricostruire un periodo molto importante della vita di questo giovanissimo ufficiale canavesano che, dopo l’8 settembre del ’43, decide di salire in montagna per aggregarsi ai ribelli, dopo aver combattuto con il 28° Reggimento artiglieria della Divisione Livorno a fianco dei tedeschi, per contrastare gli alleati sbarcati in Sicilia, il 10 luglio del 1943. Le montagne del Gran Paradiso fanno da sfondo alle vicende partigiane di quello che per la Divisione VI GL, guidata da comandante Gino Viano (Bellandy),  era diventato per tutti il “tenente Robin” . E ai piedi delle Levanne, mentre la battaglia di Ceresole nell’agosto 1944 è all’epilogo, due amici che la guerra civile sembrava aver diviso, si ritrovano per ricordare i giorni passati, ma soprattutto per parlare del futuro dell’Italia. “Un’avvertenza: tutti i personaggi principali del racconto sono realmente esistiti, così come riportato nel diario ritrovato. Alcune figure sono di pura fantasia, come del resto certi episodi inseriti del racconto, ma cercando sempre di rispettare la sequenza temporale che spesso nel diario originale non si trova. Non devono stupire, infine, i lunghi periodi d’intervallo fra alcune date, segno che il nostro tenente Robin, preferiva non affidare al diario i suoi pensieri” conclude Novaria. La storia siamo ancora e sempre noi E’ il titolo dell’introduzione del volumetto scritta dallo storico torinese Nicola Adduci. Dalle pagine del diario ritrovato “riemerge un temp dla guèra” raccontato a maglie larghe, attraverso flash narrativi scarni ma sufficienti ad illuminare in una sequenza di attimi i desideri, le speranze e infine le scelte del giovane Roberto Genesi di Cuorgnè, classe 1922.  A questi suoi appunti - scritti più per sé che per gli altri – Guido Novaria intreccia una narrazione asciutta che inizia proprio dalla vigilia del dramma collettivo nazionale che sta per sconvolgere ciò che resta di una quotidianità a cui tutti sembrano ancora aggrapparsi dopo due anni e mezzo di conflitto - annota Adduci - Non è un caso se proprio nelle prime pagine troviamo citato il Leon d’oro, una trattoria, simbolo di quei tanti luoghi della sociabilità informale in cui un’ampia fetta della gioventù si rifugia anche in quei momenti, sia per sperimentare un tempo libero separato dalla famiglia e dagli adulti, sia per appartarsi dal fascismo che da anni cerca di imporre invece i propri luoghi di ritrovo (si pensi alla Casa del fascio o ai gruppi rionali) i propri modelli di comportamento, di pensiero e di divertimento. E per Genesi c’è anche un aspetto in più, una sorta di “dissidio interiore”, dato che la figura paterna coincide con uno dei principali gerarchi di Cuorgnè”.   La macrostoria Ancora Adduci “L’incalzare della guerra, la cartolina precetto per la naja e il corso allievi ufficiali seguiti dal brusco stacco nella narrazione con un nuovo flash in cui ritroviamo il tenente Genesi a fronteggiare, insieme ai tedeschi, lo sbarco alleato in Sicilia e poi in rapida successione il 25 luglio e l’armistizio dell’8 settembre sembrano suggerire un’accelerazione improvvisa nella percezione degli eventi che le pagine del diario - così come la narrazione di Novaria – ben documentano. Da questo momento la storia individuale del tenente Genesi confluisce nella fiumana della macrostoria e il tempo sembra – ancora una volta – viaggiare veloce. Quell’ufficiale di un Regio esercito che non esiste più, mentre ripiega verso nord diventa sempre più consapevole del fatto che le proprie idee antifasciste si dovranno tramutare in azione concreta. Quando arriva in Piemonte, anche se ancora non lo sa, è già diventato il partigiano Robin, nome di battaglia derivato certamente da un diminutivo di Roberto, il suo nome di battesimo, ma con un sottinteso che non può non rimandare ad un altro più famoso omonimo che ha lottato fieramente contro i soprusi dei potenti ed è stato un grande amante della libertà: Robin Hood”. L’esperienza di guerra partigiana con la VI divisione “Giustizia e Libertà” e l’incontro con un capo carismatico come Bellandy costituiscono certamente uno stimolo di crescita interiore per questo giovane di soli ventidue anni. Tra le montagne della Valle Orco, negli splendidi scenari del Parco del Gran Paradiso, le sue idee di libertà si consolidano e si confrontano inaspettatamente anche con persone di altre nazionalità, come quei numerosi giovani cecoslovacchi – che nell’estate del 1944 riescono a gettar via le divise naziste imposte loro, per unirsi ai partigiani. Siamo ormai entrati nella parte conclusiva: quella della sanguinosa battaglia di Ceresole, dell’agosto 1944, sostenuta dai partigiani giellisti e garibaldini. In quegli scontri vengono coinvolte anche le alte cariche della Repubblica sociale italiana, tra cui il comandante della Decima Mas, Junio Valerio Borghese che resta leggermente ferito, mentre il ministro-segretario del Partito fascista repubblicano, Alessandro Pavolini, è colpito da diversi proiettili e costretto al ricovero in ospedale. Conclude lo storico Adduci: “Ma mentre si è proprio al culmine della lotta, Genesi resta coinvolto in un avvenimento che lo costringe a interrompere il diario. Non lo riprenderà più. Nel dopoguerra, al contrario di molti partigiani, egli non racconterà nulla della propria esperienza, pur non mancando mai ad una commemorazione del 25 aprile a Cuorgnè o ad una bicchierata con il suo ex comandante (e ora amico) Bellandy in occasione di raduni di ex partigiani. Non sappiamo quali siano le ragioni ma ci piace pensare che il suo diario, nato con l’intento di un’autoformazione personale umana e politica si sia concluso nel momento in cui questa si è pienamente realizzata”.   Un tassello della Memoria Il Diario del tenente Robin costituisce un piccolo ma significativo tassello di quella storia della Resistenza canavesana che può contare su tantissime pubblicazioni ma non su un’opera complessiva, organica in grado di raccontare soprattutto alle nuove generazioni il fenomeno resistenziale nella sua complessità  
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