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Chivasso

Si sono dimenticati di nuovo di "Lea", vittima di femminicidio e di mafia...

Il Comune festeggia la giornata contro la violenza sulle donne ma "in agenda" non vi è posto per il ricordo di Lea Garofalo, a cui è dedicato un murales in viale Vigili del Fuoco

Howlers Crew e il murale del 2019 con la dedica a Lea Garofalo: questo è nuovamente accaduto oggi

Lea Garofalo, uno dei simboli della violenza contro le donne e della ribellione a un contesto criminale

Oggi con la memoria sentiamo il bisogno di ripercorrere, seppur con un velo di malinconia, Viale Vigili del Fuoco, lungo il Canale Cavour, per incontrare Lea Garofalo.

Vogliamo farlo con voi, in quest’oasi verdeggiante, dove si trova il celebre murale dipinto dalla urban artist Howlers Crew, su cui vi è una targa, apposta nel 2019 dal Comune di Chivasso. Poche ma significative le parole in onore di Lea: “Un singolo individuo può contribuire in modo sostanziale al rovesciamento di un regime corrotto ed ingiusto attraverso la riappropriazione del proprio diritto alla libertà”.

La Urban Artist Howlers Crew

Chi è Lea? 

Lea è uno dei simboli della violenza contro le donne e della ribellione a un contesto criminale ma Chivasso, per l’ennesima volta, sembra essersene dimenticata: domani, 25 novembre, si celebra la 'Giornata mondiale contro la violenza sulle donne' e non vi è posto per Lea in agenda...

Lea un tempo era una collaboratrice di giustizia, sotto protezione dal 2002 per aver deciso di testimoniare sulle faide di 'ndrangheta tra la sua famiglia e quella dei Cosco a cui apparteneva l’ex compagno Carlo. La sua scelta nell’immediato non portò ad arresti e processi. Lea, sfiduciata, nel 2006 venne esclusa dal programma di protezione, perchè ritenuta “non abile”. Fu così che il 24 novembre 2009, senza scorta, venne barbaramente uccisa a Milano dall’ex compagno malavitoso Carlo Cosco: il suo corpo venne dato alle fiamme per tre giorni, perché di lei non rimanesse alcuna traccia.

La medaglia d’oro al merito civile

Le Garofalo

Dopo la morte le venne attribuita la medaglia d’oro al merito civile per essersi ribellata al contesto criminale in cui era cresciuta: “era nata in una famiglia in cui violenza e illegalità erano i caratteri dominanti e fin da piccola aveva tentato di sottrarsi a questo codice” scrissero i giudici; per aver lasciato il compagno, esponente di una cosca calabrese; per aver cercato di dare alla figlia opportunità diverse; per aver collaborato con le Forze di polizia, rivelando notizie su omicidi ed estorsioni. Sarà il coraggio di un’altra donna – la figlia Denise, testimone al processo contro il padre Carlo Cosco - a consentire di rendere giustizia a Lea. Per il suo omicidio, con l’aggravante della premeditazione, sono stati condannati con sentenza definitiva il 18 dicembre del 2014 all’ergastolo 5 persone. Nel 2015 la sua storia è diventata un film di Marco Tullio Giordana.

Cosa ci spinge a ricordare?

Il punto è che per crescere spesso vi è la necessità di ricordare il passato, far tesoro dell’esperienza e scegliere, di conseguenza, come organizzare il proprio futuro. A volte, come nel caso di Lea, la memoria si fa dolorosa. E’ proprio questo il punto, il ricordo che si fa vivido nel presente e che per un istante ci fa soffrire. Un momento breve ma significativo che rende chiaro quel fatto atroce, visto non solo più come evento ma anche come processo che può rivelare insospettati doni, lezioni di vita utili a sé e agli altri.  

Il giorno della memoria non è una lezione di retorica...

Il giorno della memoria non vuol essere solamente una lezione di “retorica della memoria”, bensì la celebrazione di un passato che, seppur doloroso, è pregno di ideali e Lea Garofalo ne è testimone! Abbiamo tutti la responsabilità delle parole, come quelle poste sulla targa dedicata a Lea dal Comune di Chivasso, una responsabilità che si misura con la credibilità etica, cioè col legame tra la parola e la vita, tra i discorsi e i comportamenti e la coerenza nel voler far riecheggiare ancora, ogni singolo anno, quelle parole.

La mafia dell'indifferenza

La prima mafia – quella su cui s’innestano tutte le altre – è la mafia dell’indifferenza. E’ per questo che il nostro obiettivo oggi, come allora, è quello di salvaguardare il diritto al ricordo di questa grande donna, di assolvere al nostro dovere sociale di fissarlo nella memoria collettiva, continuando a raccontare la sua storia: Lea, vittima di femminicidio, vittima della mafia!

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