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NEW DELHI. La Corte Suprema libera Tomaso e Elisabetta

NEW DELHI. La Corte Suprema libera Tomaso e Elisabetta
E' finito l'incubo di Tomaso Bruno e Elisabetta Boncompagni, i due italiani incarcerati cinque anni fa a Varanasi, in India, con l'accusa di avere ucciso il loro compagno di viaggio Francesco Montis. La sezione n.12 della Corte Suprema indiana ha infatti preannunciato la pubblicazione di una sentenza firmata dal giudice Anil R. Dave, sintetizzandone il contenuto in una ordinanza di poche parole: "Il giudizio dell'Alta Corte (di Allahabad) è messa da parte", di fatto annullato, per cui "gli autori dell'appello siano subito rimessi in libertà". "Che cos'è, uno scherzo?": così Tomaso ed Elisabetta hanno accolto la notizia dell'annullamento del loro ergastolo. "Quando li ho convocati nel mio ufficio per dire che sarebbero stati scarcerati - ha detto all'ANSA il direttore del carcere di Varanasi, Ashish Tiwari - pensavano che scherzassi". Poi, ha aggiunto, "sono stati sopraffatti dalla gioia". Pochi minuti dopo la decisione la madre di Tomaso, Marina Maurizio, ha comunicato la sua "grande gioia", mentre l'ambasciatore d'Italia in India, Daniele Mancini, ha manifestato "grande soddisfazione". Anche il padre di Elisabetta, Romano Boncompagni, ha confessato di essere "felice, quasi senza parole". In una nota il ministero degli Esteri ha "accolto con soddisfazione" la sentenza, ricordando di aver seguito "negli anni con grande attenzione la vicenda mantenendo un costante rapporto di collaborazione e dialogo con le autorità indiane e con le famiglie dei due connazionali". Affinché i due italiani possano lasciare il carcere di Varanasi il direttore dovrà ricevere una copia autenticata dell'ordinanza firmata dalla Corte Suprema. Quindi le autorità giudiziarie dell'Uttar Pradesh dovranno restituire loro i passaporti per il rientro in Italia. Bruno e la Boncompagni furono arrestati a Varanasi nel febbraio 2010 con l'accusa di omicidio dopo la morte di Francesco, che era in viaggio con loro. Per questo reato i due furono condannati in primo grado il 23 luglio 2011, una sentenza confermata dall'Alta Corte di Allahabad il 4 ottobre 2012.
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