Per la scuola l'anno nuovo si è aperto da pochissimi giorni e con l'inizio delle lezioni, come di consueto, sono già arrivate anche le prime, tradizionali polemiche legate al servizio mensa. Questa volta, però, a finire nel mirino di alcune famiglie settimesi, non è stata la qualità dei pasti, né la quantità, ma piuttosto la gestione della finestra temporale legata alla refezione. Attraverso una nota inviata al nostro giornale, diversi genitori hanno infatti sottolineato tutto il loro stupore nell'apprendere alcune disposizioni riportate sul diario dei propri figli. In soldoni, nella comunicazione si legge "che gli alunni potranno andare a casa per pranzo solo in caso di malattia". Da qui la levata di scudi, soprattutto da parte di quella minoranza di famiglie che non aveva iscritto i propri figli al tempo prolungato. "Questa ci giunge nuova e poi non si capisce il modo in cui è stato comunicato. In questi casi pensiamo ci debba essere una circolare ufficiale. Per chi non si può permettere la mensa cosa succede? Gli viene tolto il diritto allo studio?". E da qui via alla solita pioggia di polemiche, illazioni, improperi. Ma a guardar bene, però, alla Vivaldi sembra proprio non esistano classi a tempo normale, quelle da trenta ore settimanali per intenderci, a differenza delle 40 che regolano invece il tempo prolungato. Per un semplice motivo. Nell'istituto mancavano i numeri minimi per allestirle. E allora, non si capisce bene da dove nasca questa polemica, visto che il periodo della refezione scolastica rientra per legge nell’orario legato al tempo prolungato. Il motivo è presto detto. Sembra infatti che, all'atto dell'iscrizione, le famiglie che avevano scelto per i propri figli il tempo normale, siano state informate della cosa. Per loro, quindi, la decisione era semplice. Senza i numeri necessari a formare una classe, o si accetta di aderire al tempo prolungato, oppure si è costretti a cambiare scuola. Per questo, chi ha iscritto i propri figli alla Vivaldi, sarebbe stato informato per tempo della cosa. Ma le famiglie sembrano comunque cascare letteralmente dalle nuvole. Da una parte, dunque, c'è che chi dice che tutto era già stato reso noto per tempo, mentre dall'altra ci sono diversi genitori che sottolineano con stupore di aver appreso quanto sottolineato fino ad ora solo a scuola iniziata, attraverso una comunicazione scritta sul diario dei propri figli. In ogni caso, l'allarme, almeno in parte, sembrerebbe rientrato quasi subito, visto che l'istituto avrebbe già provveduto a dirimere la matassa attraverso una lettera inviata a tutte le famiglie. Una comunicazione che punterà a fare chiarezza sulla vicenda e venire incontro alle esigenze di ogni singola famiglia. Attraverso apposita richiesta all'Ufficio scuola, si potrà infatti ottenere la possibilità di far tornare a casa i propri figli per il pranzo, ma le domande verranno comunque valutate caso per caso dalla dirigenza scolastica, onde evitare che la mensa si trasformi in una sorta di albergo. Dunque, tutto è bene quel che finisce bene? Forse, anche se l'impressione è che tutto ciò finirà col generare un effetto domino tale da coinvolgere non solo coloro che avevano scelto il tempo pieno “per forza”, ma anche molte famiglie che avevano iscritto i propri figli all’orario prolungato e che, per vari motivi, oggi farebbero volentieri a meno di pagare le quote mensa. Il che, a conti fatti, rischierebbe di alimentare ulteriori grattacapi nel prossimo futuro. Ma questo è ancora un altro problema.
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