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20 Maggio 2014 - 12:31
Aveva perso la testa per una prostituta di origine romena. Le aveva aperto la porta di casa, cercando in tutti i modi di portarla via dalla strada. Senza riuscirci. La loro relazione era terminata, nel settembre 2007, con un litigio di fronte alla cava di Feletto, lungo la sp, dove lei "lavorava". Lui, Alessandro Cerone, si era rivolto ai Carabinieri, accusando lei, Maria Vittoria Juan Jan, di avergli strappato di mano il cellulare. Lei, invece, lo aveva denunciato, sostenendo che l'avesse aggredita con un coltello, con l'intenzione di "spaccarla in quattro".
Cerone è così finito imputato, presso il Tribunale di Ivrea, con l'accusa di minaccia aggravata. L'altra settimana, dopo sette anni, il giudice Marianna Tiseo lo ha assolto perchè "il fatto non sussiste". In aula, infatti, non è emersa alcuna prova, come ha riconosciuto anche il Pubblico Ministero Maria Letizia Ferraris. "Non è vero nulla – ha ribadito lo stesso Cerone, l'altra settimana, accettando di sottoporsi all'esame -. Io non le ho mai alzato le mani. Se avessi usato in coltello i Carabinieri lo avrebbero trovato siccome erano arrivati quel giorno sul posto. Li avevo chiamati io per riavere il mio telefono".
Cerone, difeso dall'avvocato Manuel Peretti, ha raccontato per filo e per segno la turbolenta storia. "Ci eravamo conosciuti nel 2003 in un bar – ha raccontato -. Con l'aiuto di mio padre l'avevo tolta dalla strada. Non volevo che facesse quel lavoro. Poi era stata venduta da gente albanese a Verona. Era scappata per tornare da me, a Rivarolo. I Carabinieri l'avevano trovata senza documenti e l'avevamo messa su un volo per la Romania".
Il sogno di costruire una vita insieme si era frantumato, poco a poco. "Dovevo riscuotere una grossa somma dall'assicurazione – ha riferito Cerone -. Lei, in seguito, mi ha detto che stava con me solo per quei soldi. Si era messa d'accordo con gli albanesi per aspettare che venissi risarcito. Quel giorno mi aveva chiamato perchè aveva freddo, voleva un maglione e voleva parlarmi. Mi era stata ritirata la patente ma ero andato lo stesso, pregandola di smetterla: era la mia donna, era molto umiliante per me. Le ho detto che avrei mandato le sue foto alla famiglia per mostrare che vita faceva. Ho evitato un calcio ai testicoli. Poi i Carabinieri, quello stesso giorno, mi hanno sequestrato il mezzo".
"Ha fatto di tutto per rovinarmi – ha terminato Cerone -, ha anche scritto alla mia nuova compagna mentre ero in galera".
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