Prima soci in affari, poi nemici giurati in tribunale dopo una serie di incomprensioni relative a crediti e compravendita. Non c'è stato verso di trovare un accordo. Sfumate le possibilità di “fare pace” e rimettere la querela in cambio di un risarcimento danni, ieri pomeriggio, presso il tribunale di Ivrea, si è concluso il processo scaturito da una denuncia di Fabio Fucà, agente immobiliare ed ex fondatore dell’associazione commercianti di Feletto. Il giudice Ombretta Vanini ha pronunciato la sentenza nei confronti delle tre persone che, nel corso del 2013, lo avrebbero minacciato e insultato pur di ottenere la consegna di una lauta somma di denaro: Salvatore Maddaluno, 48 anni, di Agliè, che era il socio in affari di Fucà, ed Ernesto D’Amico, 56 anni, di Scalenghe, Arturo Vaiano, 46, di Chianocco (difesi dagli avvocati Marco Stabile e Franco Papotti). Sono stati condannati, tutti a tre, a sette mesi di reclusione per "esercizio arbitrario delle proprie ragioni” (procedibile solo su querela, inizialmente indicato dalla Procura come “estorsione”, per cui sarebbe stato procedibile anche d’ufficio, ma poi derubaricato). Nell'aprile del 2013 Fucà (che si è costituito parte civile con l'avvocato Pio Coda) lavorava allora come agente immobiliare ed aveva, con Maddaluno, conti in sospeso relativi alla divisione di alcune provvigioni visto che, proprio in quel periodo, avevano sciolto la società per la quale avevano collaborato. Maddaluno, se da un lato vantava un credito nei confronti di Fucà, era però in debito nei confronti di Ernesto Vaiano per lavori edili svolti a suo favore. Aveva quindi pensato di risolvere così la situazione: "anzichè chiedere i soldi a me – aveva detto al Vaiano - vai a chiederli a Fucà". L'accordo sarebbe stato formalizzato in uno scritto, prodotto dalle difese. A quel punto Vaiano, accompagnato, passateci il gioco di parole, dall'amico D'Amico, si sarebbe recato dall'ex agente immobiliare felettese. I toni della discussione si sarebbero alzati fino all'arrivo di Maddaluno, per addivenire ad una cifra e chiudere la questione, invitando alla comprensione viste le difficoltà economiche delle varie parti. I due ex colleghi si sarebbero dati appuntamento per la transazione. In quella circostanza Fucà avrebbe consegnato degli assegni post datati ma sarebbero spuntati, di sorpresa, i Carabinieri, chiamati per mettere nel sacco i tre. La condanna è stata appena superiore rispetto ai sei mesi richiesti dl Pm Roberta Bianco.
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