Ci sono anche le Suore di Carità dell'Immacolata Concenzione di Ivrea, in provincia di Torino, tra i cristiani in fuga dalla Libia. "Siamo venute via da Bengasi qualche mese fa, su indicazione delle Autorità Italiane - racconta suor Palma Porro, la madre generale della congregazione -. Siamo fuggite nonostante il desiderio di rimanere per accudire la popolazione. E purtroppo non siamo più in contatto con i cristiani rimasti là, ce lo hanno sconsigliato...". A Bengasi le Suore di Carità dell'Immacolata Concezione d'Ivrea erano presenti da oltre 100 anni. Sette Suore accudivano i malati all'ospedale cittadino; altre due, invece, si occupavano della clinica 'Saba Ottobre'. Sia l'ospedale che la clinica sono oggi occupate dall'Isis. Le Suore fuggite dalla Libia sono state destinate in altre località, tutte nel centro-sud dell'Italia. La Comunità delle Suore di Carità dell’Immacolata Concezione di Ivrea è oggi presente in 11 paesi nel mondo, dieci se da oggi si toglie la Liba. Restano in Turchia, Kenya e Tanzanzia, poi l’Argentina, gli Stati Uniti, il Messico, Libano, Israele e Albania, La fondatrice Antonia Maria Verna, nata e battezzata a Pasquaro il 12 giugno 1773 e morta a Rivarolo Canavese il 25 dicembre 1838, ha speso l’intera esistenza per la fondazione della Congregazione. Nel 1788 a quindici anni fa voto di perpetua verginità. Verso il 1800 si trasferisce a Rivarolo. Nel 1806 inizia le pratiche per la fondazione di un istituto religioso. Il 17 maggio 1817 riceve l’approvazione che viene attribuita ad altre giovani del luogo. Nel 1823 riprende le pratiche per la fondazione e scrive la prima Regola. Il 7 marzo 1828 ottiene l’approvazione definitiva dell’Istituto, dall’autorità regia. Il 10 giugno1828 pronuncia per la prima volta i voti. Il 27 novembre 1835 il vescovo d’Ivrea approva le regole dell’istituto con il nome di Sorelle di Carità sotto Il titolo della Concezione della Beata Vergine Maria. Svolse il suo apostolato a Rivarolo Canavese educando i bimbi, istruendo le ragazze, specialmente povere e abbandonate, «assistendo i poveri, curando gli ammalati colpiti da qualsiasi infermità, compresa la lebbra».
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