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23 Ottobre 2014 - 12:06
Rissa (foto d'archivio)
Due famiglie, vicine di casa, se le danno di santa ragione, tanto da finire dritti dritti in tribunale. Tutti e sette, con l'accusa di rissa. Da un lato i coniugi Massimo Carminati e Daniela Guglielmo con il figlio Andrea (difesi dall'avvocato Paolo Maisto e Paola Remogna). Dall'altra i coniugi Rosario Falcone e Rosaria Mangone con la figlia Anna ed il genero Vittorio Cirino (difesi dall'avvocato Franco Papotti). A carico dei due Carminati anche l'accusa di lesioni per i lividi procurati a Cirino e Falcone (quest'ultimo riportò una lussazione alla spalla per cui si rese necessario l'intervento dell'ambulanza del 118).
Giovedì scorso, presso l'aula penale del Tribunale di Ivrea, è ripreso il processo. Per far luce sull'aggressione è stato interrogato Salvatore Falcone, classe 1975 e fratello di Rosario.
"Sono arrivato a rissa avvenuta, chiamato da mia nipote Anna – ha raccontato l'uomo di fronte al giudice Marianna Tiseo e al Pm Ombretta Russo -. Li ho trovati che litigavano muso a muso. Con la mia statura ed il mio spessore ho cercato di dividerli di tenerli. Ho sentito mio fratello dire: questa me la dovrai pagare. A quel punto Andrea gli ha sferrato un pugno".
Salvatore Falcone ha riferito d'aver visto un ombrello, oggetto che, secondo l'accusa, Andrea Carminati avrebbe utilizzato per colpire Rosario Falcone, in testa e sulla spalla. Ha riferito anche d'aver visto il padre Massimo recarsi in garage ed uscirne con un nervo di bue, senza utilizzarlo ma "con fare minaccioso". "Mia cognata e mia nipote gridavano, senza fare nulla" ha aggiunto il testimone.
Secondo le ricostruzioni la lite scoppiò nel cortile comune di via Cavour per futili motivi, a causa del posteggio di un'automobile dei Carminati che, secondo l'altra famiglia, ingombrava. Ad accendere la miccia sarebbe stata la richiesta, rivolta da Cirino a Falcone, di spostare il mezzo per avere accesso al proprio box.
Il processo è stato rinviato per sentire altri testimoni.
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