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Cronaca

Tatiana Tramacere è viva: trovata a casa dell'amico. E' stata sequestrata?

La 27enne era scomparsa dal 24 novembre. I carabinieri l’hanno rintracciata in una mansarda in città. Un 30enne, ultimo ad averla incontrata, è indagato e interrogato. Perquisita la sua abitazione, al vaglio tabulati, chat e video

Tatiana Tramacere è viva: trovata a casa dell'amico. E' stata sequestrata?

Tatiana Tramacere è viva: trovata a casa dell'amico. E' stata sequestrata?

La stanza è bassa di soffitto, il lucernaio taglia l’aria di dicembre con una lama di luce fredda. Quando i carabinieri sfiorano la maniglia, la tensione si spezza senza fare rumore: dietro quella porta compare una giovane donna, sorpresa ma in piedi. È qui, in una mansarda di Nardò, che gli uomini dell’Arma chiudono undici giorni di angoscia. La voce corre veloce tra case, bar, chat di quartiere: l’hanno trovata. È viva. Sta bene. Quella donna è Tatiana Tramacere, 27 anni, studentessa e presenza nota sui social. Secondo fonti investigative, sarebbe stata privata della libertà. La città trattiene il fiato prima di lasciarlo andare tutto insieme.

Il 24 novembre 2025, nel primo pomeriggio, le tracce di Tatiana svaniscono in pochi minuti. Il telefono risulta spento, nessun accesso ai social, nessun messaggio alla famiglia. La macchina delle ricerche si mette in moto subito e, col passare dei giorni, allarga il raggio fuori dalla Puglia. Gli investigatori ascoltano amici e conoscenti, raccolgono racconti, incrociano orari. Riemerge un dettaglio: la giovane avrebbe dovuto raggiungere Brescia per incontrare l’ex fidanzato; il biglietto risulta comprato, ma su quel bus lei non salirà mai. L’informazione finisce in tv, rimbalza sulle testate locali, alimenta un quadro ancora privo di contorni definiti.

La Procura di Lecce apre un fascicolo per istigazione al suicidio contro ignoti, un’ipotesi tecnica che consente di esplorare scenari diversi senza escludere nulla. Intanto droni, cani molecolari e pattuglie setacciano campagne e strade. Finché, il 4 dicembre, arriva la svolta: una mansarda in città attira l’attenzione degli inquirenti. Dentro c’è Tatiana. È viva, appare in discrete condizioni, e la notizia corre così rapidamente da sovrastare perfino la cautela delle fonti. Contestualmente, gli inquirenti iscrivono nel registro degli indagati per istigazione al suicidio il trentenne Dragos-Ioan Gheormescu, cittadino rumeno indicato come l’ultima persona ad aver visto la giovane. In serata si presenta al Comando provinciale dei carabinieri di Lecce per l’interrogatorio, mentre la sua abitazione viene scandagliata dal RIS.

Fuori, intanto, la tensione esplode. Davanti alla casa del 30enne si raduna una folla nervosa, grida, tenta di avvicinarsi all’ingresso, costringendo le forze dell’ordine a mantenere un cordone stretto. Una reazione istintiva e pericolosa: quando la paura accumula giorni, la piazza reclama un colpevole prima ancora di sapere se esista un reato. Ma l’inchiesta, proprio ora, deve camminare sul terreno solido della prova.

Il nome che rimbalza ovunque è quello di Dragos-Ioan Gheormescu. Gli viene sequestrato il cellulare, chiave d’accesso all’analisi di chiamate, messaggi, chat, applicazioni, spostamenti. In parallelo parte l’acquisizione sistematica delle immagini delle videocamere lungo percorsi compatibili con quelli della giovane. Un mosaico di minuti e metri che, incrociato ai tabulati telefonici, potrebbe spiegare cosa sia accaduto in quell’arco di ore tra il pomeriggio e la sera del 24. A guidare la ricerca sono anche gli specialisti del RIS: tracce, residui, microfibre, impronte. Ogni dettaglio diventa una possibile tessera mancante.

In questo clima ipersaturo, una voce incontrollata squarcia il pomeriggio del 4 dicembre: alcune testate locali parlano del ritrovamento di un corpo. Ci vuole poco per capire che è falso, ma abbastanza per alimentare paura e panico. La smentita arriva subito: Tatiana è viva. Non basterà a cancellare il danno. È l’ennesima dimostrazione di come un flusso di informazioni sporche possa distorcere la percezione pubblica e ferire chi sta aspettando risposte vere.

Le ultime ore documentate prima del silenzio coincidono con un incontro tra la giovane e Gheormescu in un’area verde vicino alla casa dei Tramacere. Secondo la ricostruzione fornita dall’uomo anche in tv, avrebbero parlato per un paio d’ore, discutendo del viaggio verso Brescia che lui stesso si sarebbe offerto di facilitare. Avrebbero avuto una breve discussione, poi un addio senza tensioni e un appuntamento rimandato al giorno dopo. Un seguito che non c’è mai stato. Il biglietto per il Nord risulta comprato, ma il posto sul pullman è rimasto vuoto. Sono dettagli che ora vengono esaminati uno per uno, insieme ai dati delle celle e alle immagini raccolte.

La famiglia, in questi undici giorni, non ha smesso di cercare e di esporsi pubblicamente. Il sindaco di Nardò, Pippi Mellone, ha più volte invitato la comunità a segnalare qualsiasi elemento utile, ricordando che la giovane non si allontana senza avvisare. I genitori hanno ribadito l’intenzione della figlia di raggiungere l’ex a Brescia. È la parte più fragile e più umana di una storia che, senza il finale del ritrovamento, avrebbe rischiato un epilogo drammatico.

L’indicazione che Tatiana “era stata sequestrata”, filtrata da fonti investigative, pesa come un macigno ma va maneggiata con metodo. Il sequestro di persona implica una privazione della libertà attraverso costrizione, minaccia, inganno o abuso. Una qualificazione così grave richiede riscontri oggettivi: accessi, testimonianze, tracce digitali, compatibilità temporali. L’apertura iniziale per istigazione al suicidio non esclude, anzi, che la cornice giuridica possa cambiare alla luce di nuovi elementi.

Gli investigatori ora guardano a ciò che parla anche quando tace: i tabulati telefonici, le chat, gli orari anomali, le cancellazioni improvvise, gli spegnimenti prolungati. Le telecamere pubbliche e private, i percorsi compatibili, le pause inspiegabili. I riscontri del RIS, le tracce in auto, negli accessi, nei locali. Le relazioni personali, gli impegni della giovane, i messaggi pubblicati sui social nei giorni precedenti, da analizzare con prudenza per evitare interpretazioni forzate. È una ricostruzione che si fa centimetro per centimetro.

Il caso ha dimostrato quanto la comunicazione sia un campo minato. Per i media, la regola dovrebbe essere una sola: verificare, incrociare, distinguere tra certo, probabile e presunto. La smentita delle voci sul corpo è un promemoria severo. Per il pubblico, l’unica difesa è diffidare dei forward senza fonte, non rilanciare screenshot decontestualizzati, affidarsi ai canali ufficiali e alle testate attente alla realtà, non alla velocità.

La notizia migliore è già arrivata: Tatiana Tramacere è viva. La formula “sta bene” non chiude il cerchio, ma apre una fase dedicata al suo benessere fisico e psicologico. Verrà ascoltata con modalità protette, alla presenza di professionisti, senza pressioni. È un passaggio fondamentale non solo per l’indagine, ma anche per la tenuta emotiva di una comunità che ha oscillato per giorni tra paura e speranza. Sul piano giudiziario, la posizione dell’indagato potrà evolversi in base ai riscontri. L’iscrizione nel registro è un atto garantista, non una condanna, e sarà la Procura di Lecce a valutare eventuali misure.

Restano domande che per ora non hanno risposta: quanto tempo la giovane ha trascorso in quella mansarda e con quali modalità? Chi aveva accesso al locale? Quali percorsi sono stati compiuti dopo l’incontro del 24 novembre? Che tipo di relazione intercorreva realmente tra Tatiana e il trentenne? Su quali elementi si fonda l’ipotesi del sequestro? Le prossime ore saranno dedicate proprio a sciogliere questi nodi, tra accertamenti tecnici e nuove audizioni. La prudenza, in questa fase, è un dovere prima ancora che una virtù.

Nardò ha attraversato giorni al limite. L’immagine della folla sotto la casa dell’indagato è una fotografia eloquente di quanto, sotto pressione, una comunità possa scivolare verso una giustizia emotiva. A impedirlo è stato un metodo: il setaccio dei tabulati, la pazienza degli investigatori, gli incroci delle telecamere, la precisione degli specialisti del RIS e, infine, la scelta di entrare nel posto giusto al momento giusto. Undici giorni dopo. Una porta che si apre. Una ragazza che torna ad abitare il mondo.

Non è un lieto fine qualsiasi: è una restituzione. Il resto lo diranno le carte, le perizie, le aule. E, soprattutto, lo dirà Tatiana, quando e se vorrà, nei tempi che sono soltanto suoi.

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