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Il telefono spento e il biglietto per il Nord: i misteri del caso Tatiana Tramacere

Una scomparsa che inquieta il Salento e non solo: piste aperte, telefoni sequestrati, un biglietto per il Nord e un “buongiorno” rimasto senza spunta. La famiglia non si arrende e chiede aiuto.

Il telefono spento e il biglietto per il Nord: i misteri del caso Tatiana Tramacere

Il telefono spento e il biglietto per il Nord: i misteri del caso Tatiana Tramacere

Una tazza di caffè lasciata a metà sul tavolo, il telefono che dopo pochi squilli cade nel silenzio e un buongiorno inviato su WhatsApp che resta lì, senza doppia spunta, come una giornata mai davvero cominciata. È da quel pomeriggio di lunedì 24 novembre che di Tatiana Tramacere, 27 anni, nata in Ucraina e cresciuta a Nardò (Lecce), non si hanno più notizie. È uscita di casa con i jeans, un cappotto grigio, i documenti, il telefono in tasca, dicendo che doveva andare a lavorare a Lecce. Da allora il buio: le ricerche hanno superato i confini della Puglia, gli inquirenti hanno ascoltato amici e conoscenti, analizzato telecamere e social, sequestrato un cellulare a un conoscente. La famiglia ripete una sola parola, sempre uguale: aiutateci.

Chi la conosce la descrive come una giovane donna che lavora tra pubblicità digitale e contenuti online, con migliaia di follower e una presenza costante sui social. Nei giorni precedenti alla scomparsa aveva pubblicato versi e riflessioni sui sentimenti: oggi qualcuno li rilegge con inquietudine, ma rientrano nel linguaggio abituale con cui Tatiana dialogava con la sua community. Anche questo mondo è entrato nel perimetro dell’indagine: gli investigatori cercano connessioni, appuntamenti, nomi, segnali che possano trasformare le frasi in indizi.

Secondo le prime ricostruzioni, il telefono di Tatiana sarebbe rimasto raggiungibile per alcune ore prima di spegnersi, un dettaglio che ha alimentato speranze e domande. Sono stati acquisiti filmati di videosorveglianza in diverse zone centrali di Nardò, da aree come largo Osanna ad altre vie di passaggio, mentre nei giorni immediatamente successivi al 24 sono arrivate segnalazioni di presunti avvistamenti. Finora, nessuna di queste segnalazioni ha prodotto un riscontro solido.

Dentro questa attesa sospesa si muove la famiglia. Il fratello Vladimir parla di paura ma rifiuta la resa, la madre Ornella ha lanciato appelli pubblici ripetendo che, se le fosse stato possibile, la figlia avrebbe chiamato e che qualcosa deve per forza essere successo, il padre Rino davanti alle telecamere si limita a un appello semplice: torna a casa, ti aspettiamo. Nove giorni, poi dieci, poi undici di attesa, con la Prefettura che coordina le ricerche e i Carabinieri che allargano il raggio oltre i confini regionali.

Nelle ore che precedono la scomparsa, nelle cronache spunta un nome ricorrente: Alessandro Bonsegna, 30 anni, operaio, un ragazzo con cui Tatiana si sarebbe frequentata da circa un anno e mezzo. La sera della domenica prima della scomparsa, secondo quanto riferito dai familiari, la giovane sarebbe stata a casa della famiglia di Alessandro per una cena semplice, patatine e un film. La mattina seguente, un messaggio di buongiorno inviato da Alessandro al telefono di Tatiana non risulta mai visualizzato. Da lì, il vuoto digitale che coincide con il vuoto fisico.

La madre di Tatiana descrive come “insistente” il comportamento del ragazzo, mentre la famiglia sottolinea che in quel periodo la giovane non era più interessata a proseguire la frequentazione. Alessandro Bonsegna è stato ascoltato dagli inquirenti e, nei giorni successivi, si sarebbe visto poco in paese: un’assenza che ha moltiplicato sospetti e voci, ma che per ora non si traduce in accuse formali. La Procura di Lecce ha aperto un fascicolo a carico di ignoti, una formula che dice più sul metodo che sui sospettati.

Su un altro fronte, le indagini hanno portato al sequestro del telefono di un secondo conoscente, identificato in alcuni servizi televisivi come Dragos, 30enne di origine romena che afferma di essere stato l’ultimo a vedere Tatiana la sera del 24 novembre, in centro a Nardò, per un chiarimento. È lo stesso Dragos a confermare in TV il sequestro del cellulare. A suo carico non risultano, al momento, misure restrittive: il sequestro è un atto istruttorio, serve a ricostruire contatti, messaggi, spostamenti, incrociando i dati con celle telefoniche e immagini.

La Procura di Lecce ha inquadrato le indagini, al momento, nell’ipotesi di reato di istigazione al suicidio. È una cornice giuridica che consente un ventaglio più ampio di accertamenti, non una verità acquisita. In parallelo, la possibilità di un allontanamento volontario non è stata accantonata. Gli inquirenti ripetono che nessuna pista, al momento, può essere esclusa.

Tra gli elementi raccolti spunta anche il racconto di un biglietto acquistato da Tatiana per raggiungere un ex compagno a Brescia. La madre spiega che la figlia voleva rivederlo per provare a riannodare il rapporto e che avrebbe potuto partire il giovedì successivo al 24. Al momento non ci sono conferme che quel viaggio sia stato effettivamente compiuto: l’ex, secondo quanto trapela, sarebbe rientrato in Puglia per collaborare alle ricerche. Anche questo filo resta sospeso, in attesa di riscontri documentali su eventuali spostamenti verso nord.

Fin dai primi giorni, il Comune di Nardò e il sindaco Pippi Mellone hanno rilanciato gli appelli e affiancato i familiari. Nel centro città sono stati controllati diversi impianti di videosorveglianza per verificare le segnalazioni di chi dice di aver visto la ragazza anche dopo il 24, mentre le ricerche sono state estese “in tutta Italia”, con verifiche presso stazioni, autolinee, snodi ferroviari e aree costiere. Il telefono, inizialmente agganciato alla rete, risulta poi spento: una traccia che si interrompe e porta via con sé le coordinate più preziose.

Il profilo di Tatiana restituisce una combinazione di indipendenza e fragilità possibile, ma non automatica. Gli amici la descrivono come socievole, premurosa, senza gesti o frasi esplicitamente allarmanti nelle ultime settimane. Una sua amica ha parlato in TV di “frequentazioni” che, a suo giudizio, non le facevano bene; un’impressione soggettiva che gli inquirenti stanno valutando con cautela. Le frasi poetiche e malinconiche sui social, spesso estrapolate e rilanciate, non possono da sole diventare la prova di un intento: fanno parte di un codice espressivo che Tatiana usava da tempo.

La storia è entrata nei principali notiziari e programmi di approfondimento: da La Vita in Diretta su Rai 1 ai servizi di Tg1 e RaiNews. In quelle trasmissioni la madre ha parlato apertamente del rapporto con Alessandro Bonsegna, definendolo un’ossessione non corrisposta, e ha ripetuto che la figlia non ne voleva sapere. I genitori hanno ripercorso le ultime ore, compreso quel vado a lavorare a Lecce detto alla madre nel primo pomeriggio del 24. La cronologia ufficiale non presenta ancora un tracciato continuo tra le 15.30 e la sera: in quella fascia si sovrappongono testimonianze diverse su chi l’avrebbe incontrata e dove.

Dentro questo quadro, è possibile distinguere ciò che è accertato da ciò che resta incerto senza trasformarlo in elenco. Sappiamo che Tatiana Tramacere è uscita da casa a Nardò il pomeriggio del 24 novembre dicendo di dover andare a lavorare a Lecce, indossando jeans e cappotto grigio, e che il suo telefono, dopo alcune ore di raggiungibilità, risulta spento. Sappiamo che la Procura di Lecce ha aperto un’inchiesta con l’ipotesi di istigazione al suicidio e che il telefono di Dragos è stato sequestrato, così come sappiamo che Alessandro Bonsegna è stato ascoltato dagli inquirenti e che un suo messaggio inviato quella mattina non è mai stato visualizzato, senza che per ora risulti indagato o raggiunto da misure. Sappiamo che la famiglia parla di un biglietto verso il Nord, destinazione Brescia, per incontrare un ex, un elemento al vaglio ma non ancora suffragato da tracce certe. Non sappiamo se Tatiana abbia davvero lasciato Nardò quel giorno per spostarsi fuori regione o se sia rimasta vicino a casa; gli avvistamenti successivi non sono stati convalidati, e le telecamere analizzate non hanno ancora restituito un percorso verificato.

Raccontare una scomparsa significa abitare un territorio di vuoti. Il rischio è riempirli con stereotipi, insinuazioni, deduzioni spacciate per verità. Qui ci sono atti d’indagine, orari, luoghi, telefoni accesi e spenti, messaggi inviati e mai letti. E poi ci sono emozioni che non entrano nei verbali: la paura della madre, il senso di colpa che spesso aggredisce i familiari quando il tempo si allunga, la tensione tra il bisogno di speranza e la necessità di non censurare nessun’ipotesi. Gli stessi inquirenti invitano a non sovraccaricare di significati i post social o i racconti di seconda mano, ricordando che ogni parola pesa sulle ricerche ma anche sulle persone coinvolte.

In questo contesto, qualcosa possono farlo anche i lettori. Chi è stato in Puglia, a Nardò o a Lecce tra il 24 e il 28 novembre può rileggere foto, video, storie salvate sul telefono: un volto sullo sfondo, un cappotto grigio, un passaggio fugace in stazione possono diventare tasselli. Chi ha informazioni è chiamato a rivolgersi direttamente ai Carabinieri o alla Prefettura, evitando la spirale dei social che moltiplica voci non verificate. Condividere appelli ufficiali aiuta più di mille congetture, perché amplifica ciò che è accertato e riduce il rumore.

Intorno alla famiglia di Tatiana, nell’ex ospedale dove vivono, ruotano amici, parenti, conoscenti che passano a offrire una presenza, un passaggio, un contatto. Nelle redazioni i cronisti tracciano mappe, controllano orari, ascoltano fonti: è un lavoro lento che spesso si scontra con la fretta dell’attenzione pubblica. L’Italia delle persone scomparse è fatta di dettagli che per giorni sembrano inutili e poi, all’improvviso, si incastrano. L’augurio, per Tatiana Tramacere, è che uno di questi dettagli accenda una luce.

Nel frattempo, la famiglia continua a cercare. Il fratello Vladimir ripete che potrebbe esserle accaduto di tutto, ma prova a mettere un argine all’angoscia: non ci arrendiamo alla paura e ai brutti pensieri. È una frase che, per ora, può chiudere questo racconto necessariamente incompleto. Perché nelle storie di scomparsa l’ultima riga non spetta ai giornali, ma a chi torna a casa, apre la porta e risponde a quel buongiorno rimasto sospeso sullo schermo.

Questo testo tiene insieme ciò che è stato riferito dai familiari, quanto comunicato da forze dell’ordine e Procura di Lecce, e le informazioni raccolte da testate nazionali e locali. Le circostanze restano in evoluzione, alcuni elementi — come gli avvistamenti e i possibili spostamenti fuori regione — sono ancora in verifica. Ogni aggiornamento dovrà passare dai riscontri ufficiali, prima di diventare un nuovo paragrafo in questa storia aperta.

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