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Cronaca
11 Ottobre 2025 - 16:32
Lupi in azione in Valchiusella. 6 pecore sbranate
Torna l’incubo dei lupi in Valchiusella. Non è la prima volta, ma questa volta le segnalazioni sono così ravvicinate e diffuse da riportare la tensione alle stelle. Negli ultimi giorni, infatti, gli avvistamenti si moltiplicano: non solo in alta quota, dove la presenza del predatore è ormai nota e quasi “tollerata”, ma anche più a valle, tra i boschi e i pascoli del comune di Val di Chy, fino alle sponde del lago di Alice Superiore.
Nelle notti scorse, un branco è entrato in azione. Vittime sei pecore appartenenti a un gruppo di giovani allevatori locali, che avevano portato gli animali al pascolo come ogni estate, con la fiducia di chi conosce la montagna ma anche la paura di chi sa che ormai il rischio è quotidiano. Gli animali sono stati trovati sbranati a poca distanza dalle stalle mobili, in una scena che gli stessi allevatori definiscono “una mattanza in piena regola”.
La rabbia è tanta. “Siamo stanchi di sentirci dire che la natura deve fare il suo corso”, raccontano, “ma se a farne le spese sono sempre gli allevatori, allora qualcosa non funziona”. Perché la montagna, spiegano, non è un parco zoologico: è un luogo di lavoro, di fatica, di tradizione. E quando il lavoro si trasforma in paura, allora il problema diventa collettivo.
Intanto la presenza dei lupi è confermata anche da chi vive o frequenta la zona. Una residente di Traversella, qualche sera fa, ha avvistato una cucciolata che attraversava la strada diretta verso il lago di Meugliano: pochi secondi, i fari dell’auto, poi le sagome sparite nel buio dei boschi. Un’immagine che molti in valle descrivono come “suggestiva ma inquietante”, perché se i lupi si spingono a quote più basse e nei pressi delle strade, significa che la loro presenza è ormai stabile e non più limitata alle creste.
E non finisce qui. Alcuni escursionisti, nei giorni successivi, hanno segnalato nuovi avvistamenti nei dintorni del Rifugio Chiaromonte, tra Traversella e Quincinetto. Si tratterebbe, anche in questo caso, di più esemplari. I forestali e i guardiaparco della zona stanno raccogliendo testimonianze, foto e video per verificare le dimensioni del branco, che secondo alcune stime potrebbe contare fino a dieci individui.
La situazione desta preoccupazione crescente, non solo per la sicurezza del bestiame, ma anche per la tenuta economica delle piccole aziende agricole che popolano la valle. I risarcimenti previsti dalle normative regionali, spesso, arrivano dopo mesi e coprono solo una parte dei danni reali. “Una pecora non è un numero, è un pezzo di lavoro, un investimento, un legame”, dicono gli allevatori. E ogni attacco mina il fragile equilibrio tra l’uomo e la montagna.
Il ritorno del lupo nelle Alpi, celebrato da molti ambientalisti come un segno positivo della rinaturalizzazione, sta diventando un tema divisivo. Da un lato c’è chi ne difende la presenza, ricordando che il predatore svolge un ruolo ecologico fondamentale nel contenimento delle popolazioni di ungulati; dall’altro c’è chi vive sulla propria pelle le conseguenze pratiche di questa “convivenza forzata”. E in mezzo, ci sono le istituzioni, spesso accusate di restare a guardare.
In Valchiusella, però, la paura è concreta. Le greggi non possono essere chiuse in recinti elettrificati per tutta la stagione, e i cani da guardiania non bastano più. La conformazione dei pascoli, la frammentazione del territorio e l’assenza di controlli sistematici rendono difficile ogni tipo di prevenzione. “Non siamo contro la natura”, ripetono gli allevatori, “ma vogliamo solo poter lavorare senza svegliarci ogni mattina contando i morti”.
Le amministrazioni locali chiedono un intervento coordinato della Regione Piemonte e dell’ASL veterinaria per monitorare i branchi e studiare misure di difesa più efficaci. Il sindaco di Val di Chy ha già segnalato la situazione ai tecnici faunistici, mentre la popolazione si divide tra timore e curiosità. I social locali si riempiono di immagini sfocate di presunti avvistamenti, video notturni di ululati lontani e commenti infuocati.
In queste valli, dove la montagna è ancora viva e abitata, la presenza del lupo non è una leggenda ma una realtà che cambia la quotidianità. C’è chi chiude gli animali prima del tramonto, chi evita di camminare da solo la sera, chi teme per i propri cani. Eppure, accanto alla paura, resiste anche il rispetto: perché il lupo, in fondo, è parte di un equilibrio antico, fragile e necessario.
Ma oggi quell’equilibrio sembra incrinarsi. Perché quando la natura entra così prepotentemente nella vita dell’uomo, e lo fa nel silenzio delle istituzioni, la montagna rischia di diventare un campo di battaglia. Non solo tra predatori e prede, ma tra chi abita questi luoghi e chi li osserva da lontano.
Insomma, in Valchiusella il lupo è tornato. E con lui, è tornata la paura.
Non è più una leggenda metropolitana, né un racconto da osteria di montagna. I lupi nel Canavese non solo sono tornati, ma ormai sembrano essersi stabiliti con convinzione. Da Valchiusella fino alla pianura di Ciconio, passando per Castellamonte, Front, Prascorsano e le colline tra Montalenghe e Barone Canavese, gli avvistamenti si moltiplicano. Alcuni suggestivi, altri inquietanti. E quasi sempre accompagnati da una domanda che serpeggia tra allevatori e cittadini: fino a che punto questa convivenza è possibile?
Tutto lascia pensare che il ritorno del lupo, una volta confinato alle alte valli alpine, sia oggi un fenomeno esteso e strutturale. I branchi, secondo le stime più aggiornate, sarebbero almeno 33 in Piemonte, per un totale minimo di circa 195 esemplari. E se la Val di Chy e la Val Soana restano zone “classiche” per la presenza del predatore, gli ultimi anni raccontano di un’espansione costante verso aree sempre più antropizzate.
Nel 2024, una coppia di lupi è stata filmata lungo la strada che porta al Santuario di Piova, nel territorio di Cintano. Un episodio non isolato, visto che nella stessa area si contavano già tre avvistamenti in pochi mesi. Poco distante, a Castellamonte, un esemplare è comparso nella notte in via Barengo, vicino alle case. Le immagini di videosorveglianza non hanno lasciato dubbi: il lupo non teme più i confini urbani. E nello stesso periodo un altro avvistamento è stato registrato a Prascorsano, dove un residente ha fotografato il predatore a pochi metri dal centro abitato.
Ma è in pianura che il fenomeno ha sorpreso tutti. A Ciconio, nel dicembre 2024, sei pecore sono state trovate sbranate in un allevamento a poca distanza dalle case. Un episodio che ha fatto sobbalzare gli agricoltori: perché qui, tra campi e cascine, il lupo era assente da oltre un secolo. Coldiretti ha parlato apertamente di un “segnale d’allarme”, ricordando che gli attacchi al bestiame non sono più un’eccezione. “Il lupo attacca anche in pianura”, ha titolato Rainews, e purtroppo la cronaca lo conferma.
A Front Canavese, nel luglio 2025, un automobilista ha ripreso un lupo mentre trascinava una preda – probabilmente un capriolo – in via Castagneri, a pochi metri dalle abitazioni. Il video, divenuto virale, è stato per molti la conferma che il confine tra montagna e città si è fatto sottile. Le campagne di San Benigno, Lombardore e Vauda non sono da meno: già nel dicembre 2023 erano stati filmati quattro lupi che attraversavano i campi vicino al cascinale Morentone, poco lontano da case e aziende agricole.
Valprato Soana, nella borgata Picatti, all’inizio del 2025 sono stati trovati i resti di un capriolo sbranato a pochi metri dalle case. I residenti hanno raccontato di aver visto tre lupi aggirarsi davanti alle abitazioni, una scena che fino a pochi anni fa sembrava impensabile. Anche in borgate vicine come Cugnone e Masonassa le segnalazioni si sono moltiplicate, segno che i branchi si muovono in un territorio ormai familiare.
E poi ci sono gli episodi che raccontano la presenza del lupo nelle zone “intermedie”. A Montalenghe e Orio Canavese, nel febbraio 2025, due esemplari sono stati ripresi da un cittadino mentre si muovevano di notte tra i vigneti. Un filmato diffuso come “spettacolo della natura”, ma che per molti è anche un campanello d’allarme. Perché se il lupo caccia ormai nei campi e nelle colline, il passo verso le zone abitate è breve.
Già nel 2022, ad Alpette, in località Trione, un gregge era stato attaccato: sette capretti e una capra erano tornati feriti, mentre un lupo era stato visto seguire un uomo che stava portando la spazzatura. Una scena che aveva suscitato panico, ma che oggi, alla luce dei fatti, appare come un segnale inascoltato. Le montagne canavesane, da allora, sono diventate il palcoscenico di una presenza silenziosa ma costante.
Neppure Chivasso e i suoi dintorni sono immuni. Le campagne di Verolengo, Rondissone e Torrazza sono teatro di decine di avvistamenti segnalati sui social. Un residente racconta di aver visto un lupo attraversare la Padana Superiore, all’altezza di via Enzo Ferraris, mentre altri lo descrivono nei pressi del Po. Un territorio, quello chivassese, dove fino a pochi anni fa i lupi erano solo nei racconti degli anziani.
Oggi invece il ritorno del predatore è realtà. E mentre alcuni esultano per la “rinaturalizzazione del territorio”, altri denunciano un abbandono istituzionale. Gli allevatori chiedono più protezione, i cittadini vogliono sicurezza, e le associazioni ambientaliste parlano di “equilibrio fragile ma necessario”. Il problema è che l’equilibrio, quando ci sono pecore sbranate, auto che incrociano branchi e telecamere che riprendono ombre tra le case, diventa più una parola che un fatto.
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