È dall’inizio della campagna elettorale che i sondaggi danno avanti di parecchi punti lo schieramento guidato dalla Giorgia nazionale. Questo vorrà pur dire qualcosa. Che cosa? Una vera intenzione di voto? Un messaggio d’allarme all’altro schieramento? Una vittoria annunciata che potrebbe spingere i riottosi a recarsi alle urne? Per fortuna le agenzie demoscopiche, da adesso in poi terranno riservati i sondaggi, ché la guerra mediatica non è il miglior incentivo per una scelta razionale dell’elettore. I partiti, i candidati e i giornalisti però continueranno a interrogare gli aruspici. I giornalisti poi… se uno cade, lo aiutano a cadere. Un esempio di scuola è l’articolo pubblicato sul quotidiano subalpino l’8 agosto scorso. Già, perché la spina del fianco della sinistrachefu si chiama periferia, come il quartiere Falchera, che sei anni fa si votò ai grillini. Il piddì torinese che – per vincere – aveva promesso di curare le periferie, ha aperto due giorni a settimana le anagrafi della Circoscrizione 6, adesso – prima del voto – andando in tv per questo, per qualcosa che dovrebbe essere di routine e non da prima pagina. Non per chissà che, per i servizi essenziali: l’anagrafe e le scuole, la pulizia delle strade, il decoro urbano. Ecco, forse il difetto è tutto qui: anche da noi si batte la grancassa per le strade asfaltate, si inaugurano le corsie ciclabili e i giardinetti (che si rinominano parchi), quando dovrebbe essere la norma, il semplice «buongoverno» di una volta. Ieri sono passata da Falchera vecchia per arrivare al parco agricolo dove ci sono i laghetti. Tutto pulito e in ordine ma… vuoto. I giochi per i ragazzi nuovissimi. Lì, dove le foto degli anni Settanta ritraevano torme di scugnizzi, oggi un adulto che gioca a pallone con un bambino, due ragazzi che si passano la palla. A fare da sfondo caseggiati dal profilo ordinato, dall’aspetto deserto. Si sa che, a una certa età, si esce solo per prendere il fresco e che le giovani coppie non vengono ad abitare in Falchera. «Dodicimila abitanti negli Anni 80, che oggi sono meno della metà», scrive il cronista. Ecco il problema di Torino, che non ha più una periferia ma è diventata essa stessa periferia. Certo, le vittorie non passano solo per le borgate romane e per le barriere operaie ma, per la sinistra, vincere ai Parioli e alla Crocetta non è gran cosa, è solo un modo per passare la nottata. Il destino poi, come potrebbe succedere stavolta, ti viene incontro. Che affidamento danno esponenti di spicco del partito ora in affanno che, alla «patronale di Settimo Torinese», si esibiscono gaudenti, come Jep Gambardella della «Grande bellezza» sulla terrazza con vista sul Colosseo? È vero, gli italiani sono stati affascinati dalla «Milano da bere» di craxiana memoria ma – temo – non perdoneranno chi, erigendosi a loro alfiere, sembra ignorare le loro ambasce. Oggi, neanche la «cuefa» della sindaca e gli atei devoti in processione sembrerebbero bastare a scongiurare il pronostico nefasto. I richiami di don Paolo Mignani suonano chiarissimi, purtroppo inascoltati da esponenti e candidati dalla pancia piena e dalla testa vuota.
Commentiscrivi/Scopri i commenti
Condividi le tue opinioni su Giornale La Voce
Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter
...
Dentro la notiziaLa newsletter del giornale La Voce
LA VOCE DEL CANAVESE Reg. Tribunale di Torino n. 57 del 22/05/2007. Direttore responsabile: Liborio La Mattina. Proprietà LA VOCE SOCIETA’ COOPERATIVA. P.IVA 09594480015. Redazione: via Torino, 47 – 10034 – Chivasso (To). Tel. 0115367550 Cell. 3474431187
La società percepisce i contributi di cui al decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70 e della Legge Regione Piemonte n. 18 del 25/06/2008. Indicazione resa ai sensi della lettera f) del comma 2 dell’articolo 5 del medesimo decreto legislativo
Testi e foto qui pubblicati sono proprietà de LA VOCE DEL CANAVESE tutti i diritti sono riservati. L’utilizzo dei testi e delle foto on line è, senza autorizzazione scritta, vietato (legge 633/1941).
LA VOCE DEL CANAVESE ha aderito tramite la File (Federazione Italiana Liberi Editori) allo IAP – Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria, accettando il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale.