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Armiamoci e partite

Armiamoci e partite
Ancora una volta in questa guerra, come in tutte le guerre, a partire e a patire sono i poveri, gli indifesi, le persone normali. Ad incitare, a fare propaganda, ad armare i contendenti sono i ricchi, i trafficanti, i politici in cerca di notorietà, tutti coloro che pensano di essere al di sopra degli altri e quindi anche delle conseguenze dell’estensione della guerra.  Ancora una volta ci sentiamo dire che le guerre sono inevitabili e che bisogna decidere da che parte stare. Poi si scopre con il tempo che in realtà si potevano evitare, che le guerre sono piene di menzogne e che coloro che predicavano le buone ragioni degli aggrediti erano gli stessi che avevano armato gli aggressori. Comunque vada, per questi mercanti d’armi sarà un successo.  La guerra nei paesi ricchi e potenti è per forza globale. Se invece scoppia nel continente africano o in paesi che non hanno nulla da vendere o comprare non interessa a nessuno. Il valore della vita per i media, la  politica e l’opinione pubblica, dipende da quanto mangi, produci, scambi. Persino Salvini ha scoperto i profughi e il dovere della solidarietà, peccato che non senta la necessità di chiedere scusa a tutti coloro (persone anche loro, bambini e mamme anche loro) che fino ad ora ha chiesto di allontanare e respingere.  Nazionalismo vuol dire guerra, desiderio di appartenenza, e poi di potenza, di dominio, di espansione oltre ai propri confini: un film purtroppo già visto e messo in onda da tutte le cosiddette potenze globali. C’è un solo rimedio. Disarmare e riprendere il vecchio tema delle forze di pace dirette da organismi internazionali senza diritti di veto. Purtroppo, a destra come a sinistra, da molti anni, questi pensieri semplici e davvero globali, sono stati sostituiti da logiche competitive, nazionaliste e fondate sull’accumulo e uso della forza.  Occorre fare qualche cosa di concreto. D’accordo. La macchina della solidarietà si è attivata nelle parrocchie, nelle associazioni, negli enti locali, persino nelle aziende. Camion e TIR trasportano aiuti umanitari per gli ucraini (speriamo che arrivino a chi ne ha davvero bisogno). Molte organizzazioni hanno lodevolmente messo a disposizione accoglienza e capacità organizzative e logistiche. Sosteniamo tutti questi utili sforzi in questa prima fase distruttiva della guerra.  Ma incominciamo a pensare a cosa può succedere dopo, nelle prossime settimane, mesi e forse anni. Non sarà più solo un problema di solidarietà alle popolazioni in guerra o ai profughi. Distruggere è facile ma le ricostruzioni avranno comunque bisogno di tempo e molte conseguenze non saranno recuperabili. Accanto a questo dovere di solidarietà alle popolazioni colpite incomincerà a crescere già nelle prossime settimane il bisogno di solidarietà e sostegno anche alle famiglie e alle imprese italiane.  Le bollette della luce e del gas già erano raddoppiate prima ancora dell’inizio della guerra, c’è chi preannuncia un nuovo raddoppio a causa della guerra e delle sanzioni conseguenti. La benzina sta arrivando a 2,5 euro al litro. Rincareranno tutte le merci trasportate. Tutte le materie prime, anche alimentari sono sottoposte ad uno stress economico probabilmente insostenibile che presto potrebbe tradursi in carenza di rifornimenti o in prezzi iperbolici per pasta, pane, e per tutti i prodotti alimentari.  I salari e gli stipendi, ma anche i compensi delle partite IVA già pesantemente colpiti dal COVID, non aumentano. Sta scoppiando una vera e propria crisi da impoverimento di milioni di persone che non potranno reggere le conseguenze della guerra. Qualcosa di concreto occorre fare, e questa volta non basterà distribuire qualche pacco alimentare, buoni benzina o bonus sconclusionati su terme e monopattini.  Vi faccio una prima proposta: i Comuni e lo Stato abbassino le bollette di acqua, rifiuti ed energia elettrica. Come ? azzerando gli utili maturati nel 2021 dalle aziende a partecipazione pubblica. Teniamo conto che questi utili non sono maturati su un mercato concorrenziale ma solo perché le tariffe sono state tenute più alte del necessario. In questo modo sarebbe possibile abbattere questi costi di oltre il 10% per le famiglie.  Una seconda  proposta da attivare subito è quella di usare parte dei finanziamenti ricevuti dall’Europa per ridurre tasse e accise sulla benzina e per organizzare un possibile enorme risparmio energetico con investimenti straordinari in tutti gli ambiti pubblici.  Infine penso sia necessario aumentare gli stipendi e ridurre le tasse sul lavoro in cambio di maggiore produttività. Ma questo è un tema più complesso che avremo occasione di riprendere in futuro
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