Herman Hesse, celebre scrittore e filosofo tedesco dei primi decenni del ventesimo secolo, sosteneva che la bellezza trae una parte del suo fascino dalla sua caducità. Già, effettivamente la bellezza non è per sempre e, considerata la valenza di tale qualità, il problema non è roba da poco. L’uomo, e soprattutto la donna, ha da sempre inseguito ideali di bellezza. Gli antichi Egizi praticavano la cosmesi per migliorare il proprio aspetto; i Greci immaginavano divinità fisicamente perfette, dal corpo armonioso, ed i Romani arrivarono addirittura a scrivere manuali di bellezza nei quali dispensavano consigli su come rendere gradevole il proprio look. E così via, fino ai giorni nostri nei quali la bellezza, intesa come cura della propria immagine e come suo adattamento ai canoni imposti da mode temporanee, è diventata uno degli elementi che aiutano ad emergere nel mondo delle professioni e delle relazioni, fino, purtroppo, a creare vere e proprie ossessioni risolvibili solo con il bisturi del chirurgo estetico. Però, stigmatizzati gli eccessi, inutile fare i moralisti. È quasi lapalissiano: una persona bella attrae più di una brutta. Tutti noi c’innamoriamo di persone che consideriamo intelligenti, che condividono, più o meno, la nostra filosofia di vita, i nostri valori, ma la scintilla iniziale, quella che ci spinge a voler conoscere di più una persona, è soprattutto chimica e scaturisce dall’attrazione. Poi, per fortuna, il concetto di bellezza ha anche sfumature abbastanza relative, per cui il vecchio principio secondo il quale “non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che piace” fa sì che, sostanzialmente, ci siano opportunità per tutti. O quasi. Ma torniamo al punto: per fare certi lavori, occorre essere oggettivamente belli. Poi, se alla bellezza si aggiungono altre competenze, per verificare ed apprezzare le quali occorre sempre un tempo maggiore, allora ci troviamo di fronte a rare eccellenze. Penso al mondo dello spettacolo: una “velina” può permettersi di essere bella e basta; la conduttrice di programmi televisivi, soprattutto di quelli rivolti ad un pubblico più giovane, oltre che bella, deve essere anche intelligente, arguta, dotata di buona dialettica e di vasta cultura generale. Ecco, così è Simona Ventura, nata anche lei in quella che, a seconda delle stagioni, e delle opinioni, può essere patria dei nocciolini o delle torterie no vax, sede dell’Università della Legalità o “provincia di Platì”. Parlo di lei perché, qualche giorno fa, Simona ha postato sui social una foto di sé stessa appena sveglia, con i capelli raccolti sulla nuca, senza trucco e senza filtri. Ci vuole coraggio. Non perché Simona “acqua e sapone” sia brutta, tutt’altro, ma perché è tristemente evidente che l’opinione pubblica “pretende” da lei un’immagine sempre perfetta, che faccia sognare tutti i maschietti e provare invidia a tante femminucce. E, difatti, com’era prevedibile, il gesto ha provocato diverse critiche, perché Simona è dell’opinione pubblica, le appartiene di diritto, e, quindi, ha il dovere di assecondarne sempre le aspettative, secondo il principio per cui ci restiamo male quando ci rendiamo conto che il nostro cappotto preferito è ormai liso e va buttato via. Io, invece, sto con Simona. Non tanto perché, come dice qualcuno, il suo gesto vuole sottolineare la poca importanza della bellezza in un mondo esageratamente dominato da rigidi canoni estetici, ma perché esso traccia un netto confine tra ambizione ed ossessione. Simona Ventura che pubblica una sua foto “acqua e sapone” è la dimostrazione che anche noi di mezza età, con i capelli grigi e la pancetta sempre più ostinata, possiamo guardarci allo specchio con più serenità, perché, se lo fa lei, a maggior ragione possiamo sopportarlo noi che in televisione non ci andremo mai; Simona Ventura senza filtri è Dorian Gray che, dopo aver vissuto una vita dedicata alla bellezza, non impazzisce vedendo il suo ritratto modificato dalla vecchiaia; è la dimostrazione che forse, più che Hesse, aveva ragione Oscar Wilde quando diceva: “La bellezza è l’unica cosa che il tempo non può danneggiare. Ciò che è bello è una gioia per tutte le stagioni ed è un possesso per tutta l’eternità”. Ammetto che mi era sempre suonato poco comprensibile, ma ora, credo, di aver capito. Grazie Simona.
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