Piazza Ottinetti sembra nata da un quadro di De Chirico. Qualcuno chiederà: De Chirico chi? Seee, chicchirichì. Il pittore metafisico, ça va sans dire. L'altra metà è spirituale. Oppure potete immaginare che sia frutto di un sogno di Dino Buzzati, che l'avrà materializzata nel sonno, presidiata da un grande molosso placido ma inquietante, tutto ciò dopo avere annusato a lungo le ascelle degli orsi che hanno invaso la Sicilia. In ogni caso è il luogo probabilmente più caratteristico di Ivrea. Pianta praticamente quadrata, portici su tre lati su quattro, uno sfondo con atmosfere teatrali. Ottinetti fu martire Partigiano, barbaramente fucilato il 3 febbraio 1945 presso il muro di cinta del cimitero. Ma la struttura non è sempre stata questa. Ormai la storia della città la conoscete: le strutture di origine laica sono rare come i governatori della Lombardia non indagati. E quindi in tempi antichi cosa c'era in Piazza Ottinetti? Ma certo! Un bel monastero! E' di grande conforto saperlo, vero? Nel 1303 l'allora vescovo Alberto Gonzaga (mantovano, sta' a vedere) decise di fare costruire lì appunto il Monastero di Santa Chiara che, tengo a precisare, non è quello di cui parla la canzone napoletana. Data l'intestazione, viene da pensare si trattasse di un monastero di clausura. Non esistono conferme ufficiali, però l'ipotesi verrebbe confermata dalla presenza di una suora particolarmente devota, tale Anna Malo che, non soddisfatta dal velo, si presentava spesso in piazza con una mascherina, e per rispettare il voto del silenzio si dotava spesso di cartelli con scritte variamente deliranti. Nulla si sa invece dell'abbigliamento di un'altra Clarissa, tale Georgia Popolo, che però amava creare dei bizzarri e monumentali presepi con i personaggi mascherati e/o incappucciati. Il convento di Santa Chiara cadde definitivamente in disgrazia nell'epoca tra la Rivoluzione Francese e l'occupazione napoleonica, quando la destinazione divenne di tipo militare. Di palo in frasca, proprio come la mia rubrica. Gran parte della piazza venne successivamente adibita a mercato delle granaglie. Il personaggio più interessante di tale periodo fu un certo Gigno Vinia, specializzato nella vendita di fagioli grassi. Si trattava, in effetti, di borlotti rivestiti di lardo, salume il quale, così sistemato, ricordava curiosamente un camice, al quale si ispirarono dei produttori lombardi in tempi recenti. All'interno delle strutture residue di monastero e distretto militare oggi è presente il Museo Civico Garda. Ora basta gardare, vado sul Garda.
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