Scalare l’Everest in bicicletta restando in Italia è alla portata, non di tutti, ma è possibile. La nuova sfida del ciclismo si chiama Everesting ed è uscita dalle menti, forse non troppo sane, ma indubbiamente avvezze a cercare nuovi limiti umani, di un gruppo ciclisti australiani, gli Hells 500. Le sue regole sono molto semplici: scegliere un percorso in salita, non importa quanto lungo o dove e ripeterlo fino a totalizzare un dislivello di 8848 metri, pari all’altezza della montagna più alta della Terra, l’Everest. Non ci sono limiti di tempo ma l’obiettivo dev’essere raggiunto con un solo tentativo, senza soste per dormire, ma solo per mangiare qualcosa, se il corpo va in crisi energetica. Sulla bici occorre avere un dispositivo GPS che ti localizza e certifica i dati della tua prova inviandoli sulla piattaforma Strava, si manda il link del file in Australia dove gli Hells 500 verificano l’avvenuto Everesting e se tutto quadra entri nella Hall of Fame, ossia in quel circolo ristretto che ad oggi conta poco meno di 2300 eroi in tutto il mondo provenienti da 73 paesi. Oggi anche noi abbiamo il nostro Everest fatto in casa: Marco Vogliotti, della Rodman Azimut, il 29 aprile si è buttato sulla salita che da Casalborgone porta a Berzano, 60 ripetizioni, 328 km, 13 ore e 26 minuti e la cima himalayana in tasca. Il commento del ciclista casalborgonese dopo l’impresa: “In realtà non è una gara, non c’è classifica ma è una gara contro se stessi. Nelle settimane precedenti alla prova mi sono allenato facendo solo salita, poi ho avuto aiuto morale da tanti amici che mi hanno incitato e alcuni di loro hanno anche fatto qualche pedalata con me. Ho avuto una crisi tra la quinta e la sesta ora ma alla fine è andato tutto benone ed ero molto soddisfatto, ho faticato a dormire a causa dell’adrenalina ma dopo due giorni avevo recuperato.” La prossima tappa per il ciclista nostrano potrebbe essere la Race across Italy, ad aprile del prossimo anno, altro inferno solo per chi ha i pedali nel cuore.
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