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VALPERGA. Quando Valperga era Walderg e Cuorgnè un piccolo villaggio

VALPERGA. Quando Valperga era Walderg e Cuorgnè  un piccolo villaggio

Torre dell'astrologo

Le origini di Valperga si perdono nella caligine fitta del tempo, tuttavia alcune schiarite permettono di fare una luce su questo gradevole paese canavesano ricco di storia.

Tra le tenebre della preistoria ed il caos turbinoso dell’età di mezzo, si inserisce nella zona il dominio romano che trasforma un piccolo borgo nella cittadina di Canava, l’odierna Cuorgnè e sede di un presidio militare fisso.

I nomi locali sono quasi sempre testimonianze sicure delle vicende dell’umanità, delle sue lotte, delle parentele remote, dei contatti con tribù e popoli senza nome. L’umanità in millenni di vita ha lasciato sempre una testimonianza dei nomi dei luoghi abitati. Questi nomi sono stati accettati dai successivi occupanti, modificati in parte talora da conquistatori, ma inalterati nella fonetica popolare. Quasi sempre nella fonetica si possono rintracciare e riconoscere nelle loro forme antichissime gli abitatori delle regioni, specialmente nelle parti montane. In quel periodo nebuloso, tutta la zona era coperta da enormi foreste impenetrabili dove imperavano lupi, cinghiali e orsi. Dal lontano nord una grande emigrazione portò proprio da quelle parti un gruppo misto di persone aitanti, quasi una razza selezionata che si accampò nel piano dietro l’attuale castello.

Quei primi abitanti appartenevano alla razza dei Ureweljr o uomini di alta statura e difesero il loro villaggio con una bastionatura circolare, tipo “motta”, che indica la provenienza teuto-danese ed anche il monte Waldberg, Wald (selva) berg (monte), è denominazione teutonica e con il passare dei secoli il piccolo agglomerato di case ai piedi dello stesso monte diventò Walderg, Walderga ed infine Valperga. Circa 2500 anni fa quel popolo si mescolò con Galli e Iberi stabilitesi nella zona e ingrandendosi ed espandendosi formò la rude, coraggiosa, forte e gaia stirpe canavesana.

Nel 1100 sorse costruito dai nobili Silvesco e Droenghi di Corniava il primo nucleo del castello di Valperga. Il maniero appena costruito cadde in possesso dei Conti del Canavese che allora dominavano quelle terre. Si trattava di Ardicione ritenuto discendente di Re Arduino edi suoi figli Wildo de Canavise e Ardicino. Wildo si insediò nel castello di Valperga con il nome e titolo di Conte di Valperga e da lui ebbero origine i diversi rami dei Valperga.

Il fratello Ardicino fu capostipite dei San Martino. Nel 1309 un decreto emanato dal Conte Filippo di Savoia, Principe di Acaia, investiva i Conti di Valperga del castello e castellania di Valperga e Valpergato con giurisdizione e pertinenze del borgo di Cuorgnè, di una quarta parte del quartiere di Rivarolo, di metà del castello di Pont e di vari altri feudi. Nel 1600 il castello è diviso tra i due rami Valperga di Valperga e Valperga di Masino ed alla morte del Conte Gerolamo Valperga di Masino, non essendovi discendenza maschile, la sua parte passò alla figlia Marianna sposata al Conte Arduino Vallperga di Rivara. Il Valpergato passò poi in eredità a Francesca, figlia di Arduino e di Marianna che portò il castello in dote al suo sposo, il Marchese Federico di San Giorgio. Nel 1776 il castello di Valperga con beni e titoli, alla morte del Marchese Guido Francesco Aldobrandino del Carretto di Castellargento del ramo primogenito dei San Giorgio passò alla nipote diretta la Contessa Anna Vittoria San Giorgio di Balangero sposata al Conte Paolo Coardi di Carpenetto, Marchese di Bagnasco. Dei due rami dei Conti del Canavese Valperga e San Martino esistono i discendenti Conte Cesare Valperga di Masino, proprietario del Santuario e Convento di Belmonte ed il Marchese Casimiro San Martino di San Germano. Il castello fu in seguito trasformato in Istituto dove risiedevano le Suore Figlie della Sapienza.

Il castello originario aveva forma rettangolare con quattro torri a cui si aggiunse più tardi un edificio a forma di palazzo che fu dei Marchesi Bagnasco di Carpeneto che nasconde in parte quello antico che subì con il passare del tempo molte trasformazioni e rifacimenti. Una bellissima e purtroppo rara stampa francese dei primi del seicento mostra il paese visto dalla strada di Pertusio. In alto sulla collina troneggia il castello imponente con le sue torri, poco sotto, la chiesa di San Giorgio con il campanile romanico, le mura scendevano costeggiando la strada del castello. Con un acuto saliente la cinta continuava sulla riva del rio Marquera che serviva da fossato naturale e molte case sono costruite sul basamento a scarpa di quel muro. In quel tratto si apriva una porta su un ponte in muratura che immetteva in Valgrande e nella strada per Rivara. Quel varco si chiamava Porta Ardicina. Continuava la cinta lungo la strada del Chiusetto, rientrava lungo l’attuale piazza, seguiva con andamento irregolare la via principale poi deviava ad angolo e risaliva sul fianco della collina fino al castello. All’altezza dell’attuale chiesa vi era la Porta Dodone, un’altra porta si apriva sulla strada vecchia di Cuorgnè, l’unica strada esistente a quell’epoca, Porta Curgniava che sebbene incorporata in case di epoca posteriore e rovinata dai rifacimenti esiste ancora. Attorno al castello si apriva un fosso difensivo di cui si scorgono ancora i segni, dalla parte verso Belmonte è stata ricavata una strada, davanti all’entrata principale, di fianco a dal lato verso il paese è stato più tardi colmato per far posto a nuovi edifici ed al giardino.

Molti palazzi di stile spagnoleggiante con il caratteristico patio e palme nel cortile sorsero a quell’epoca e conferirono al paese un tono di piccola capitale anche per la presenza di autorevoli personalità. Famosa la milizia valpergana resasi nota in molte battaglie ed assedi con i vari feudatari. Questa milizia era denominata i “Vulpot” (volpe giovane) per indicare il coraggio e l’astuzia e disponeva di baliste, arieti, catapulte e bombarde. Questi soldati contadini erano molto bellicosi e la guerra per essi era un’attività praticamente continua e servivano spesso come mercenari, senza uscire mai dal Canavese. Barbania, Busano, Candia, Ciriè, Coleretto, Front, Lessolo, Pont e molti altri luoghi conobbero il valore di questa milizia ed alle volte anche la ferocia dettata quasi sempre dall’esasperazione. Truppe francesi, spagnole e teutoniche scorrazzarono per il Canavese e quell’alternarsi di occupazioni militari ridussero gli abitanti in miseria con case depredate, castelli demoliti, nobili in fuga.

Un episodio dovuto a queste occupazioni straniere portò nel 1535 gruppi di disertori spagnoli nel paese dove si comportarono da prepotenti, compiendo furti e taglieggiamenti. Questo non si poteva protrarre a lungo ed un giorno i bravi e fieri valpergani, persa la pazienza, assalirono con vanghe, zappe e tridenti i disertori. Si ingaggiò un’accanita battaglia, gli spagnoli armati di spade, picche e alabarde resistettero a lungo, ma alla fine scacciati fuori dalle mura. Questo fatto provocò indirettamente una tragedia perchè gli spagnoli, inferociti per la batosta subita, ritornarono qualche giorno dopo e si sfogarono in modo bestiale contro una pacifica e ricca famiglia che abitava in una bella casaforte di fianco alla strada per Cuorgnè a circa cinquecento metri dalle mura. Era la famiglia di messere Cinigiani esule da Milano per avere cospirato contro Massimiliano Sforza legato agli svizzeri che avevano fatto del Ducato di Milano un loro protettorato. I Cinigiani erano considerati dei signorotti, avevano numerosa servitù ed erano proprietari di terreni e correva voce che celassero le loro ricchezze in un sicuro nascondiglio nei sotterranei della casaforte. I disertori si vendicarono su quella famiglia dello scacco subito e prima di ucciderli li torturarono per sapere dove nascondevano i loro danari ma nonostante le sofferenze non rivelarono il nascondiglio e quelle belve umane uccisero senza pietà a pugnalate i padroni e i servi. Depredarono la casa e prima di ritirarsi le diedero fuoco. Sfuggì alla strage la figlia minore Simona di sedici anni che si era nascosta nel giardino ed al vedere le fiamme alzarsi dalla casa fuggì perdendosi nell’oscurità dei boschi. C

on il passare del tempo i ruderi della casaforte crollarono poco per volta e le grosse pietre servirono per costruire delle case nelle vicinanze e dove essa sorgeva crescono ora dei meli, ma se qualcuno scavasse in quel posto troverebbe ancora le fondamenta e i sotterranei. Nel 1600 abitava nel castello Gerolamo Valperga di Masino con sua figlia unica erede. Uomo di fiducia del conte era Guido Esnard che sapeva mascherare sotto un perenne sorriso, una devozione ed un attaccamento al suo signore, la sua ambizione e crudeltà. Quanto segue lo ricaviamo dall’originale del suo diario. Mentre il conte Gerolamo con la figlia era in viaggio nel Monferrato, Guido Esnard introdusse di nascosto nel castello un misterioso individuo, alchimista e astrologo e lo alloggiò nella torre a sinistra dell’entrata dove installò il suo studio. In quell’antro vi accedeva solo Esnard che soleva chiedere continui responsi all’astrologo che li traeva da tre specchi d’oro, in uno si scorgevano le immagini di uomini, nemici, figure di assedi, combattimenti. Nell’altro si riflettevano discorsi, parole, consigli ed il luogo ed il momento in cui erano detti. Nel terzo apparivano tutti gli scritti più riservati. La presenza dell’astrologo era nota a pochi che ricorrevano a lui per talismani che confezionava su vari metalli con sopra incisi strani caratteri.

Ogni tanto l’astrologo spariva senza uscire dal castello ed era corsa voce che riuscisse a rendersi invisibile, mentre invece per un passaggio sotterraneo si portava a Salassa dove acquistava piombo e stagno. L’avidità di Guido Esnard era grande e per soddisfare la sua ambizione di diventare un giorno castellano gli occorreva molto denaro e pressando e minacciando l’astrologo cercò di sfruttare la sua arte per accumulare una fortuna. Pare che l’alchimista sia riuscito a produrre un certo quantitativo di metallo prezioso perchè uno scudiero, certo Roberto Mondragone, che assistette ad una operazione alchemica così narrò: “Ho visto con i miei propri occhi, il mago versare in un recipiente dove bolliva del piombo, una polvere color gialla contenuta in una boccetta. Dopo qualche attimo il piombo cambiò colore e diventò di un bel giallo lucente, il mago lo lasciò bollire per un poco poi lo versò in alcune forme. Quando fu raffreddato vi erano quattro pani molto pesanti di oro puro. Un’altra volta mentre bolliva dello stagno, versò una polvere chiara con riflessi di vetro, che il mago chiamò polvere di luna, rimescolò mentre bolliva poi versò in tubi di argilla. Quando vennero spezzati si videro delle belle sbarre di puro argento pronte ad essere trasformate in sonanti monete”.

Mondragone passa poi a descrivere l’astrologo come un tipo non comune, alto e magro, gli occhi erano di fuoco e di gelo, parlando gesticolava e alzava sovente le braccia e lo sguardo al cielo per una comunicabilità con gli esseri divini. Tutte le cronache antiche di alchimia concordano sul fatto che un dato quantitativo di polvere speciale o “semenza dell’oro” era sufficiente per trasmutare un forte quantitativo di metallo vile in metallo nobile. Bisogna anche considerare che per comprendere l’entità e lo spessore di queste attività, oscillanti tra l’ignoranza e la creduloneria della gente, nei secoli XVI e XVII la scienza era ancora intrisa di magia e di medicina popolare.

Basti citare il famoso alchimista Cerruti, che a metà settecento fece costruire un grosso palazzo signorile a Case Coppa, presso Marcorengo, accaparrandosi in pochi anni con i proventi di tale discutibile attività, oltre 700 giornate di terra. Quando il conte Gerolamo Valperga di Masino sposò la figlia Marianna al conte Arduino di Rivara, vennero date in onore degli sposi solenni manifestazioni ed al terzo giorno un corteo di dame e cavalieri accompagnò gli sposi a Rivarolo. Approfittando dell’occasione che nel castello restavano poche persone, Guido Esnard se ne impadronì con alcuni suoi fidi. Avvertito del tradimento, Gerolamo tornò immediatamente al castello e senza ricorrere alla forza, amareggiato per il vile gesto di Esnard che considerava quasi come un figlio, si limitò ad allontanarlo assieme all’astrologo dalle terre dei Valperga. I libri dell’alchimista finirono nella biblioteca del maniero e Gerolamo contro il parere di alcuni castellani ne impedì la distruzione. Fino al 1750 la camera dell’astrologo rimase con una quantità di segni misteriosi annotati sulle pareti ed un frate di Belmonte, erudito in fatto di alchimia, astrologia e scienze del passato, esaminò i segni e constatò che segnavano le case celesti formando una figura oroscopica. Tavole molto interessanti per la trasmutazione dei metalli con l’ora ed i pianeti propizi, una tavola delle rivoluzioni con le figure, i numeri, i disegni e le iscrizioni dei sacri nomi di Dio e degli Angeli, il tutto scritto nel cifrario segreto simbolico di Agrippa contenente passaggi della Sacra Scrittura, salmi, versetti, presagi, promesse e rivelazioni.

Il frate copiò con pazienza tutto quanto era scritto sulle pareti e convinse il castellano a donare i libri dell’astrologo alla biblioteca del convento per poterli studiare. Poco dopo il Marchese Francesco Aldobrandino del Carretto, restaurando il castello, fece intonacare la stanza dell’astrologo e chiudere un sotterraneo che partiva da una delle cantine prolungandosi fino al castello di Ozegna e di Rivarolo ed un trabocchetto a lame con un pozzo profondo più di cinquanta metri posto nel mezzo del salone centrale delle udienze. 

Fabrizio Bacolla

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