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Ivrea in Azione

Il commercio non muore da solo: lo sta uccidendo la politica

Negozi aperti, vetrine accese e incassi spenti. Nessuna visione, nessuna strategia, nessuna responsabilità: così le città diventano più vuote, più fragili e più buie

Il commercio non muore da solo: lo sta uccidendo la politica

Il commercio non muore da solo: lo sta uccidendo la politica

In questi giorni mi sono confrontato con molti commercianti. Ne è emersa una verità che la politica continua ostinatamente a ignorare: il commercio di prossimità non sta morendo per colpa del mercato o del cambiamento dei consumi, ma per precise scelte – e soprattutto per gravi non scelte – amministrative. La verità è semplice: per quanto un’assessora possa impegnarsi, nessuno può fare miracoli se manca una linea politica chiara, coerente e tracciata, a livello locale come a livello regionale.

Questa non è una battaglia di categoria. È una questione politica a tutti gli effetti, perché riguarda il modello di città che si sta costruendo, o meglio smantellando, sotto gli occhi di tutti. Il commercio di vicinato è in crisi profonda perché non esistono politiche capaci di accompagnarlo fuori da questa empasse. Manca una visione, manca una strategia, manca soprattutto un’assunzione di responsabilità.

I commercianti raccontano un dicembre davvero sotto tono, come non se ne ricordavano da anni: negozi aperti, vetrine accese, ma incassi spenti. Una situazione che non nasce oggi, ma che oggi mostra tutta la sua gravità. E non basta lavarsi la coscienza con iniziative o eventi che l’amministrazione contribuisce a organizzare per la città. Gli eventi durano un giorno, la crisi resta.

via arduino

Servono politiche precise, strutturali. Servono scelte che almeno non danneggino chi ogni giorno tiene in vita il tessuto commerciale urbano. Le regole che dovrebbero governare il settore sono vecchie, inefficaci e sistematicamente aggirate. I saldi sono ancora pensati per un mondo che non esiste più, mentre le grandi catene e i negozi medio-grandi possono permettersi di anticipare sconti fino al 70 per cento senza alcun controllo. Questa non è concorrenza: è una distorsione del mercato tollerata dalla politica, che colpisce sempre gli stessi.

A peggiorare il quadro c’è la scelta, consapevole, di favorire mercati e ambulanti nei centri cittadini, spesso senza criteri stringenti e senza regole. Ambulanti che cambiano merce a seconda della stagione, occupano spazi centrali e fanno concorrenza diretta a chi ha un’attività stabile, paga affitti esorbitanti, tasse, contributi e rispetta ogni norma. Questa non è equità: è abbandono istituzionale, è indifferenza.

E mentre tutto questo accade, si continua a pretendere che i commercianti paghino affitti e costi strutturati su un passato che non esiste più. Un passato che la politica ricorda solo quando conviene, alimentando la narrazione del “commerciante privilegiato”, una figura che oggi non ha più nulla di reale. Il nero non esiste più, com’è giusto che sia. I margini però non esistono più nemmeno. Il pregiudizio, invece, resiste. E soprattutto manca il rispetto.

La verità è semplice e scomoda: se il commercio locale muore, muore anche la città. Muoiono la sicurezza, le relazioni sociali, la vivibilità, l’identità dei centri urbani. Le serrande abbassate non sono un problema estetico, sono un fallimento politico. E no, non saranno i corrieri di Amazon a tenere vivi i centri cittadini, né a garantire presidio, lavoro e comunità.

Continuare a ignorare questa emergenza significa fare una scelta precisa. Significa accettare città più buie, più vuote, più fragili. La politica non potrà dire di non sapere, perché oggi questa crisi non è più silenziosa: parla attraverso le voci dei commercianti. Serve il coraggio di intervenire, o almeno l’onestà di ammettere che si è deciso di voltarsi dall’altra parte.

Ciao!!

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